La penna degli Altri 08/12/2009 11:30

Quattro supereroi nella storia del derby

Julio Sergio - La Molla- Ha i riflessi di un gatto, sembra Tancredi: LA FAVOLA del "miglior terzo del mondo" è ormai roba vecchia. Preistoria. Oggi Julio Sergio Bertagnoli non solo è il titolare della Roma, ma è addirittura uno dei migliori portieri in Italia. Il derby con la Lazio è stato il suo esame di laurea, superato a pieni voti. Il di Ribeirao Preto, un metro e ottantaquattro per ottanta chili, in clamorosa contro tendenza rispetto alla moda degli ultimi tempi non ha un fisico da corazziere. Tra i pali però non ha niente da invidiare a nessuno. Nella parata sul tiro a botta sicura di Mauri ha ricordato il miglior Tancredi, che come lui aveva nell’agilità e nei riflessi le sue doti migliori. La promozione di Julio Sergio è certificata anche dal dei portieri della Roma, Giorgio Pellizzaro. «Il merito è tutto del ragazzo. Se è riuscito a rimanere alla Roma per tre anni senza giocare e soltanto allenandosi vuol dire che ha un grande carattere. Evidentemente non era considerato all’altezza di giocare in una squadra come la Roma, ma io non boccio in partenza nessuno. Cerco di capire pregi e difetti di ogni ragazzo che mi trovo ad allenare e poi cerco di lavorare su quelli che ritengo i punti deboli. Ha carattere e poi un’elevata resistenza neuromuscolare. In allenamento ho cercato di potenziare la sua reattività».

Riise - Il Vikingo- Contrasta, spazza, segna, è l'idolo della Sud: L’APOTEOSI, il delirio, la follia collettiva. Sarebbe venuto giù lo stadio. Sesto minuto dell’era Cassetti, John Arne sventola il braccio implorando l’assist, disegna un arcobaleno, la palla sferza il cielo sotto i Distinti Sud e spiove sui piedi di Riise. È la storia che chiama la leggenda, ma Muslera mette in angolo. Fa niente, per la Sud che lo chiama sempre è gol lo stesso. Lo chiamano "Thunderbolt", e mica solo perché quando esplode il sinistro non importa che tra i pali ci sia Dida, Julio Cesar o Curci. Lui fa fuori tutto: palle, portieri, stinchi, perché spazzare via è la prima cosa. Se poi come con Milan e Inter (la passata stagione) o Siena (quest’anno) ci scappa il gol, tanto meglio. Con la Lazio ci è andato vicino. Specie nel secondo tempo, quando Lichtsteiner di fronte a lui era come la temperatura di Vladivostok ieri mattina: non pervenuta. Anzi, come quella delle quaglie: meno 11... È il clima del vichingo, che alla 44esimaapparizione romanista in campionato ha ricevuto da Sky il complimento più (para)normale: «È migliorato tatticamente». La battaglia di Stamford Bridge segnò la fine dell’era vichinga. Era il 1066 dopo Cristo. Dopo la battaglia dell’Olimpico, John Arne è già oltre. In questa stagione è a 1091 (minuti) in Serie A. Finita? Macché, l’era vichinga è appena iniziata.

Cassetti- Il Killer- TUTTO quello che ha fatto prima delle dieci e mezza (circa) di domenica sera non conta. Aveva in mente tutto da quando ha cominciato a fare il calciatore, Marco Cassetti. Era il 1995, l’alibi era il Lumezzane in C2 prima di scendere (apposta) due anni nel campionato nazionale dilettanti a Montichiari. Il ritorno vicino casa - è di Brescia - era soprattutto un modo per non destare sospetti, ma il passaggio al Verona nell’anno santo - 2000/2001 - era già un indizio. Quando nell’agosto 2003 passò al giallorosso di Lecce i primi sospetti negli osservatori più arguti avevano preso piede: "mi sa che questo combinerà qualcosa". Il segno Z di Zeman un segnale, poi la Nazionale e finalmente il posto dove da sempre era destinato ad andare. Marco Cassetti è nato un 29 maggio, cioè il giorno prima della Notte di qualsiasi romanista (quella dell’84, quella cosa innominabile). A Roma il rischio era quello di farsi scoprire troppo in fretta e troppo facilmente: con Spalletti giocava pure titolare, persino a Lione era nel tabellino. Troppo. Troppo scoperto. Lui aveva un altro compito: oscuro, straordinario, profondo, etico, civico, popolare: segnare un gol vittoria alla Lazio sotto la . L’ha fatto. Un killer che ha saputo aspettare 32 anni, spesi in un colpo, di piatto, al volo, come in cielo. Un killer ce poi s’è sciolto nell’esultanza di un uomo normale.