La penna degli Altri 30/10/2009 09:31

Un bus a freni rotti

può svegliare. Vedo un autobus coi freni rotti lanciato a folle corsa attraverso una discesa tutta curve, ma non riesco a trovare il modo per impedire il disastro. A bordo, purtroppo, c’è la Roma, e assieme a lei, tutti noi tifosi. Un sogno davvero angoscioso, previsto ed annunciato da tempo, scaturito dalla coscienza di aver parlato sempre a vuoto. Purtroppo, però, tutti i nodi vengono al pettine, e quanto sta accadendo in questa sciagurata stagione non è altro che la risultante di una miriade di errori commessi che non sarebbero mai potuti sfociare altrimenti. Ora correre ai ripari è veramente difficile, anche perché, nel tentativo di suggerire soluzioni, siamo arrivati all’ultimo stadio, quello del fatidico “Tutti contro tutti”. Iniziando dai tifosi.



C’è la corrente dei contestatori, il cui numero va aumentando di giorno in giorno, ma c’è anche quella dei manichei, sempre fedeli al motto “La Roma non si discute, si ama”, che trovano giustificazioni per ogni cosa, arrivando a vedere i lati positivi di una stagione che sarebbe positiva solo se davvero passasse in fretta. Questi ultimi, buonisti per eccellenza, restano arroccati sulle loro posizioni, e tacciano di laziale chiunque provi a contestare l’operato di chi rappresenta la Roma, giocatori o dirigenti che siano. Poi ci sono le radio: ormai si  dividono per “linee editoriali”. Mai una via di mezzo: o tutto bene o tutto male. Intanto ogni collega sconfessa

l’operato dell’altro, proprio come accade tra schieramenti opposti in politica, dove invece di gareggiare per migliorarsi, si cerca di evidenziare i lati deboli dell’avversario. Disamore e nausea dilagano, e le conseguenze si vedono allo stadio, sempre più deserto e sempre più silente, anche durante le partite più importanti.



Contro il Livorno un dato desolante: in tribuna stampa giungevano comunicati che davano circa 3.000 paganti

e circa 30.000 spettatori. Il totale era la giusta somma tra gli abbonati, i biglietti venduti e qualche migliaio di ingressi di favore, ma non il calcolo esatto M dei presenti. Allo stadio, infatti, eravamo al massimo in 20.000, segno che tanta gente, pure avendo la tessera, aveva preferito trascorrere altrove quella tiepida domenica di  ottobre. Che brutto vedere i tifosi romanisti comportarsi così! Soprattutto se paragonato ad altri contesti,

magari più lontani, come quel 2-2 (6 maggio del 1979 – ultima all’Olimpico per De Sisti e per il presidente Anzalone), quando andammo  in 80.000 allo “spareggio” contro l’Atalanta e facemmo invasione di campo per festeggiare la salvezza “virtuale” con una giornata di anticipo, certi che nell’ultimo turno Ascoli e Roma (che avevano bisogno di un punto per la matematica certezza) si sarebbero divise equamente la posta (e infatti terminò 0-0).




Mamma mia, adesso chi li riconosce più? Anche la curva è divisa tra gruppi, e non basta più neppure il grande amore per la stessa maglia ad accomunare gente e speranze. Il clima è teso. I giocatori sono chiusi a Trigoria, ma neanche in ritiro si respira aria buona. Il malumore è dilagante, e nello spogliatoio non si vedono più sorrisi e pacche sulle spalle (ma questo accade dovunque manchino i risultati). Chi, come me, segue la Roma da oltre mezzo secolo, vi può assicurare che un’atmosfera così pesante non si respirava neppure ai tempi della Colletta del Sistina quando, diciottenne di belle speranze, versai mille lire dei miei risparmi in quella specie di salvadanaio che poi, in un impeto di dignità, gli stessi giocatori devolsero in beneficenza.



In queste ultime ore ho letto e sentito dire che “è tornata la Rometta”. Magari così fosse! Forse non tutti sanno che “La Rometta” era una squadra piccola piccola, però almeno aveva un cuore.