La penna degli Altri 02/09/2009 10:07
La dignità di Spalletti, lassenza della società

Avrà chiaro Ranieri, ma ci arriveremo diffusamente più avanti, che dalla Roma, da questa Roma appena reduce da un mercato fallimentare, sul piano degli investimenti non potrà aspettarsi molto. Avrà però a disposizione una squadra che, al di là della fragilità societaria, resta ancora la componente più ricca e più affidabile. Da Mexes a Juan, da De Rossi a Pizarro, da Totti a Vucinic e Baptista, ci sono ancora giocatori di primissimo piano: bisognerà lavorare sul gioco, sullessere squadra, sullentusiasmo, sullo spirito di corpo. Può farcela Ranieri, romano de Testaccio, uno che ha lesperienza, le conoscenze, la personalità per gestire situazioni delicate. Certo, Ranieri non è - almeno nei contorni, nel profilo - luomo a cui affidare un ciclo. Ma, senza voler essere offensivi, non cè nulla in questa Roma che dia limpressione di un ciclo che comincia. A partire, ma come detto anche a questo arriveremo, da una società avvitata nei suoi problemi e nei suoi debiti. Con Rosella Sensi che non più di un mese fa ha dichiarato di essere pronta a cedere. A qualcuno - ha aggiunto che vuol bene alla Roma. Sottovalutando però il fatto che i tifosi, diciamocela tutta, non storcerebbero certo la bocca di fronte a uno come Abramovich...
ntanto se ne va Spalletti, che come tanti suoi predecessori ha giocato danticipo, sostituendosi alla società, che pure avrebbe il dovere di essere lei a capire e prevenire la situazione. Invece no. Dalla Roma (già allora praticamente guidata da Rosella Sensi) per motivi familiari se ne andò Prandelli, dalla Roma se nè andato Voeller, dalla Roma se ne andò addirittura Del Neri, rompendo gli indugi della presidentessa, dalla Roma se ne va appunto Spalletti. Non è, per la verità, un bel complimento per un club, per una dirigenza, che dovrebbe sapere come e dove intervenire, senza lasciare sempre agli altri la responsabilità di un passo così importante, decisivo. Spalletti, anche Spalletti, lha fatto, stravincendo sul piano dellimmagine. Di fronte a una situazione di cui come tutte le componenti è responsabile, ma soprattutto di fronte a una situazione in cui non si riconosceva più, con una mossa che gli fa onore lallenatore giallorosso ha presentato le dimissioni, rinunciando al secondo stipendio più ricco del calcio italiano. Dicono che magari presto andrà allestero, che forse ha già in testa una soluzione alternativa: se anche fosse tutto vero, non toglierebbe nulla al gesto. Avrebbe anche potuto tirare la corda Spalletti e, nel giro di pochissimo tempo, mettersi nella condizione di farsi licenziare. O forse no, forse questo non gli sarebbe successo, considerando le amnesie e le assenze di una società che avrebbe sopportato ancora chissà cosa, una società talmente timida da non avergli mai chiesto - ed è un esempio - se fosse vero che aveva incontrato (esattamente un anno fa) il Chelsea. Talmente timida da aver perso tre mesi, indugiando in una decisione che - se doveva essere questo lepilogo - bisognava avere il coraggio di prendere a giugno, alla fine di un campionato definito fallimentare proprio dallallenatore.
E invece no.
La Roma ha atteso di far trascorrere un mercato così povero che non si ricorda a memoria di tifoso, ha atteso di perdere le prime due partite, ha atteso di far esplodere alcune situazioni per poi intervenire. Anzi, no. Per non intervenire. Limitandosi a registrare le nuove dimissioni, questa volta di Spalletti, per poi mettersi a discutere di soldi con Ranieri. Unaltra dimostrazione di totale assenza di strategie: ma si può incontrare un tecnico prima di aver accettato le dimissioni dellaltro e - paradossalmente - neppure garantirsi dal punto di vista economico? La farsa è andata avanti fino a tarda sera. Unaltra sconfitta a livello di comunicazione.
Spalletti, come detto, ha sbagliato e ha sbagliato molto. Prigioniero spesso del suo modulo, incapace di assorbire le pressioni, responsabile oggettivo di uninfinità di infortuni; a volte incomprensibile nel suo vocabolario troppo ricercato e nei reali rapporti con alcuni giocatori. Lanno scorso, si diceva, con De Rossi. Stavolta, si sussurra, con Totti. Però a Spalletti bisogna riconoscere a gran voce di aver valorizzato e rivitalizzato nei suoi primi anni uninfinità di giocatori, di aver mostrato in alcuni frangenti il più bel calcio del campionato, di aver fatto lui la società, di aver guidato la squadra italiana che un anno e mezzo fa è andata più avanti in Champions, di aver sfiorato lo scudetto. Già, si dice: dovè finita la squadra che appena un anno e mezzo fa ha sfiorato lo scudetto? Discorso semplicistico, perché lInter, la squadra che poi lo ha vinto, quello scudetto, nel frattempo ha aggiunto Santon, Lucio, Motta, Etoo, Snejider, Milito, ha addirittura cambiato allenatore il giorno dopo la decisiva partita a Parma: in una parola quella squadra si è rigenerata, perchè nel calcio non cè nulla di più pericoloso dellimmobilismo.
Ci pensi, Rosella Sensi, che un anno fa - al suo allenatore - non chiese neppure perché si fosse incontrato con il Chelsea. O che, due giorni fa, non si è chiesta neppure se sia vera la storia di Juan. Non me la sento di giocare, avrebbe detto a Spalletti, poche ore prima di volare in Brasile per aggregarsi alla nazionale, accompagnato allaeroporto da unauto blu della società. A voi tutto questo sembra normale?