La penna degli Altri 17/12/2009 09:56

Nel 2019 saranno 30 anni passati a Trigoria

E’ stata la fortuna della società gialloros­sa e di . Una scelta che si è protratta nel tempo con reciproca soddisfazione, la Roma (Carlos Bianchi a parte) non ha mai neppure pensato per un istante di privarse­ne, lui non ha mai preso in considerazione la possibilità, e ce ne sono state tante e mol­to prestigiose e remunerative, di lasciare la sua à, la sua gente, la sua squadra, la sua maglia. Vent’anni dopo siamo ancora qui a parlare di questo ragazzo biondo di Porta Metronia, diventato con il passare degli an­ni campione, capitano, leader, simbolo, ma­rito, papà di due bambini, testimonial del­l’Unicef e non solo, scrittore per beneficenza, recente­mente pure Babbo Natale, Ilary, ma questo vuole un di­nosauro vero.

Ha riscritto l’intero libro dei record della storia roma­nista, un numero su tutti, 240 reti segnate con la Roma, più tutto il resto giocate, magie, cucchiai, assists, invenzioni come se avesse gli occhi sulla nuca. Un fuoriclasse. Capace in questo calcio dove il dio quattrino travol­ge tutto e tutti, di rimanere sempre fedele a se stesso, una carriera tutta in giallorosso, come lui mai nessuno più, ultima bandiera di un calcio che è molto diverso da quello in cui è cominciato, per lui da professionista allo stadio Rigamonti di Brescia, era la Ro­ma di Boskov, ventotto marzo 1993, quel ra­gazzino di sedici anni e mezzo in panchina, vatti a scaldare che ti faccio entrare, lui che non ci crede, è convinto che l’invito sia di­retto al compagno Muzzi, e invece no, dice­va proprio a lui, il vecchio e caro Vujadin, forse non sospettando che stava dando ini­zio a una storia di calcio che i tifosi romani­sti vorrebbero che non si concludesse mai. La storia di un campione che spesso è an­dato contro tutto e tutti, orgoglioso della sua romanità, pronto sempre a rispondere sul campo contro luoghi comuni e le invidie di piccoli uomini, capace di andare oltre il ruolo di calciatore, con lui in campo sono scesi migliaia di ragazzi romani e romani­sti, fieri di quel ragazzo che sapeva rappre­sentarli come nessun altro.

Una sola altra maglia ha vestito nella sua carriera, quella della nostra nazionale. Con cui ha vinto un campionato del mondo, un Europeo under 21, la medaglia d’oro ai Gio­chi del Mediterraneo, fallendo solo l’obiet­tivo dell’Europeo per una questione di se­condi, un titolo Europeo che probabilmen­te quell’anno avrebbe legittimato il pallone d’oro per . Una storia che si è interrot­ta dopo il Mondiale in Germania e chissà che non riprenda tra qualche mese. Una storia mai interrotta, invece, con la sua Ro­ma, la storia di , un campio­ne.