La penna degli Altri 28/01/2010 10:00
Quando Pizarro non cè la Roma non sa vincere
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Se a Torino è stato trionfo lo si deve a Riise, a Totti, a tutti i giallorossi che hanno fatto limpresa. Ma in modo particolare a lui. Un giocatore perfetto, un ballerino con la grinta di un mastino, un piede di seta, un cervello calcisticamente superiore alla media. Fino alla scorsa stagione ancora si sentiva qualcuno che lo criticava. Ora nessuno si azzarda neppure più a pensarlo. La Roma con il Pek è una cosa, senza è del tutto diversa. Lesempio lampante lo si è avuto a Cagliari dove, dopo aver segnato il suo unico gol stagionale, è uscito dal campo, anche perché ancora stordito dal petardo che gli era esploso a pochi passi al termine dellintervallo.
Senza di lui il patatrac con quei due gol folli subiti dalla Roma nel recupero. Solo una casualità? Forse. Ma un secondo indizio lo porta lunica altra partita non vinta dalla Roma dall8 novembre scorso, quella di Marassi con la Sampdoria. In quella occasione portammo via un pareggio con un po di rimpianti e la sensazione che alla squadra di Ranieri fosse mancata la capacità di tenere il pallone e di dare il ritmo alla partita. E anche lì mancava Pizarro. Unaltra casualità?
Ancora due indizi: il Pek in questa stagione, in campionato, è mancato solo altre due volte, contro il Livorno e contro lUdinese. Risultato, due sconfitte. Insomma, senza lui la Roma non vince. Secondo Agatha Christie, tre indizi fanno una prova. Qui ne abbiamo quattro per decretare, qualora che ne fosse ancora bisogno, che il cileno è un giocatore assolutamente fondamentale.
E i numeri sono lì a confermarlo: 18 presenze in campionato, 1686 minuti giocati, 1 rete, una media voto di 6,42 e, soprattutto, 925 passaggi riusciti. Una cifra che lo pone in seconda posizione assoluta dietro a Pirlo. Novecentoventicinque passaggi, tanti. Ancora di più se si pensa che il totale di quelli tentati è di 1065. Insomma, un gigante di 170 centimetri. Che per fortuna domenica contro il Siena sarà al suo posto in mezzo al campo a disegnare le sue geometrie, ad alzare ed abbassare il ritmo della partita a suo piacimento, a prendere la palla e a tenerla in mezzo ai piedi quando la squadra va in affanno. Lui cè, non si nasconde mai, a testa alta. Come questa Roma che, grazie a lui, continua a vincere.