In The Box 04/06/2022 15:17
Fiducia e crediti, pesi, misure e pirla
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Tre stagioni. 87 partite in Serie A, 27 gol. 26 partite nelle coppe europee, 1 gol. Mica male per chi, dopo un'esaltante carriera a cavallo tra Dortmund e United, dove con Mourinho aveva vinto l'Europa League al primo tentativo, dava la sensazione di avere imboccato la fase discendente del suo percorso inglese. Henrich Mkhitaryan lascia la Roma da svincolato, dopo tre campionati e tre contratti, sempre rinnovati fino alla sua decisione ufficializzata ieri. La Roma poteva e aveva intenzione di tenerlo. Ma non al punto da renderlo indispensabile. Sarebbe bastato meno di un milione di euro a stagione per fargli cambiare idea, o forse no. Fatto sta che va a Milano. Troverà Dzeko, gli avrà raccontato che, in fondo, si sta bene nell'Inter pur vedendola giocare spesso dalla panchina.
Classe innata, qualità superiore, a Roma ha faticato il primo anno quando non è riuscito a sfuggire alla regola degli infortuni. Poi in campo ha sempre mostrato di essere superiore alla media. Ha ritrovato Mourinho, da uomini intelligenti hanno messo alle spalle vecchie ruggini, e dopo tre mesi in cui sembrava viaggiare con un pistone in meno, ha dipinto calcio come sa, anche in mediana, fino alla partita di andata delle semifinali, a Leicester. Va via, amen. Ciao Miky, senza rancore. È più o meno questo il pensiero che mostrano moltissimi tifosi della Roma all'atto finale. Tutto qui? Nessuna accusa al giocatore? Nessuna reprimenda e nessun insulto alla società? Nel complesso no, perché qualcosa è cambiato rispetto a due anni fa.
Oggi ci si fida del club. E ci si fida di Mourinho. Accadrebbe lo stesso se a partire fosse pure Zaniolo. Fiducia non fa rima con gioia o soddisfazione, si concede in base alla stima di chi la riceve, la fiducia è un credito. In passato, negli ultimi dieci anni, la Roma aveva abituato alla cessione di alcuni pezzi da novanta, ma non godendo della fiducia della folla, ogni perdita era un'amputazione più che una dipartita tecnica. Anche quando i sostituti si sono dimostrati migliori dei partenti. La fiducia si può concedere come credito iniziale ma poi bisogna meritarsela. E nella prima vera sessione con Daniel Friedkin presidente in cui la Roma saluta un pezzo da novanta, a favore di chi perde il giocatore gioca la carta della vittoria. Il trofeo porta fiducia. Allevia le partenza, offre credito.
Immaginate se a Tirana avesse vinto il Feyenoord. Il giorno dopo, forti dell'endorsement di Totti, molti avrebbero preteso Dybala. Invece oggi al massimo lo sognano. E all'addio di Mkhitaryan sarebbe quantomeno emersa l'esclamazione "eccallà, ce risemo!". E invece no. C'è fiducia. Perché l'impegno economico della proprietà non si limita "soltanto" ai quasi 400 milioni iniettati nelle casse per le spese vive o ai soldi usciti per rastrellare azioni. La Roma spende anche sul mercato. Quindi c'è grande fiducia del fatto che Mkhitaryan non verrà rimpiazzato da Rog del Cagliari. E che se partisse Zaniolo il suo posto non verrebbe preso da Okereke del Venezia. Fiducia che si trasmette anche sulla vicenda rinnovi.
Una volta c'era fretta di "blindare" i gioielli di famiglia. Oggi si osservano le mosse della società senza ansia. A differenza dei grandi commentatori del pallone che come al solito pesano diversamente le strategie dei club. E allora, anche nell'estate 2022, se Juventus e Milan perdono a zero euro alcuni campioni parte la fanfara: bene! Bravi! Bis! Se la Roma prende tempo prima di negoziare il rinnovo di Zaniolo del contratto che scade nel 2024, arriva la valanga: "pirla di un Friedkin, cazzo fai?? Ti soffiano Zaniolo, dilettante!". Già, loro fiducia alla Roma non la concederanno mai. Pazienza.
In the box - @augustociardi75