In The Box 10/09/2020 19:44
Le disastrose stagioni del calcio
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Nonostante l'inopportuna e anacronistica ostentazione di benessere, capacità e lungimiranza, il calcio, in particolare quello italiano, mostra le sue voragini, che non possono essere mascherate neanche dagli spalleggiatori di un sistema al collasso, che fungono da chirurghi estetici di dubbia fama. Il calcio è al punto di non ritorno. Qualcuno ora pare allarmato perché Andrea Agnelli ha paventato quattro miliardi di ammanchi di fatturato nelle prossime stagioni e le colpe non possono sempre ricondursi al coronavirus.
Le più grandi società, quelle che si sono vantate di essere la forza trainante della nazione, non intaccando il monte ingaggi dei calciatori iper pagati, sin da marzo hanno mandato a casa le maestranze, fra tagli e cassa integrazione, oppure come fossero delle normalissime ditte di ristrutturazioni edili a conduzione familiare, hanno chiesto finanziamenti con garanzia statale. Quei finanziamenti ad appannaggio, causa Covid19, di privati e società in difficoltà per colpa della pandemia. Legittimati a farlo, ma fa specie appenderlo.
Il calcio è al collasso perché in Italia se compri una società conviene che questa sia fallita, che tu non abbia oneri ereditati. Altrimenti ti imbarchi per avventure complicate. Nessuno ha obbligato il gruppo Friedkin a chiudere l'operazione di acquisto della Roma, ma allo stesso tempo nessuno può imputargli ritardi causati da incompetenza o lassismo. Perché la Roma dell'ultimo biennio è stata un disastro, fuori dal campo più che in campo. E allora non è, purtroppo, una sorpresa, che a meno di due settimane dal via il mercato somigli a una corsa contro un tempo che pare già scaduto, alla ricerca di riacquisti (Smalling), incertezze figlie dell'essere perennemente in balia delle decisioni dei calciatori (Dzeko), con un amministrativo factotum che in modo fin troppo sincero ammette di non essere esperto di calcio, obbligato quindi ad appoggiarsi a mediatori che faranno sempre e comunque gli interessi della Roma dopo aver fatto i propri. Giustamente.
Se Roma piange, altrove non ridono. Si celebrano trentacinquenni (Kolarov), si archiviano e aspettano offerte per festeggiare cessioni (Allan, Koulibaly, Milik), si discute con gli allenatori reduci da eccellenti stagioni per piani rafforzamento poco chiari (Inzaghi), oppure ci si affida alla grancassa mediatica che rende oro il rame (basta un ragazzino talentuoso, Tonali, per far balzare il Milan dal sesto posto al podio di agosto), ma qui torniamo al capitolo degli improvvisati chirurghi estetici che provano col photoshop a mascherare la realtà.
Esiste la Juventus, costretta anche lei a fare plusvalenze, c'è poi l'Inter, che per il terzo anno consecutivo parte (a chiacchiere non messe in giro dal club) da Messi per chiudere con gli svincolati ultra trentenni (nonostante un anno fa provò l'all in spendendo oltre 200 milioni, chiudendo la stagione con un gigantesco compromesso fra proprietà, dirigenti e allenatore che si regge a malapena controvento). La Roma nell'estate in cui non sacrifica i suoi gioielli sull'altare del bilancio (grazie allo slittamento delle scadenze), rinuncia a quello più prezioso per uno scherzo del destino infame, agevolato da un calendario folle messo in piedi da federazioni e leghe alla canna del gas, che pur di vendere il prodotto alle televisioni ingolfano i calendari, svilendo uno sport che per i calciatori somiglia sempre di più a una roulette russa.
In the box - @augustociardi75