In The Box 09/11/2020 13:52
Le scarpe di Fonseca
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Mirante titolare a trentotto anni quando sembrava che la Roma dovesse convivere con la porta rimasta spalancata per colpa di errori di spesa commessi negli ultimi due anni. E in più il recupero, difficilissimo, di Pau Lopez, al quale dare fiducia in Europa League e, perché no, pure in campionato.
La necessità da trasformare in complicatissima virtù sulla fascia destra, dove senza troppi danni e persino con evidenti pregi, si alternano Karsdorp, reduce da tre stagioni da incubo, Bruno Peres, che fino a febbraio non giocava neanche nella Serie B brasiliana, e Santon, costretto a temere più i guai muscolari che gli avversari. Il dietrofront di Pellegrini verso la linea mediana, lui che un anno fa aveva fatto venti metri in più per piazzarsi dietro la punta per volere del tecnico, che a inizio stagione invece è tornato sui suoi passi, poco convinto da Diawara, poi ai margini causa Covid, e in attesa di una crescita graduale del giovane Villar (tenendosi Cristante come dodicesimo). Il via libera alla difesa a tre (col lancio di Ibanez, che aveva un costo di cartellino da calciatore di talento, ma prima di luglio non aveva mai giocato un minuto in Serie A), con conseguente consacrazione a sinistra di Spinazzola, libero di volare sulla fascia senza assilli difensivi. La capacità, già nota, di non nascondersi dietro la sfortuna, che col campionato in fase di decollo ha lasciato a terra Zaniolo, puntando (dosandola) sulla più bella coppia di trequartisti-mezzepunte della Serie A, Pedro e Mkhitaryan, gli artisti alle spalle di Dzeko, dal quale la Roma sta finalmente imparando a emanciparsi, perché non sempre può fare gol lui, e perché non sempre può scendere in campo lui.
Il turnover spinto in Europa League, grazie anche al girone di primo turno agevole, che tiene vivi tutti gli effettivi della rosa (persino Juan Jesus e Fazio) per gestire le risorse e la fatica. Paulo Fonseca non ha mai perso il controllo della Roma. Neanche quando sembrava stesse per saltare il banco, men che meno quando veniva discusso pure dopo l'ennesimo risultato positivo consecutivo. Calma, strategia, aplomb, scelte nette e spesso impopolari, consapevolezza che, alla fine, se le cose vanno male, paga sempre l'allenatore. E allora meglio rischiare in proprio, senza lasciare nulla di intentato. Il portoghese ha cambiato marcia quando la Roma ha perso l'ultima partita in Italia, contro il Napoli, a luglio, perché già in quell'occasione decise che bisognava modificare il percorso, tattico e di scelte tecniche. Senza badare a gerarchie, luoghi di nascita dei calciatori, palmares. La strada che ha imboccato porta la Roma al terzo posto, sconfitta soltanto in segreteria alla prima giornata. Quando per i più attenti aveva già mostrato, da tempo, quei tratti da bravissimo allenatore che ora in molti stanno notando. Perché quel Verona-Roma si giocò nei giorni in cui era più semplice immaginare come avrebbe giocato questa squadra se fosse stata allenata da Allegri, o come la avrebbe sistemata in campo Sarri se si fosse liberato dalla Juventus. Per Fonseca questi non sono i giorni della rivincita. Non ha sassi da togliersi dalle scarpe. Non ha tempo da perdere perché quelle scarpe gli servono per continuare a camminare a passo spedito assieme alla sua squadra.
In the box - @augustociardi75