In The Box 04/04/2024 14:32
Un milione di anni fa
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Pur di creare dualismo sempre e comunque, lo avevano chiamato Mau. Affinché fosse Mou contro Mau. Mou e Mau, e agli over 50 verrà in mente il cartone animato di quasi cinquant'anni fa con due gattini che si esprimevano con suoni onomatopeici, Mio Mao, sicuramente meno brutti dei Teletubbies. Mourinho e Maurinho, Jose e Sarri. Sembra passato un'era geologica. Il primo cacciato a metà gennaio, il secondo dimissionato dallo spogliatoio un paio di settimane fa.
Dovevano segnare un'epoca, hanno comunque scritto capitoli importanti della storia di Roma e Lazio. Mourinho ha portato una coppa e mentre stava per alzare la seconda ha subito una rapina mai denunciata. Sarri ha riportato la Lazio in Champions League al termine di un sontuoso campionato di Serie A chiuso al secondo posto. Ma il calcio brucia in fretta. E dimentica ancora più velocemente. Durante la primavera di tre anni fa, molti operatori nel settore dei media pendevano dalle labbra di Tiago Pinto, e davano per scontato che alla Roma arrivasse proprio Sarri. Chi parlava di Mourinho, veniva deriso. Si prese atto che Sarri sarebbe stata la risposta di Lotito al colpo della Roma. Di solito funziona così. Roma e Lazio corrono i rischi di impresa in reazione ai successi della rivale metropolitana. Stile Sensi, che reagì allo scudetto di Cragnotti eclissandolo con l'annuncio e la presentazione di Batistuta.
Quindi, Mourinho e Sarri. Due modi di allenare diversi. Due carriere super rispettabili. Non solo per i trofei. Pure per storia. Per amore che mettono nel lavoro quotidiano, di cui non possono fare a meno. Entrambi si sono "presi" lo spogliatoio dal primo giorno. Nel giro di un'ora dall'annuncio avevano già conquistato le rispettive piazze. Entusiaste, perché oggi più che mai i grandi allenatori fanno più notizia e hanno più appeal dei calciatori. Hanno puntato entrambi sul nucleo storico dello spogliatoio. Da Pellegrini a Immobile, da Cristante a Cataldi, e poi Mancini e Romagnoli, scelti come pretoriani dai due allenatori. Entrambi lamenteranno difetti di comunicazione con le due società. Da un lato c'era Tiago Pinto, dall'altro Tare. Non ci sono più manco loro. Da un lato c'è il silenzio assordante dei Friedkin che copre persino le parole di prassi del connazionale di Mourinho. Dall'altro Sarri ha fatto i conti coi momenti di incontinenza dialettica di Lotito, che quando decide di parlare travolge. Né Mourinho né Sarri hanno subito intrusioni. D'altronde, se ingaggi che come loro è impensabile che qualcuno del club metta bocca sulle loro scelte.
Il rapporto con le tifoserie è un abbraccio di amore e fiducia. In modo quasi plebiscitario uno viene osannato come un imperatore, l'altro viene nominato comandante. Entrambi, seppure in modalità diversa tra loro, propongono uno stile comunicativo col marchio di fabbrica. Entrambi hanno fatto i conti con gli haters. Fare gli haters dei grandi personaggi porta sempre porta visibilità. È come imboccare la Pontina contromano. Fai parlare di te. Molti haters hanno finto amore e stima per due anni e mezzo, salvo riversare bile a fiumi all'atto dell'addio. Questione di personalità: sto col potente fino a quando è potente, quando non lo è più, lo scarico con nonchalance sperando che non se ne accorga nessuno. Un grande classico da bassifondi della comunicazione.
Il rapporto coi derby di Roma è stato traumatico per Mourinho, eccezion fatta per il capolavoro del 20 marzo del 2022, quando Abraham in una manciata di minuti lo mise in cassaforte, sigillata poi da un capolavoro di balistica di Pellegrini. Per il resto, un'agonia, tra sconfitte e assenza di tiri in porta, errori di Ibanez e di strategie tattiche. Il derby di Coppa Italia di inizio gennaio ha dato lo spintone definitivo all'era Mourinho nella Roma. L'esonero sarebbe arrivato dopo la sconfitta a Milano successiva, ma i proprietari avevano già deciso di cacciarlo. Sarri a un certo punto non ne ha potuto più. Si era lamentato del mercato, avrebbe preferito forse altri ai vari Guendhouzi, Kamada e Isaksen. Lotito non lo avrebbe mai mandato via, Friedkin, visti i risultati in campionato, stava pensando di mandare via Mourinho da parecchie settimane. Mourinho a un certo punto aveva iniziato a martellare mediaticamente affermando ogni volta di volere rinnovare e restare, sapendo che non sarebbe arrivata risposta, anche perché non c'era nessuna intenzione di farlo. Sarri mostrava insofferenza.
Partito Mourinho, la Roma ha infilato una serie di risultati molto positivi. Dimessosi Sarri, la Lazio ha vinto le prime due in campionato. Via Mourinho, nella Roma alcuni calciatori sono quasi resuscitati, anche perché rigenerati da De Rossi. Sparito Sarri, alcuni calciatori storici si sono rianimati e pure nella partita persa con la Juventus in coppa sembravano allenatori in campo, dispensatori di consigli per i compagni e totalmente votati a Tudor, tipo Luis Alberto. Nel calcio funziona così.
Sabato sarà il primo derby senza Mourinho e Sarri in panchina, ma con due giovani allenatori. De Rossi e Tudor. Probabilmente un bene per la Roma, viste le sofferenze della Roma di Mourinho già descritte. Il derby di due squadre che stanno provando a voltare pagina. Con la sensazione che anche stavolta Friedkin e Lotito abbiano scelto gli allenatori giusti. Come, al netto dei punti bassi, lo sono stati Mourinho e Sarri. Perché, a parte gli immarcescibili contestatori a prescindere, arriverà un momento in cui le due piazze si ricorderanno soltanto i momenti belli dei due anni e mezzo in panchina di due allenatori di livello come loro. Quasi un lusso per Roma e Lazio. Che non potendo cambiare una mezza dozzina di titolari, hanno dovuto, una per scelta l'altra per constatazione dei fatti, ripartire da allenatori diversi. Che da calciatori si sono già affrontati più volte.
In the box - @augustociardi75