La penna degli Altri 16/10/2009 10:04

Adesso davvero resta poco tempo



La cronaca degli ultimi fatti, nudi e crudi. Come "Il Romanista" ha anticipato una settimana fa, tra il primo istituto bancario del paese e i proprietari della Roma ormai è guerra. segue dalla prima pagina Ieri un’altra autorevole testata, "Libero", peraltro politicamente vicina al gruppo di potere cui i Sensi si sono non poco

appoggiati negli ultimi mesi, ha aggiunto ulteriori caselle al puzzle. Lunedì scorso Italpetroli ha convocato con

appena quattro ore di preavviso un consiglio d’amministrazione urgente. Dalla riunione è stato di fatto estromesso l’avvocato Roberto Cappelli, il membro-garante preteso da Unicredit, che controlla il 49 per cento della holding sensiana: i tempi troppo stretti gli hanno materialmente impedito di prendere parte ai lavori.



Un’esclusione non casuale. Nei giorni scorsi, era stata la stessa Rosella Sensi a chiedere al numero uno dell’istituto di credito, Alessandro Profumo, di ritirare l’ingombrante presenza di Cappelli in quello che è sempre stato un Cda di famiglia, del tutto privo del minimo dibattito interno. I rapporti con l’avvocato di Unicredit, mai troppo sereni, sono da tempo disastrati. Incomunicabilità totale, contrasto pieno su tutto, punti di vista agli antipodi. Cappelli seccato dal clima accondiscendente del consiglio (e pronto a suggerire a Profumo la linea dura dei decreti ingiuntivi e dei pignoramenti); Rosella stizzita dall’ostruzionismo del consigliere e dai suoi rapporti con i giornali, tesi a suo modo di vedere a indebolire il consenso nei confronti  della proprietà. Lunedì, così, la riunione del vertice di Italpetroli è tornata a consumarsi senza liti. Di Cappelli si

è parlato solo per studiare la possibilità di metterlo definitivamente alla porta. Operazione complicata, peraltro.

La strada più semplice, si fa per dire, sarebbero le dimissioni collettive del Cda e la successiva nomina di un consiglio nuovo di zecca. Ma il consigliere potrebbe sempre fare opposizione: queste storie spesso non vedono fine. E qui invece i tempi stringono. Perché, intanto, se l’è presa non poco Profumo, che ha impresso una nuova accelerazione alle procedure già avviate. Decreti ingiuntivi e pignoramenti. Indirizzati, ed ecco un’altra novità, a tutte le controllate di Italpetroli: anche a quella Roma 2000 che controlla direttamente la As Roma. Con un possibile ulteriore inasprimento, sul quale la banca sta riflettendo: il pignoramento delle azioni  Italpetroli in mano ai Sensi. Una decisione clamorosa, che di fatto sposterebbe il controllo del gruppo, e  quindi della Roma, totalmente nelle mani di Unicredit. Un pressing motivato dall’entità del buco di Italpetroli: 403 milioni di debiti, la maggior parte nei confronti di Unicredit. Un pressing che, a tutti gli effetti, spingerebbe la Roma ai piedi di Francesco Angelini, l’industriale farmaceutico che ha già presentato alla banca credenziali

e, soprattutto, un’offerta concreta. Se si arriva alla rottura, l’acquirente del club che i Sensi proprio non  vorrebbero mollare sarebbe bell’e pronto. Controindicazioni?



Angelini non coprirebbe per intero le esposizioni di Italpetroli. Per questo sino ad oggi, se i proprietari ne  hanno sempre respinto le proposte, lo stesso istituto non ha spinto con forza verso questa soluzione. Che  però, salvo l’apparizione-miracolo di nuovi facoltosi acquirenti, resta la sola praticabile.



Che può succedere, adesso? La risposta è nelle mosse dei contendenti, ovviamente opposte. La banca tirerà

dritto, pronta a rinunciare pure a parte del suo credito più di rientrare della maggiore somma possibile. Rosella invece proverà a prendere ancora tempo, sfruttando i mesi di requie (non troppi: Italpetroli rischia

comunque il fallimento) che può garantirle l’opposizione ai pignoramenti, e soprattutto sperando nella rapida approvazione della legge sugli stadi, per la quale ha ricevuto garanzie anche da Gianni Letta. Il diritto a  costruire un nuovo impianto, e magari la possibilità di ottenerne almeno in parte lo sfruttamento, può essere quanto meno monetizzata. Con quel diritto in tasca, la Roma varrebbe almeno cento milioni di euro in più. E potrebbe concretamente sperare di veder crescere attorno a sé una cordata di costruttori attratti dal business.



La cessione della Roma, a quel punto, potrebbe bastare a chiudere i conti con le banche, magari spuntando uno sconto. Di sicuro bisogna fare in fretta, provando se possibile a pensare - tra un’operazione finanziaria e un pignoramento - anche ai destini di un club senza un euro da investire, in ritardo nel saldo degli stipendi e nei rinnovi contrattuali, impossibilitato a programmare anche il minimo intervento di mercato. Anche a Trigoria, a dispetto dei miracoli di (e di Ranieri), i nodi stanno venendo tutti al pettine.