La penna degli Altri 05/10/2009 08:51
Scrive la storia e gli invidiosi continuano a «rosicare»
Un gol fantastico - il secondo della Roma sul Napoli - per esecuzione e precisione; un dolore forte al ginocchio operato. Dieci minuti a bordo campo, col medico della Roma, col fido fisioterapista Musa e con l'amico e preparatore Scala: fasciatura, piegamenti, smorfie di dolore. Sembrava la scena di Roma-Livorno, un anno e mezzo fa. Poi, dopo la sosta ai box durata dieci minuti un dolore continuo. Le telecamere inquadrano un attimo di scoramento: il capitano giallorosso che si rivolge alla panchina e con le mani che girano su se stesse chiede un cambio impossibile. Dalla panchina gli fanno notare che Claudio Ranieri, dopo quelli di Cassetti, Lobont e Faty, non ha più possibilità di sostituire giocatori nella Roma. E Francesco che sincero dice: «Ma non ce la faccio!». I timori del peggio si affacciano all'Olimpico. Lo stadio del perone rotto nel febbraio del 2006 o del ginocchio rotto nella primavera del 2008. Ma Totti è lì.
E mentre il suo amico Vito Scala chiama il professor Mariani, il medico che lo ha operato al ginocchio destro, Francesco ricomincia a giocare. La fasciatura è vistosissima e fa pensare ad un dolore acuto. Ma col movimento, con l'articolazione che si scalda e con una vagonata di coraggio, Totti non solo gioca, ma corre, pressa, prova perfino a tirare in porta. Finisce, la Roma vince 2 a 1 grazie al suo numero 10. E quei venti minuti dopo l'infortunio fanno passare la paura a molti, compreso il professor Mariani, che dalla tribuna Monte Mario scende negli spogliatoi della Roma a fine partita e visita subito Totti. Niente di grave. E così, come i campioni di una volta, con la fasciature bianche addosso, con due gol decisivi, con un attaccamento, una professionalità e una classe straordinarie, Totti scrive con semplicità un'altra pagina nella storia della Roma e dei più grandi attaccanti che hanno mai giocato nel nostro campionato. Solo la sfortuna può fermarlo. Avversari, nemici e invidiosi, nel frattempo possono solo - come si dice a Roma - «rosicare».