La penna degli Altri 11/12/2009 11:23

Boskov, Eriksson e pure Fuffo. Samp e Roma, andata e ritorno

E grazie ai pochi minuti giocati in quella partita e a quella rete il brasiliano riuscì a strappare l’ingaggio alla Samp di Mantovani salvandosi la carriera. In quel momento, infatti, era senza squadra e con la brutta fama di infortunato grave. In vista del Mondiale messicano dell’86, infatti, il Ct del Brasile si era trovato alla prese con tre acciaccati di lusso: Zico, Socrates e lo stesso Cerezo. Nel ritiro pre-mondiale decise che ne avrebbe portati solo due, i primi, rispedendo a casa il buon Toninho, già scaricato dalla Roma e dal Milan, che gli aveva strappato in faccia il pre-contratto a causa dell’infortunio. Dunque da semi-disoccupato giocò quei cinque minuti finali di Roma-Sampdoria e grazie ad essi Paolo Mantovani, un vero signore d’altri tempi, decise che faceva al caso della sua Samp. Così Toninho finì a Genova, dove vinse lo storico scudetto del 1990-91, due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Italiana. Potenza del destino! Tra Mantovani e Cerezo si istaurò un rapporto bellissimo, tanto che una volta il brasiliano firmò il suo assenso al rinnovo del contratto addirittura su un tovagliolo di carta del ristorante dove la squadra si trovava a mangiare. La cifra l’avrebbe poi aggiunta Mantovani, che non era certo il tipo da lesinare sugli ingaggi, soprattutto di quei giocatori che riteneva indispensabili per la sua squadra. Cerezo era tra questi, così come Vialli, Mancini, Pagliuca, Mannini, Pari e Vierchowod. Già, il “russo” che in giallorosso vinse lo scudetto dell’83 consentendo, con la sua velocità,

l’arretramento di Agostino nella finta posizione di libero. Liedholm ripeteva spesso che lui e Viola fecero di tutto per trattenerlo alla Roma, ma Mantovani non volle saperne e il “russo” tornò a Genova per fondare, insieme ai succitati, la più bella Samp di sempre e la banda dei “sette nani”. Già, proprio come quelli di Biancaneve, che ispirarono i doriani nelle loro serate goliardiche in uno dei più caratteristici ristoranti genovesi.

Oggi, dalle parti di Bogliasco, ci sono altri due ex romanisti: Antonio Cassano e Delneri, che a Roma litigavano un giorno sì e l’altro pure e che alla Samp sembrano andare d’amore e d’accordo. Sarà l’aria della Liguria e di una à come Genova, che è l’ideale per giocare a calcio senza viverne le eccessive tensioni e gli stress che ci sono altrove. Gli stessi, forse, che annebbiarono anche un esperto uomo di mondo come Boskov, che in quella stagione vissuta sulla panchina giallorossa (1992-93) perse spesso la bussola. Narrano le leggende metropolitane che una volta, sul pullman che portava la Roma all’Olimpico, dette la formazione con tutte e quattro le punte insieme (Rizzitelli, Carnevale, Caniggia e Muzzi) e dodici uomini in campo. I giocatori se ne accorsero e, tra l’ilarità generale, invitarono capitan Giannini ad avvisarlo dell’errore. Quello, senza pensarci un attimo, rispose: «Leva Muzzi, il ragazzino». Altro che tattiche, il suo era un calcio istintivo e improvvisato, figlio di un modo di vivere questo sport che oggi ci manca tantissimo. Un po’ come lui, lo “Zio Vujadin”, che a Genova tirò fuori dei modi di dire che ancora oggi tutti ricordano: «Rigore è quando arbitro fischia», oppure «Gullit è come cervo che esce di foresta».