La penna degli Altri 20/10/2009 09:25

Mastro Titta t'aspettavamo



Santa Maria Rosella avrà avuto occhi per leggere e orecchie per sentire in quel giovedì di attesa della passione domenicale. Che avrà pensato? Fammi preparare il discorso delle 22.30 di dopodomani? Questo era l’impegno al quale si é dedicata in questi tre giorni? Io che come tutti voi i pani e i pesci li ho visti sempre  passare senza dargli un mozzico, mi sono seduto davanti alla tv come i bambini del Congo in attesa di un pasto sconosciuto e di un miracolo mai avvenuto. La giustizia è eterna e per questo è eterno Rosetti , il Mastro Titta della delle giacchette nere. Ma come nelle favole non c’era una volta chi diceva: ..”questo non lo voglio più vedere quando gioca il mio Milan…la mia …l’Inter? “. Scusate forse è troppo paragonarsi a chi può dirlo e noi che è vietato. Ieri, come tanti altri “ieri” era giornata importante. Quattro posti per l’Europa che conta e Samp, e Roma per ora sono fastidiosamente di troppo in una corsa a tre per quattro piazze. E




Allora ? Arrivano i nostri e sistemano le cose. Se ci sarà bisogno torneranno. Lui c’è e lassù sanno che possono contarci. Intendiamoci non è solo. Nicchi non “nicchia” quando è l’ora delle scelte. Tra sabato e  domenica ne ha in campo “quattro” dei migliori. Morganti a Genova, Rizzoli a Torino, Orsato A Roma e Mastro Titta a Milano. A parte Morganti che ha dovuto solo negare al Genova un rigorino nei primi minuti e poi tutto è filato liscio, gli atri tre si sono dovuti fare il classico “culo” per portare il compito a casa. A noi, per non sbagliare ci ha rifilato un vecchio sovvertitore delle sorti giallorosse, il “Bocelli” di Lazio , quello del mano di Zauri per ricordare, Rosetti Roberto, Roby per gli amici, molti e tutti con una ottima posizione sociale.


Il nostro uomo nasce in un settembre del 1967 a Pecetto Torinese, dunque per l’antica nenia, falso ma cortese. Arbitra in serie B la sua prima partita a soli 29 anni (pochissimi per una uomo nero) e l’anno dopo vola in A. La famosa partita del mani di Zauri (è tra le diciannove finite sotto inchiesta per la “calciopoli” nostrana) è del 2005. Inizia da qui la sua irrefrenabile ascesa. Ma come direte voi uno fa una cazzata del genere e sale nella considerazione dei suoi capi? Esatto! Avete capito bene. Il Bocelli delle nostre giacchette nere non viene messo in un cassetto, non va dall’oculista ma inizia la sua grande storia di arbitro nazionale e internazionale. Dicevamo 2005 “Zauri” e allora 2006, 2007, 2008 viene insignito della palma d’oro di miglior

arbitro italiano. Lui fedele ringrazia e lo fa a modo suo.



Vi chiedete quale? “Certoooo… che lo fa a modo suo!”, direbbe Ezio Greggio. A noi ci ringrazia nel 2007 con la più rapida espulsione della storia d’Italia. E’ la finale di supercoppa e la nostra Rometta sta vincendo a San Siro contro l’Inter per 1 a 0. Roby è in crisi, non sa più che fare. E allora come il Pippo di Zucchero… che cazzo fa? Ha un colpo di genio. Perrotta entra in campo alzandosi dalla panca un secondo dopo un clamoroso rigore negato alla “nostra”. Il calabro sta per entrare e dice a voce bassa… “ma non si può ..un rigore netto…così rischiamo di perdere la partita…”. Lui (il migliore arbitro italiano) è incazzatissimo. Perrotta non si rende conto del dramma del “Bocelli”. L’Inter perde, non sta in piedi e rischia di prendere il secondo goal. E allora

lo caccia dal campo prima che riesca a metterci un piede. Corre l’anno 2007 e lui viene giustamente premiato. E’ vero l’Inter ha perso la supercoppa, ma Mastro Titta per tagliare quella testa ce l’aveva messa tutta. E  allora? Secondo anno consecutivo premio quale miglior arbitro italiano. Lui, bello e fiero di se, ci prende gusto. Roby si sente Superman. Biondo, ben pettinato e tronfio dei grandi successi ottenuti, non vuole che finisca li. Che fare si chiede la sera a casa, per lunghi mesi. Come posso vincere anche il prossimo anno? Corre il febbraio 2008. Lui capisce che è la sua nuova grande occasione. Roby, si pettina, aggiusta divisa e fischietto e corre leggero e deciso alla volta di quella che oramai considera “casa”. San Siro. Ve la devo  ricordare?



Non caccia Burdisso, ma caccia Mexes, ammonito per avere camminato fuori dalle strisce pedonali, sorvola

su ogni tipo di fallo neroazzurro dentro e fuori dall’area di rigore. E’ il suo capolavoro. L’Inter pareggia con Zanetti e a noi il cetriolo. Scudetto a casa Moratti. Un fenomeno. E allora? Merita per il terzo anno consecutivo la palma di migliore arbitro italiano.



Rosella la triste presidente dei “sempre fottuti” tace e incassa da Moratti. Almeno lei qualcosa ha visto. Noi tasche vuote e lacrime agli occhi. Oramai è grande la sua fama. E’ un killer spietato e perfetto, una macchina da guerra, come non se ne può accorgere il mondo intero? La sua notorietà salta le Alpi, vola sopra i Balcani, come uno tsunami salta gli oceani. Sempre nel 2008, udite! udite! è riconosciuto miglior arbitro del mondo.

Ma lui non è uomo da nulla e vuole lasciare il segno anche nel 2009. Torna a casa e stretto nella sua quiete familiare aspetta la nuova occasione. E’ come il gatto con il topo. Sembra dormire, poi arriva la zampata del felino. Il Milan è a pezzi, se perde rischia il collasso e la contestazione, entra nel tunnel. E poi che fa non arriva tra le prime quattro della coppa piena di “piccioli”? Galliani solo all’ipotesi si vede spuntare i capelli. Ma c’è lui, il bel Roby, il “supereroe” di Pecetto Torinese. Il resto non ve lo ricordo e troppo fresca la “performance” vi offenderei.