La penna degli Altri 24/12/2009 11:22

Rivendico il diritto alla mia incoerenza. Ho puntato sulla Roma scudettata

Ieri, comunque, in forza del sogno (di cui non starò a dire), ho deciso di puntare alcuni euri sulla Roma scudettata il 16 maggio dell’anno prossimo. (N.b.: il mio piccì ha scritto ‘sculettata’ e ci vedo un buon presagio). Sono pazzo? Certamente. Sono incoerente? Odo le voci dei normali, dei devoti dell’indignazione: ”Ma se non più tardi di un mese fa andavi ipotizzando la Roma, questa Roma, in serie B, mo’, di colpo, la vedi e la punti vincitrice del campionato?”. Embè, si dà il caso che, strada facendo, ho cambiato idea. Sono incoerente. E fiero di esserlo, nella scia del grande Jean-Paul Sartre, autore di un prezioso ‘Elogio dell’incoerenza’.

Ma è ora che vi dica la quota: 50 contro uno. Non preciso l’entità della puntata, per scaramanzia, ma chi mi ama sappia che, se dovesse andare, be’, per il Prof si profilerebbe la ‘bella estate’. Forse, l’ultima, ma in gloria! Il mio amico Mario Coccia, maestro e donno in fatto di cavalli e corse, sosteneva che la scommessa si nobilita se fondata su un convincimento sportivo risultato da studio, analisi e giudizio. Sogno premonitore a parte, garantisco: questa Roma, l’ho studiata e analizzata a dovere. Come ho parimenti giudicato il campo delle contendenti, delle squadre che dovrebbero contenderle il (per la Lupa) quarto titolo.

Partiamo dall’ultimo decisivo match col Parma, che i giallorossi si sono aggiudicati con derisoria facilità. E’ lì che ho visto per la prima volta compiutamente rifulgere il genio ‘minestraro’ di Ranieri. Ricordo le parole di Gianni Brera: ”Mi accusano di essere un difensivista, gli sconsiderati! Difesa? E’ una religione che si basa sull’accorta gestione del tuo”. Per Brera, contadino dell’Oltrepò pavese, il ‘tuo’ stava a significare la ‘robba’ di cui ciascheduno può far conto: quel che possiede. Travasando questa filosofia nella pratica calcistica, predicava: ”Giocate secondo le vostre possibilità! Non date retta ai sogni!”.  Ecco, amici, questa è la santa ‘minestra’ di cui si favoleggia, il dettato con cui, grandi e piccoli, ricchi e poveri, si arriva ai titoli. Nella sua granitica antipatia, Mourinho è un sommo ‘minestraro’. Al pari, udite udite!, di Capello, Guardiola, Van Gal,

Rafa Benitez e Ferguson. Come lo furono, in passato, Nereo Rocco. Viani e Liedholm. Odo un sussurro: ”E Zeman?”. Benedetto Iddio, ma Zeman non era un allenatore di calcio: è un grande poeta, mi fa pensare a Hoelderlin.

In questa inclita compagnia di accorti amministratori della Diva Palla, Claudio Ranieri (me ne sono convinto) occupa uno strapuntino di riguardo. All’asfittica Roma del dopo-Spalletti, il testaccino arrivò con idee chiare in testa e un progetto preciso in tasca. Fuori, fece la faccia feroce; dentro, nei penetrali di Trigoria, spiegò al gruppo il suo progetto, in modo che tutti capissero: ”Siete una buona squadra, ma beccate troppi gol. Punto e a capo”. Semplice: li sollecitò all’accorta gestione del ‘loro’. La semplice lingua di Claudio è stata immediatamente familiare ai ‘ragazzi’: non pretendeva infatti miracoli, ma piccoli, brevi e sicuri passi. In tre mesi e sette giorni, il primo traguardo è stato raggiunto: quarto posto e non si prendono più gol. Nel rispetto di un’accorta gestione del ‘loro’.

Dicevo: quarto posto. E dico: fermarsi a questo punto varrebbe un suicidio. Occorre insistere e perseverare, in un campo che si annuncia estremamente favorevole. Le rivali, è vero, sono numerose, ma perlopiù disastrate. La , condannata a naufragare con Ferrara en attendant Lippi-Godot, è bella che cucinata; il Parma s’è visto; il deve crescere; la è una viola del pensiero, triste come il sorriso di Prandelli. Chi resta, il Milan? Sì, un Diavolo cui servirebbero un Ronaldinho al cento per cento e, magari, un redivivo Van Basten. Eppoi, quel Leonardo, perdonatemi, somiglia tanto a Ferrara. E in fine, lassù in cielo, c’è l’Inter, tosta tostissima, con 11 punti di vantaggio.

Ora è naturale che il pensiero corra a un’altra rimonta giallorossa, quella della più indimenticabile e maledetta delle primavere: 6 aprile 1986, la Roma, prima in testa con la , cui ha rimontato 9 punti, incontra in casa il Lecce già retrocesso. Inutile continuare. Anni dopo, Neno Fascetti, allenatore di quel Lecce, ancora non si capacitava di aver vinto. Straziato dalla delusione, pari a quella della finale col Liverpool, Dino Viola, subito dopo, aveva detto: ”Bastava una parola, ma non c’è stata. Voglio un gioco pulito”.

Ora, per questa Roma, si tratta di carpire undici punti all’Inter del diabolico lusitano: il faut le faire, direbbero i cugini. Io, però, nutro speranza.  Primo, perché, grazziaddìo, il Lecce è in B. Secondo, perché confido nella solidità del gruppo restaurato da Ranieri, tignoso interprete della filosofia breriana. Diamo un’occhiata al calendario. Il prossimo 24 gennaio, si va a Torino per incontrare la : ottima occasione per saldare il conto aperto quasi trent’anni fa col gol di Turone annullato. Altra trasferta rognosa, il 7 febbraio, a Firenze, ma si può fare. Poi, a seguire, tra febbraio e fine marzo, , Milan e Inter. E’ con quest’ultima, la riceveremo all’Olimpico, che si parrà la nobiltà del progetto di Ranieri. Per finire, Cagliari e Chievo, che saranno a quel tempo in stato di graduatoria quietista. Osservo l’Inter, ma non riesce a convincermi. Ammiro i suoi nomi e i suoi soldi, ma la vedo sterile, frenata, con dentro un male oscuro che dovrà pur esplodere. Insomma, io, in questo scudetto, ci credo.

Sogni? Sicuro, sogni. Com’è certo che questa rimonta (e conseguente scommessa) si muove sulle ali di un sogno. Se sapeste che sogno… Un giorno, un bel giorno, volesse il cielo, ve lo racconterò.