La penna degli Altri 25/10/2009 03:07

Il gruppo è forte, ora ritroviamo il gioco

Le premesse ci sono tutte per santificare la festa. Prendi Claudio Ranieri. La conferenza stampa di ieri. Una spada. Affondi baritonali. Tempi televisivi. Chiarezza. Il giorno che la Roma giocherà come lui parla, saremo a cavallo. Sta lavorando di fino sulle molto S labili (fragili) teste dei giocatori. Si mostra ruvido, ma si dimostra attento, partecipe, perfino sensibile. Sembrava avesse scaricato, via via, i vari Cerci, Mexes, Okaka, Guberti, Menez. Li aveva solo davanti allo specchio. Provate a voi stessi, ancora prima che a me, che sto sbagliando. Li ha trattati da uomini. E loro stanno reagendo da uomini.

Prendi Jeremy Menez. «Se mi segue, diventerà un campionissimo», così ha parlato ieri Ranieri. Jeremy, prova a dargli retta. Diventa quello che sei. Se giovedì sera la stragrande maggioranza di noi ha “presentito” che avresti sbagliato quel rigore, un motivo c’è. Si chiama “percezione di una personalità incompiuta”. Allo stesso ,

in una situazione ben più scabrosa, sparò un proiettile sotto l’incrocio dei pali. Era il novantesimo minuto di Italia-Australia. Il giorno in cui tutti noi avremo la certezza che quel rigore tu, Jeremy, non lo mancherai, vorrà dire che avrai fatto pace con la tua grandezza.

Il guaio di questa Roma sono le “personalità incompiute”. Ne ha troppe. Talenti enigmatici perché intermittenti. Un giorno fenomeni, l’altro inguardabili. Li ami e li maledici. La piazza sbanda, si divide, litiga. Vucinic, Baptista e Menez (ma rischiano di aggiungersi anche Cerci e Guberti) sono costati più di quaranta milioni di euro. La cifra con cui prendi un fuoriclasse vero, stabile, conclamato. Tre talenti instabili sono un lusso per

chiunque, figuriamoci per questa Roma.



Dovendo scommettere sulla chance che uno dei tre riesca a liberarsi dal peccato della vaghezza, scelgo Menez. Da ieri, è chiaro che è anche la scelta di Ranieri. Con il Livorno non serve una vittoria schiacciante. Basta una vittoria serena. E una difesa che non subisce gol. Mexes è tornato, Doni tornerà. Gli sono bastati due mesi a Ranieri per cementare uno spirito di gruppo. Anche questa è un’impresa. Le capacità ci sono,

la fortuna non gli manca. Per il salto di qualità è necessaria solo una cosa: che i suoi giocatori disobbediscano al suo mandato: dimenticare il bel gioco. Pizarro, e compagni sanno solo “bel


giocare”. Conoscono solo questo di calcio. E anche Ranieri lo sa.