La penna degli Altri 26/10/2009 09:53
Stavolta è fattore V di vergogna
Una vergogna, e una pena, assistere alla devastazione tecnica e di immagine in cui la Roma continua a cadere nello sconcerto dei propri tifosi e nellapparente indifferenza di chi, piuttosto che ammettere il proprio fallimento, continua a muoversi in un mondo virtuale, fatto di stadi sognati e di ancora più sognati orizzonti, di nuovi campioni da acquistare chissà come e quando, di vecchi rottami o mediocri sopravvalutati spacciati con pervicacia come formidabili primattori di una realtà inesistente. La Roma sempre straordinaria sulla carta; i suoi giocatori, negli undici, inferiori solo allInter. Balle vergognose, appunto, che è bastato il misero Livorno a prendere a calci senza pietà.
La peggior Roma di Ranieri, una delle peggiori di sempre è crollata di schianto sotto il macigno delle bugie, delle illusioni, di debolezze ormai palesi. Anche in panchina, anche nellallenatore che ci aveva fatto sperare in una rinascita magari limitata, ma non impossibile. Vero è che, rispetto a chi poteva inserire Nakata per Totti e
Montella per Batistuta, le sue risorse oggi sono quelle che sono. Ma perché puntare su Faty per rimpiazzare Pizarro, escludere allinizio Guberti (e Baptista, tornato se non altro vivo) e lanciare al posto del pur inguardabile Taddei quel Pit che non troverebbe posto tra le riserve del Livorno?
Cosa sono, segnali a una società di cui ha già capito la vera consistenza o, peggio, segnali di totale confusione? Siamo fritti, se perde colpi anche questo consumato timoniere, quasi patetico, a fuochi spenti, quando ha apertamente rimpianto il Totti pure punzecchiato fino a poche settimane fa: serviva molto per capire che senza il suo capitano questa squadra, per come è messa anche nelle sue teoriche colonne (guardate in
quali condizioni è De Rossi), vale si e no, appunto, la scassata armata di Cosmi?
Il punto della vittoria, e te pareva, lo ha segnato Ciccio Tavano, lex mai rimpianto, il bomber (solo) di provincia con gli occhi di Eva Grimaldi. Fino a ieri era fermo a zero gol, dopo i 24 segnatilanno scorso, quando fu capocannoniere della serie B. A zero è rimasto in compenso Mirko Vucinic, allungando oltre i 147 giorni il suo allucinante digiuno di goleador tragicamente irrisolto.
Un gol sbagliato a porta vuota come non avrebbe fatto il peggior Musiello, un palo scheggiato, una respinta su tiro a rete di Baptista, uninfinita serie di errori consumati, sotto i fischi impietosi quanto comprensibili della Sud, con quella perenne aria stracca da protagonista per caso, la bocca spalancata a respirare come un pugile ubriaco di cazzotti, un po malato, un po portasfiga. Unaltra vergogna, per questo talento sempre più presunto, precipitato in una crisi involutiva che sembra ormai senza rimedio.
E in un momento-no, ha detto alla fine Ranieri. Un momento che, ahinoi, dura da cinque mesi.
Molto più lunga è del resto la crisi della Roma in generale, sprofondata ieri in fondo al pozzo (e speriamo abbia davvero toccato il fondo) della sua miseria tecnica: la miseria di sei tiri nello specchio in oltre 90, i soli pericolosi di Perrotta, lincapacità di sfruttare pure mezzora di superiorità numerica dopo la severa espulsione del portiere De Lucia. Niente gioco, niente ritmo, evaporata persino la rabbia che in altre occasioni, come a Londra giovedì notte, era riuscita per lo meno a limitare i danni. Il crollo verticale daltro canto non si ferma ai risultati sul campo, che grazie al mancato successo di ieri, seconda batosta di fila dopo San Siro, consegnano i giallorossi non già a un punto dalla zona-Champions, come era più possibile che doveroso, ma ad appena sei sul Siena ultimo.
Lo sfascio è complessivo, riguarda gli umori di una tifoseria disgustata e spinge, ad esempio, anche a nuove-antiche riflessioni sui rischi della partecipazione allEuropa League: la Roma, rientrata dal match col Fulham solo due giorni prima di quello di ieri, non pare minimamente attrezzata per reggere il doppio impegno. Con più freschezza, e meno acciacchi, avrebbe forse evitato lo scempio di ieri. Ranieri, con laria di chi non sa che pesci pigliare, ha parlato di problemi mentali. Magari qualcuno ne soffre sul serio. Più che il definitivamente spompato Taddei e leterno mollacchione Vucinic, lormai ex guerriero De Rossi, che si dibatte da mesi in una privatissima quanto delicatissima crisi: siamo certi che si stia facendo tutto il necessario per recuperare questo straordinario talento, quanto meno per dargli una mano?
Un compito di cui, teoricamente, potrebbe farsi carico Giampaolo Montali, a un passo dallapprodo negli scarni quadri dirigenziali del club. Montali è una leggenda del volley, sport nel quale ha vinto tutto; è anche uno stimato organizzatore di aziende, peraltro non calcistiche, specializzato in marketing e strategie di impresa. A Torino, chiamato da John Elkan su consiglio di Luca Montezemolo per rifondare la Juve del dopo-Moggi, è stato poco più di un anno consigliere damministrazione della Juventus: sinceramente non sappiamo con quali risultati concreti. A Roma si sghignazza già, da giorni, gli stralci di un suo singolare saggio, Scoiattoli e tacchini, dedicato appunto alle dinamiche di sport e impresa. E una persona seria, ha un eccellente look, sa comunicare in modo impeccabile. Sa pure di calcio? Chissà. Il suo nemico Velasco e precedessore lavorò per Lazio e Inter, senza lasciare grandi tracce. Speriamo lui abbia più fortuna. E che non sbarchi a Roma solo per fare da parafulmine. Il problema del resto è un altro. Montali, che dovrebbe firmare nelle prossime quarantottore, non sarà direttore
generale ma supervisore dellarea tecnica e responsabile delle risorse umane, qualifica ibrida già nella dicitura (da una vaga idea di direttore di catena di supermercati), che conferma lantica ritrosia dei Sensi a delegare concretamente la gestione della società.
Mai alla Roma un dirigente si è visto assegnare non solo poteri adeguati allincarico, ma una reale chiarezza di ruolo. Agnolin, assunto per la vasta esperienza nel mondo arbitrale, fu spinto ad andarsene perché si permise di eccepire sulla scelta di contestare pesantemente i fischietti. A Lucchesi fu rinfacciata la vicenda dei Rolex, di cui non era stato affatto lui a suggerire lacquisto. Miccio, presentato quale re della comunicazione (oggi a Trigoria ci sono ben altri
fenomeni, in quel comparto), fu messo nelle condizioni di andarsene alla seconda iniziativa intrapresa. Franco
Baldini si vide assegnare addirittura le chiavi del club, salvo essere salutato con disprezzo come consulente di mercato quando si ribellò alla pax con Moggi e Giraudo. Tutti se ne andarono inseguiti da unaccusa stizzita: Volevano fare i padroni a casa nostra. Forse, avrebbero voluto semplicemente svolgere il lavoro per il quale erano stati ingaggiati. Auguri, Montali. Auguri soprattutto a te, povera Roma.