In The Box 16/10/2024 18:32
Piazza Che Guevara
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Che Roma sia una grossa piazza di paese lo hanno capito tutti. Perché a Roma tutti sanno tutto di tutti, anche di quelli che si considerano più furbi degli altri. In questo contesto, chiunque può parlare di tutto. Se l'argomento poi è il calcio, e in particolare la Roma, il tutto si estende all'infinito. Ognuno detta le regole che andrebbero seguite per fare management, per fare business calcistico, per fare calcio. Negli ultimi anni c'è stata pure tanta gente che a parole di sarebbe sostituita al meglio ad architetti e urbanisti per risolvere gli annosi problemi legati all'ipotetico stadio della Roma. Una piazza di allenatori, di CEO mancati, di comunicatori e di rivoluzionari. Sempre con le terga degli altri.
Juric ha parlato. Intervistato dal Corriere dello Sport. Ha dipinto la Roma come il giardino dell'Eden. Apriti cielo. Con ogni mezzo di comunicazione di massa si è scatenata un'onda mista fra stupore, sarcasmo e indignazione. I critici hanno indossato il basco e la blusa militare per andare alla rivoluzione. Perché si aspettavano che Juric radesse al suolo Trigoria. Che evidenziasse le lacune dirigenziali, l'assenza di figure professionali. Che si spingesse oltre dicendo che "Pellegrini è 'na pippa e Dybala è fracico". Insomma, a seconda del momento storico si desidera che gli allenatori dicano quello che vorremmo che dicessero.
Però riflettiamo insieme. Juric ha detto esattamente quello che affermava De Rossi fino a un mese fa, in conferenza stampa come nei post match. De Rossi chiamava per nome i dirigenti, evidenziando come andassero tutti d'amore e d'accordo. La Souloukou era semplicemente Lina. Lombardo era Maurizio, Ghisolfi era Florent. E ci fu una parte di piazza Che Guevara pronta ad affermare che De Rossi fosse diventato un aziendalista sottone che si era venduto in cambio di un ricco triennale. Talmente aziendalista che è stato cacciato dopo neanche un mese di campionato.
Perché a piazza Che Guevara vale tutto. È frequentata da uomini e donne duri, puri e immacolati. La parola aziendalista ha sempre e soltanto un'accezione negativa. Se non bastoni sei un leccaculo scendiletto. Se non ti allinei al pensiero più banale ti sei fatto comprare da qualcuno. Filosofia da scantinato ammuffito. Sempre fino a prova contraria. Sempre con le terga altrui. Perché fino a prova contraria? Perché secondo il criterio che vorrebbe l'allenatore della Roma nei panni del contestatore del club che lo paga, l'allenatore perfetto dovrebbe essere Mourinho, che non si è mai fatto scappare la chance di bastonare club e calciatori quando lo riteneva opportuno. Eppure all'epoca la più grossa colpa che gli veniva addossata era proprio quella di andarci giù in modo troppo duro. Che non si poteva permettere di usare certi toni e certi vocaboli nei confronti di chi lo paga e dei suoi ragazzi.
Quindi? Perché oggi Juric, e ieri De Rossi, sono nella migliore delle ipotesi dei sottoni aziendalisti e nella peggiore dei professionisti che hanno venduto l'anima al diavolo? Non sarà che ci sono pochi allenatori al mondo che si possono "permettere" la sciabola mentre gli altri, in erba come De Rossi o alle prese con l'occasione della vita cone Juric si siano trovati e si trovino nella condizione di dover gestire la propria strategia comunicativa in modo diverso da come la desiderano, a parole, gli hasta la revolucion di piazza Che Guevara? Che poi i barricaderos massmediatici sono quelli dell'armiamoci e partire. Perché la rivoluzione è bella solo se le chiappe a rischio sono quelle degli altri.
In the box - @augustociardi75