La penna degli Altri 12/06/2009 09:35

Fisco, stadi e tv: la forza della Spagna

Tenerlo a Manchester controvoglia sarebbe forse stato un problema, ed è anche su questo non trascurabile dettaglio che Florentino Perez ha fatto leva. Il Real può avvalersi della cosiddetta «legge Beckham», varata dal governo di Madrid nel 2005: per attrarre, si diceva, «cervelli stranieri» si è consentito di abbattere per 5 anni al 25% la loro aliquota. Un vantaggio competitivo non da poco, visto che così ogni club iberico paga il «costo del lavoro» il 30% in meno di un club italiano, e quindi ha un margine nettamente superiore per fare le sue offerte.

Tra l’aliquota massima britannica al 50% e il 25% spagnolo si collocano i livelli di tassazione cui sono sottoposte le star della Bundesliga (45%), della serie A (43%) e della Ligue 1 (40%). Il che spiega perché altri talenti (Ribéry?) non possano essere considerati fuori pericolo. E anche perché da presidente dell’Uefa Michel Platini nutra più di un dubbio su un situazione «che solleva di nuovo e in maniera più acuta la questione del fair play finanziario e dell’equilibrio delle nostre competizioni».



Ma questa è solo la prima parte del problema. Se è vero che il neopresidente del Real può permettersi una sorta di «dumping» del pallone, i milioni di euro promessi allo United e al Milan bisogna pur averli in tasca. Il vulcanico Perez, da questo punto di vista, può essere assimilato ai vari oligarchi o sceicchi che hanno invaso i campionati occidentali. Nella sua classifica 2009 dei super-ricchi Forbes lo mette al 397mo posto e lo accredita di 1,8 miliardi di dollari di patrimonio.

Certo, Abramovich e Al Fahim sono a un livello superiore. E grazie a un super contratto per diritti televisivi da 1,8 miliardi di sterline per il 2010-13 la Premier League rimarrà ancora a lungo la prima al mondo: con un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro sopravanza di un miliardo secco Liga, Bundesliga e serie A. Qui gioca anche il contributo degli stadi di proprietà: dal ’92-’93 i club della Premier League vi hanno investito 2 miliardi di sterline. In Italia il primo sarà quello della , nel 2011. Due terzi dei ricavi di Real e provengono da attività legate allo stadio e di tipo commerciale, in Italia si è fermi intorno al 40%.

Se le star non ci sono, comunque, il giocattolo rischia di incrinarsi anche a Manchester o a Madrid. A maggior ragione in Italia, dove i grandi giocatori esteri latitano e il rapporto stipendi-ricavi è elevato. Quello della serie A è il maggiore delle «Big Four»: il 68% contro il 63% della Spagna, il 62% britannico e il 45% della Germania. Prima di pensare a sfidare Perez, o Abramovich, bisognerà forse sfornare tanti Santon. E vincere.