La penna degli Altri 15/10/2009 10:12

Chi ce li mette i soldi?



Circa duecento milioni dunque il valore della Roma: è la media più o meno aritmetica e nota delle offerte venute negli anni. Media che tende a calare perché ogni valore non è assoluto, dipende dalle circostanze di mercato. E il mercato oggi non è di quelli che alzano il valore delle squadre di calcio. In generale e in  particolare per la Roma. Dipende poi anche dalle condizioni di chi vende e di acquista, vale per un  appartamento, vale per una società calcistica.



Duecento milioni sono due, trecento milioni in meno dei debiti che Italpetroli ha accumulato. Dunque, chi ce la rimette la differenza? Una generosa e miracolosa cordata di gente che compra sovra pagando? Impensabile, gente così non ce n’è ed è anche almeno ingenuo pensare ce ne possa essere, a Roma, negli Usa, in

Svizzera, ovunque. Ce li rimette allora l’attuale proprietà che vende, incassa quei duecento e resta con un

mare di debiti senza più l’unica carta da giocare per non andare in bancarotta? Alla Sensi si può anche chiedere il suicidio finanziario, si può anche dimenticare che papà per la Roma molto ha speso, si può anche ricordare che in questo vicolo cieco si è cocciutamente cacciata. Si può tutto, tranne aspettarsi che lo faccia.  Anche questo è almeno ingenuo pensarlo.



Allora ce li rimette Unicredit, la banca creditrice che rinuncia a più della metà del valore dei suoi prestiti?  Anche questa è una favola, perché mai Unicredit dovrebbe farlo? Sarebbe perfino ingiusto e scorretto verso i

suoi azionisti. Nessuno vuole e “deve” rimetterci quei due, trecento milioni. Ovvio, naturale, matematico. Ma nel frattempo la società e la squadra languono, declinano, peggiorano. Ogni mese che passa. La Sensi sta tentando di aumentare il valore di vendita inserendo la squadra in una maxi operazione immobiliare di cui lo stadio è la chiave che apre la cassaforte. Difficile che le riesca perché è operazione immobiliare “anni cinquanta-sessanta”, quando la à tutta pagava la valorizzazione delle aree. Ora non funziona più così automaticamente, anche il potere politico pur favorevole allo stadio non può permettersi di “regalare” ai costruttori migliaia di appartamenti e uffici e centri commerciali e tutto il resto, cioè una cittadina aggiuntiva di 25mila abitanti.



Comunque il piano “Stadio Palazzinaro” ha bisogno di tempo. Tempo che la società e la squadra sembrano

proprio non avere. E allora? Allora l’unico “miracolo” possibile è che i due, trecento milioni da rimetterci vengano divisi tra i vari attori della vicenda. Divisi per tre, per quattro. Unicredit rinuncia a cento, altrettanto fa la Sensi, il compratore paga cento di più. Un “miracolo”, altrimenti non saprei definirlo. Fatto in nome e a gloria della Roma e non degli interessi, legittimi, delle parti in causa. Un miracolo in cui si può sperare, un miracolo da invocare. Vorrei anche crederci, ma questo mi pare troppo. Diciamo che crederci sarebbe almeno ingenuo.