In The Box 14/08/2023 12:17
Matic: tutta la verità
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Tanti si chiedono: come è possibile che un super calciatore carismatico, esperto, voluto fortemente dell'allenatore a sua volta super, un calciatore che ride, scherza e fa video virali simpatici con uno dei compagni preferiti fino a qualche giorno fa, possa di punto in bianco voltare le spalle al club, all'allenatore, ai compagni di squadra e ai tifosi? Nelle ore in cui si parla di alto tradimento alla ragion di Stato di Roberto Mancini, nella Roma il caso Nemanja Matic è stato l'aperitivo che ha aperto lo stomaco. Creando però grossi disturbi gastrici.
Che tu sia serbo o nato a Jesi, la regola spesso è sempre la stessa. Ci si fa gli affari propri. Per non dire i cazzi propri. Si curano i propri orti e interessi, si volta la faccia senza preavviso. Anche se nel caso di Matic c'erano avvisaglie di cui ora ancora più dettagliatamente, veniamo a conoscenza. Che riguardano lui e lo spogliatoio. Calciatore forte, fortissimo, ma puntiglioso nel discutere persino i benefit messi a disposizione dal club, a cominciare dalla casa in cui abitare, e Matic è stato uno che ha fatto storie pure quando la Roma gli faceva vedere villini e appartamenti dove avrebbe dimorato nel suo anno più uno di permanenza. Il più uno non c'è stato, perché la rottura è arrivata a inizio agosto, ma scopriamo oggi che poteva avvenire qualche settimana prima. Perché per Matic era un problema iniziare il secondo anno di contratto senza avere prospettive per le stagioni successive. Quindi è esistita la possibilità che non tornasse dalle vacanze estive. Poi torna, e siamo alla quiete prima della tempesta. O meglio ancora nell'occhio del ciclone.
Perché la Roma parte per le Algarve e lui palesa la volontà di andarsene, senza se e senza ma. E inizia a parlare e a lamentarsi dello spogliatoio. Fa capire che il gruppo storico che fa capo a Pellegrini, Mancini e Cristante più che fare gruppo fa gruppetto, il che non facilita l'inserimento dei nuovi, crea dissapori interni, non agevola la crescita della squadra. Ne parla con Mourinho, gli dice palesemente che vuole andare via. Mourinho capisce che su Matic non può più contare. Lo capisce pure il gruppo squadra, per molti, evidentemente non per tutti, Matic era un grosso punto di riferimento. Il gruppo si sente tradito. Mourinho si sente tradito. Ma la stagione è alle porte. Gli dice ok, se ti dà il permesso la società vai via, ma la Roma ha bisogno di soldi, perché anche solo per il prestito del sostituto servono almeno tre-quattro milioni.
Qui Matic si impunta, perché il contratto con il Rennes è ricco, ma in quanto non prevede che si paghi un corrispettivo per il cartellino. E qui è la Roma, giustamente, a mettersi di traverso. Matic vai via se il club che ti vuole paga noi. Inizia la guerra interna. Iniziano i malanni della stagione dei calciatori che forzano la mano, che fanno intendere che in caso di permanenza ci sia il rischio che quel problemino fisico che lamentano potrebbe ledere il rapporto e l'utilizzo. Un affaticamento qua, un'emicrania là. Nessuno spogliatoio è perfetto. Neanche quello della Roma. Lo sa qualsiasi allenatore, lo sa pure Mourinho. Lo sanno pure le persone che sul web, nelle radio e in tv provano a informare su queste vicende e in cambio ricevono insulti volgari, perché alla massa fa sempre comodo sentirsi dire ciò che desidera, magari da chi per avere consensi dice e scrive che va tutto bene madama la marchesa, prendendo per i fondelli lettori, ascoltatori e telespettatori, sperando di garantirsi immunità e favori del popolo. I gruppi esistono in ogni squadra, da sempre, ma un allenatore deve poi guardare alla finalità del suo lavoro, tenere uniti i molti anche a scapito dei mal di pancia dei pochi o del singolo.
Perché Mourinho lo ha spiegato anche al serbo, la Roma non è il City, non può fare rivoluzioni tecniche, non potendo permettersi di spendere decine se non centinaia di milioni di euro per rifare la squadra, per sradicare problemi in una sola mossa. L'allenatore della Roma deve tenere unite le fila. Semmai, assumendosi le proprie responsabilità, sarà lui a evidenziare in pubblico casi o vicende scabrose. Oneri e onori. Matic non accetta questo discorso, non si riallinea. La Roma torna dal Portogallo e la radiografia a Matic evidenzia che la frattura è insanabile. Pur di andare via, dipinge di nero anche il grigio. Il serbo è arrabbiato perché se il Rennes paga il cartellino, non può coprirlo di soldi come prospettato. Gli fa male la testa, si sente influenzato, non si allena più, non si allena più col gruppo che nel frattempo lo ha delegittimato come chiunque altro a Trigoria fa nei suoi confronti.
Entra in scena il suo agente, tutt'altro che contento della presa di posizione del suo assistito, prova a mettere in campo la diplomazia. Spiega che Matic non si sente garantito dal dovere giocare col contratto in scadenza, gliene serve almeno un altro. Parla con Mourinho, l'allenatore gli risponde che la situazione non può mutare. Che nella Roma ci sono stati e ci sono calciatori che giocano in scadenza. Lo hanno fatto, tra gli altri, El Shaarawy e Smalling, lo sta per fare Rui Patricio. Fa parte del gioco. Fa parte del gioco ancora di più per i calciatori in età avanzata. A questo punto però Matic e lo spogliatoio non possono più ricongiungersi. Si è messo contro tutti, anche chi aveva con lui un eccellente rapporto, a cominciare dal tecnico. Ultimo atto. L'agente media col Rennes, la Roma gli impone, per l'addio, di fare pagare il cartellino.
E così Matic va via, Pinto accetta l'offerta. Andrà a fare foto e storie simpatiche sui social coi nuovi compagni. Con buona pace di chi in buona fede pensava che bastassero due scherzetti banali con Dybala postati su Instagram per farne un nuovo centurione fedele all'Impero. E con buona pace di chi, non in buona fede, negli ultimi mesi, e ancora di più nell'ultima settimana, ha coperto di insulti chi ha provato a raccontare sul web e in radio dinamiche interne dello spogliatoio della Roma, che nei rapporti interpersonali e di gerarchia fa i conti con la quotidianità tipica di ogni ambiente di lavoro. Dove c'è chi fa gruppo e gruppetto, chi chiede aumenti e si lamenta nei corridoi, chi discute i benefit, chi fa due parti in commedia, chi si accorda con altri, chi si mette di traverso, chi fa mettere di traverso gli altri. Morale? Forse una. Non pendere dalle labbra di nessuno. E poi anche diffidare di chi, per scelta o interessi, descrive gli ambienti calcistici come paradisi terrestri.
In the box - Augusto Ciardi