La penna degli Altri 10/12/2009 10:31

Con Toni si va sul sicuro

Mancano pochi giorni al Natale e al mercato di gennaio e sembra che tutti, ma proprio tutti, abbiano capito che sarebbe un delitto non fare il massimo per consegnare a mister Ranieri una rosa competitiva che possa consentirgli di giocarsela fino alla fine nelle coppe, e possa tentare concretamente di aggiudicarsi lo sprint in campionato per vincere il “piccolo scudetto”. L’acquisto più importante? Quell’ariete, quella punta di peso, capace di sconquassare le difese chiuse nelle aree affollate. Qualcuno, insomma, che anteponga la forza fisica alla tecnica (arma di cui sono dotati gran parte degli attuali giocatori in forza alla Roma).

In dirittura d’arrivo due uomini: Luca Toni e Adriano l’Imperatore. Potendo scegliere, quale dei due preferireste? Francamente non è facile, perché ognuno ha qualcosa che l’altro non ha. Luca Toni l’ho “scoperto” 10 anni fa, quando giocava nella Lodigiani in C/1. Era il “pennellone” che rispondeva esattamente ai miei gusti, caracollava in campo in modo quasi scoordinato, ma difendeva il pallone che era un piacere, e segnava molto spesso (cosa più importante per un attaccante). Vi sembrerà strano, ma ho sempre adorato l’ABC del calcio, e se dovessi fare la mia squadra le scelte partirebbero da un che para, un difensore che difende, un centrocampista che fa filtro, e un attaccante che segna. Un concetto che sembrerebbe lapalissiano ma che molto difficilmente viene messo in pratica, perché la maggior parte dei tifosi si lascia trasportare dall’estetica piuttosto che dalla pratica, e finisce quasi sempre col privilegiare qualche dribbling i più e qualche rete in meno. Luca Toni, infatti, non faceva impazzire Zeman (il Re del Bel Gioco) che, come il sottoscritto, compatibilmente ai propri impegni, a volte si recava al Flaminio per vederlo giocare. Il problema di Toni (oltre all’ancora lauto ingaggio) è l’età: a 32 anni compiuti ha perso quella velocità di esecuzione che lo hanno reso quel terribile cecchino nelle aree avversarie. A suo vantaggio, però, c’è la nazionalità italiana, la perfetta conoscenza del nostro campionato, e la voglia di dimostrare di essere ancora al livello dei migliori.

Adriano Leite Ribeiro è classe 77 (un numero che porta bene in questi giorni), dunque ancora giovane, ma è nato a Rio de Janeiro, e da perfetto carioca ama vivere la vita e detesta i ritiri e gli allenamenti pesanti. Non è un caso se, tornando a casa, ha ritrovato se stesso ed ha portato la squadra più popolare (il Flamengo è la Roma di Rio) a vincere lo scudetto dopo ben 18 stagioni. Ma giocare a Rio è davvero diverso. Chi, come il sottoscritto, ha avuto l’opportunità di viverci (ho abitato per un anno a Copacabana) sa cosa vuol dire. Lungo la spiaggia dell’Avenida Atlantica puoi trovare facilmente i campioni più osannati che giocano a beach soccer insieme ai bagnanti con la massima naturalezza. A Rio, infatti, è sempre estate (è tagliato dalla linea del tropico del capricorno), e il clima finisce per influire sulla vita quotidiana dove sembra sempre di essere in vacanza. Adriano è scappato da Milano perché quella à non faceva per lui. Roma è più simile a Rio come modo di vivere, ma sarebbe “sufficientemente simile” questo nostro ambiente per l’Imperatore? Se davvero lo fosse, opterei per lui, ma ho molti dubbi. Dunque, meglio andare sul sicuro.