La penna degli Altri 19/11/2009 08:46

Il piano Angelini e Mezzaroma: "Vengo anch'io"

E’ il richiamo della Roma. Lo stesso che sentì il padre, 16 anni fa, rilevando la società con Franco Sensi da Giuseppe Ciarrapico. Il tempo di qualche incomprensione, fino a capire che non ci possono mai essere due galli nello stesso pollaio. Sedici anni dopo cambiano i volti, ma la passione per i colori resta. L’idea di risollevare le sorti della squadra della Capitale, è tanto forte quanto l’amore di un tifoso che ha nella mente

l’umano desiderio di unire il sacro (il sentimento) al profano (l’aspetto prettamente imprenditoriale).



Conferma di essere pronto, nel caso in cui vi chiamasse la famiglia Sensi?

«Assolutamente sì. In questo momento bisogna essere pragmatici. C’è da una situazione da risolvere? C’è la possibilità di risolverla? C’è una volontà comune, a partire dalle istituzioni? Dobbiamo gerarchizzare il problema una volte per tutte. La Roma deve stare fra i primi cinque problemi di questa à, non soltanto come squadra di calcio, ma come patrimonio. Patrimonio di tifo, di tradizioni, di persone che ci lavorano. E poi, è un’azienda

che fattura decine di milioni di euro».

C’è stato un contatto fra voi e l’attuale proprietà?

«No. Ci deve essere un’autorità e, forse al momento ce ne sono due o tre, economica o politica, che dica alle venti maggiori società di imprenditoria romana: vi diamo trenta giorni, presentateci un progetto di ripianamento del debito, di gestione della parte sportiva e di pianificazione sociale».

Sempre favorevole all’idea di una grande polisportiva?

«Non cambio idea. L’ho sempre detto, noi siamo a disposizione, ma il progetto resta quello dell’inizio, c’è bisogno di fare sistema. C’è necessità che tutte le forze imprenditoriali di questa à, e ce ne sono una montagna, si mettano insieme per cercare di stabilizzare la salubrità economica, sportiva e agonistica, rilanciando un grande progetto. Viviamo tempi in cui mancano i sogni del domani, inteso come futuro a media scadenza. Roma non si può permettere di abbandonare un grande orgoglio cittadino come la Roma, ad un destino di mediocrità».

Quindi, nessuna telefonata dalle “alte sfere”?

«Le ripeto, non ci è arrivata alcuna chiamata da parte delle istituzioni».

E con Francesco Angelini, invece, come sono i rapporti?

«Personalmente non lo conosco».

Sarebbe disposto, ovviamente in società con lui, a rilevare la Roma?

«Sarei disponibile ad entrare in un’associazione di più imprenditori. Sarebbe il caso che alcuni impresari, compreso il nostro gruppo, dopo aver ricevuto da questa à, tanto in termini di lavoro, possano restituire il cosiddetto “favore”. Noi, a suo tempo abbiamo già dato, quando la Roma stava in tribunale e, mi creda, la situazione era molto peggiore di adesso. Se veniamo convocati ad un tavolo con altre componenti imprenditoriali, per studiare uno sviluppo economico-industriale per salvare la Società, siamo pronti».


Quanto è importante la realizzazione dello stadio?

«Non si può prescindere dallo stadio per recuperare la Roma ad un’economicità e ad una gestione sportiva sana. Da qui si deve partire. Lo stadio, per il bene della Roma è forse più importante di un paio d’ettari di campagna romana che poi il Comune non ha soldi per mantenere efficiente e ordinata».

Ipotizzando una cordata, sareste voi ad occuparvi della realizzazione della struttura?

«Ce ne occuperemmo tutti insieme. Diamo il nostro apporto. Poi, certo, sapremo più noi quanto costa un metro cubo di cemento rispetto a chi si occupa, ad esempio, di cose farmaceutiche, sportive, aerospaziali o di raccolta rifiuti».