La penna degli Altri 20/11/2009 09:42
Unicredit risponde: "I debiti andavano pagati, persa l'ultima chance"
Dal documento n. 3 allegato allatto, risulta che la holding ha chiuso lesercizio con una perdita di 32 milioni. Nella citazione Unicredit chiede al giudice oltre di annullare il rendiconto di esercizio, «di condannare la società convenuta (Italpetroli, ndr) al pagamento delle spese, diritti e onorari di giudizio, oltre alliva». Il gruppo romano è invitato a costituirsi almeno 20 giorni prima della data fissata del 25 febbraio 2010. La banca guidata da Alessandro Profumo, azionista al 49% di Italpetroli di cui è il principale creditore per cassa con 324,9 milioni (a settembre) «interamente scaduto», porta in giudizio la holding controllata al 51% dalla famiglia Sensi perchè «è necessario che nelle valutazioni di bilancio si tenga conto degli effetti della mancanza di continuità aziendale».
E il venir meno della capacità di proseguire lattività dipende dal fatto che non sono stati venduti gli asset il cui ricavato sarebbe servito per onorare le scadenze: i debiti totali sono oltre 400 milioni in quanto oltre Unicredit, cè Mps che avanza 80 milioni. La banca senese non si è associata alla battaglia giudiziaria anche se potrebbe beneficiare di un eventuale successo. Nellatto che riprende lAccordo sul debito del 18 luglio 2004 e disdettato da Unicredit il 4 giugno scorso, si fa un riferimento generico agli asset di proprietà del gruppo da vendere: e non essendo esclusa la As Roma, anche il club giallorosso quindi sarebbe rientrato fra i beni da cedere. Anche se finora era stato comunicato che la scelta dei beni veniva affidata al giudizio del management del gruppo.
Il ragionamento giuridico di Unicredit per contestare il bilancio di Italpetroli muove da dati di fatto e da conseguenze previste dai principi contabili, cioè i criteri in base ai quali deve compilarsi il bilancio di una società. Allora: il 28 maggio il consiglio ha approvato il progetto di bilancio che è stato poi ratificato dallassemblea dei soci del 30 giugno «senza che nessuna informativa integrativa venisse fornita rispetto al progetto di bilancio (redatto sul presupposto di continuità prima dellintervenuta inefficacia dellAccordo sul debito) e senza che il collegio sindacale o Pwc (la società di revisione, ndr) modificassero o integrassero le proprie relazioni».
Secondo la banca lassemblea «rappresentava lultima chance per amministratori, sindaci e revisore, per trarre le dovute conseguenze». Quindi «gli amministratori hanno colpevolmente omesso di indicare la sopravvenienza», cioè il recesso dallAccordo. Recesso che secondo Unicredit ha fatto venir meno il pactum de non petendo, cioè limpegno a non agire in giudizio per riavere il proprio credito in quanto lart. 15 (iii) - un modo degli atti giuridici per indicare un capitolo - dellAccordo, «tra le cause di risoluzione o recesso, prevedeva, alla lettera c), «la mancata trasmissione ad Unicredit della certificazione del nav al 31 dicembre 2008 entro 120 giorni dalla data di riferimento». Cioè entro il 30 aprile 2009. Il nav è il patrimonio di una società contabilizzando attivo e passivo. Italpetroli solo il 30 giugno, «quindi in un momento significativamente successivo al recesso di Unicredit» inviava alla banca la comunicazione del nav. Che era positivo ma il 10 novembre Unicredit eccepiva che il nav trasmesso non era stato formulato in base ai principi concordati.
I conti dello scorso anno hanno registrato una perdita di 32 milioni nonostante «alcune voci dellattivo appaiono significativamente sopravvalutate»: in particolare i crediti e le partecipazioni che «da sole rappresentano oltre l85% dellattivo di bilancio» in quanto contabilizzati in continuità aziendale. «Per effetto di queste gravi irregolarità», si legge a pag. 11, «il bilancio non riporta una rappresentazione attendibile... conseguentemente è affetto da nullità» che «comporta nullità della delibera di approvazione».