In The Box 17/01/2023 15:33

Se non lascia, raddoppia

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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Tutto ruota attorno alla parola "garanzie". Il futuro, insieme, di Roma e Mourinho ruota attorno alle garanzie che il tecnico vuole per completare ed eventualmente, chissà, allungare il suo rapporto professionale in giallorosso. A Roma sta bene, si è capito. Non è venuto a svernare, e conoscendolo era inimmaginabile una cosa del genere, per uno che vive di stimoli e si nutre di ambizioni future. Così come avevamo detto e scritto che il suo futuro prossimo non sarebbe stato sulla panchina di una Nazionale. Neanche quella del suo Paese.

Quindi? Con la proprietà che neanche se fosse affiancata da dieci partner potrebbe aggirare i paletti Uefa del fair play finanziario, quali garanzie cerca Mourinho? Perché ognuno di noi per istinto primordiale ha pensato al mercato, agli acquisti. Logico, sacrosanto. Ma non solo. Gli ultimi due anni hanno evidenziato che il campionato non necessariamente viene vinto dalle squadre più ricche e con le rose più ampie. Servono strategie. Mirate. Concordate. Guidate. Distinguibili. E le strategie della Roma vanno riviste se non rivoluzionate.

Perché, sempre in funzione del calciomercato, se non puoi immettere soldi, devi fare soldi. Creare patrimoni. Vendendo bene, o lanciando altrettanto bene, per poi comprare ancora meglio. Lanciando giovani del vivaio o ragazzi che arrivano da altri campionati. La Roma, Mourinho, sta proponendo ragazzi come mai aveva fatto negli ultimi trenta anni (Zalewski, Bove, Tahirovic, Volpato, più Felix venduto a quasi dieci milioni, più, prossimo al lancio, Majchrzach), ma da troppo tempo non compra giovani stranieri per la prima squadra che poi faranno la differenza (in realtà ne ha preso solo uno in due anni, Reynolds, ma era meglio non prenderlo). Servono quindi strategie, ma anche scaltrezza, pelo sullo stomaco, esperienza, rapporti nei salotti che contano, lungimiranza. Alzi la mano chi ha abbinato ognuna di queste caratteristiche a Jose Mourinho.

E se le garanzie che chiede fossero legate al suo ruolo? Da arricchire? Ricordate Ferguson? Uno dei più grandi allenatori della storia. Pardon, chiamarlo allenatore era riduttivo, anche se in Inghilterra è più semplice, perché da loro l'allenatore si chiama manager, mentre da noi il manager sta tutto il giorno in giacca e cravatta e lavora dietro a una scrivania. Ma ci siamo capiti. Ferguson allo United ma anche Wenger all'. Molto più di semplici allenatori. Nella terra dove l'allenatore può essere dirigente per sfera operativa ma anche calciatore, come per esempio l'indimenticabile Luca Vialli nel Chelsea. In Italia ci sono allenatori che per peso specifico sono stati o sono tuttora più che semplici coach. Mourinho è tra questi. Quindi? Come vuole arricchire la sua operatività visto che già chiama calciatori in odore di Roma, ruba involontariamente la scena mediatica a chiunque, telefona a Dybala per farlo rientrare prima dall'Argentina, e visto che ha già un ascendente enorme dentro e fuori Trigoria? Accentrando su di lui ancora di più le strategie future, e dandogli maggiore operatività nella gestione delle macro vicende riguardanti, per esempio, i calciatori. Domenica Zaniolo è rimasto a casa per problemi di salute. Prima del match, Tiago Pinto ha parlato in tv dicendo che il ragazzo aveva fatto sapere di avere la febbre e che il giorno dopo avrebbe fatto il controllo a Trigoria. Niente di eccezionale come dichiarazione, e nemmeno di sbagliato. Ma molti hanno interpretato con malizia. Che vuol dire controllo a Trigoria? Pinto ha parlato dell'iter di prassi. Forse però era il caso di limitarsi a dire "sta male, ha la febbre"? In un momento in cui Zaniolo è per la prima volta alle prese con un plebiscito di benevolenza ed entusiasmo che non c'è più nei suoi confronti, chi vuole gettare ombre, si aggrappa ai labiali e alle esegesi dei testi. Non a caso Mourinho tre giorni prima aveva difeso a spada tratta il calciatore dopo i fischi quando è stato sostituito durante Roma-. Aveva capito il momento che sta vivendo. Le cose dipendono, anche, da come si dicono.

Ciò non significa che è guerra fra Mourinho e Pinto, lo abbiamo detto e scritto, ma soprattutto lo ha detto l'allenatore. Le garanzie che cerca Mourinho non deve dargliele Pinto. Viaggiano a livelli nettamente superiori. E loro vivono, per essenza, su piani diversi. Un incarico con maggiori poteri operativi deve essere legittimato da Dan Friedkin. Magari certificato da un rinnovo contrattuale. Che permetterebbe, anche in funzione di queste novità, di ragionare sulle proiezioni, riscrivendo i programmi, pianificando un futuro che più passano i mesi e più diventa mordi e fuggi. La Roma che si lega ancora più a Mourinho partendo dal presupposto che Friedkin non ci pensa neanche lontanamente a liberarlo qualora il tecnico decidesse di chiederlo. Ma allo stesso tempo finora non ha dato a Mourinho queste benedette garanzie che il tecnico chiede, quantomeno per chiudere il cerchio del suo triennio. E a quel punto sarebbe ipotizzabile pensare persino a un prolungamento dell'accordo.

E Pinto? Una cosa non esclude l'altra. Anche lo United di Ferguson e l' di Wenger avevamo bravissimi direttori sportivi e dell'area tecnica. Ma le aree tecniche avevamo come figure apicali Ferguson e Wenger. Non sarebbe Mourinho a trattare la cessione di Felix alla Cremonese o a negoziare il rinnovo di Cristante. Che poi Pinto non è soltanto un uomo mercato, è un manager che al Benfica ha dimostrato di sapere svolgere incarichi dirigenziali diversi. Semmai, coi poteri conferitigli da Friedkin, Mourinho avrebbe più potere di indirizzare le scelte del club. Se proprio non posso avere più soldi a disposizione per il mercato, quantomeno voglio gestire ciò di cui disponiamo. Se possiamo prendere un parametro zero magari invece di Solbakken ne indico un altro, in un altro ruolo, perché magari Solbakken, che mi piace, gioca in un ruolo in cui io allenatore ho già Dybala, Zaniolo e Volpato. Mourinho che indirizza, perché un conto è convincere Dybala e Wijnaldum, un conto è avere tutto sotto controllo. E se c'è da parlare dei calciatori, visto che li ha sottomano tutti i giorni, parla lui. Ben conoscendo che tipo di ascendente abbia quando parla sugli interlocutori e su cui ascolta.

Il punto non è necessariamente Mourinho o Tiago Pinto. Anche perché sarebbe ingeneroso dovere scegliere fra i due. Non ci sarebbe match, per la piazza. Ma si possono ridiscutere i ruoli, modificare l'organigramma, e Mourinho si assumerebbe ancora più responsabilità, perché ancora di più oltre agli onori, farebbe i conti con gli oneri. Aprirebbe strade nuove di mercato grazie a sinergie con agenzie di calciatori diverse dalle solite battute in Italia, eviterebbe equivoci dialettici legati a interviste che finiscono poi per creare dualismi mediatici. In conclusione, il Mourinho 2.0 di cui parlavamo quando avevamo capito che era pronto a venire alla Roma e che poteva venire a Roma, lascerebbe il posto al Mourinho 3.0. Il coach manager. Insomma, se non lascia, raddoppia. Trovando da Friedkin quelle garanzie che chiede, per darne lui ancora di più a una piazza che in Mourinho vede sempre un enorme punto di riferimento.

In the box - @augustociardi75