In The Box 20/09/2020 18:51
L'aria che tira
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - La Roma in panchina non ha l'erede di Liedholm, ma oramai si è capito che per molti Paulo Fonseca sia l'allenatore peggiore che sia mai esistito. Bersaglio facile, pur di centrarlo si mistifica la realtà. Basta la prima di campionato ed è subito #Fonsecaout la tendenza twitter che scala posizioni nella classifica di ciò che si dibatte maggiormente sui social nel sabato sera in cui la febbre si sfoga a colpi di "chiunque, purché se ne vada”. Che poi il chiunque non è neanche così generalizzato. Fonseca ha tre problemi. Il primo si chiama Massimiliano Allegri, il più bravo di tutti, che mentre la Roma viene disinnescata dal Verona, ammicca sorridente alle telecamere ballando in tv. Il secondo si chiama Daniele De Rossi, il più amato di tutti, che tutti sperano un giorno guidi la sua Roma da bordocampo, e quel giorno, per molti, deve essere oggi, al posto del portoghese. Il terzo si chiama Luciano Spalletti, il più nominato di tutti, perché quando le cose a Roma non girano si tira fuori la solita lista di nomi, i nomi mandati a memoria da decenni, che comprende il toscano, Völler, Boniek, Rocca, Falcao, e menomale che Ranieri è impegnato. Allegri, De Rossi, Spalletti. Il più bravo di tutti, il più amato di tutti, quello che più di tutti nell'era post scudetto ha fatto meglio. Fonseca è il vaso di coccio dichiarato. E poco importa se nella sua prima stagione italiana ha dovuto fare i conti con una società che mentre negoziava la cessione si disimpegnava dai propri compiti, abbandonando l'allenatore, facendo sentire ancora meno del solito la propria presenza, persino licenziando il direttore sportivo, lasciando il solo impegnatissimo Fienga (per sua stessa ammissione poco avvezzo al calcio giocato) a interagire col tecnico. Poco importa di quello che di buono, magari poco, Fonseca ha mostrato in una stagione comunque negativa anche per sue responsabilità. Ma non tante da renderlo il capro espiatorio, quello da mandare out dopo una sola giornata. Roma da record: nessuna squadra al mondo ha mai giocato una partita senza un attaccante di ruolo. Perché a Verona mancava pure Dzeko, sappiamo tutti perché, e l'unica colpa di Fonseca è stata quella di portarlo in panchina, prestandosi alla lapidazione che doveva sapere avrebbe subito in caso di mancata vittoria e mancato utilizzo. Se sai che Dzeko non giocherà, farlo sedere in panchina simbolicamente ti si ritorcerà contro. Matematico. Gli si imputano le ritardate sostituzioni, ci sta, ma bisognerebbe anche ricordare che al Bentegodi la Roma non aveva Iniesta o Gerrard in panchina. Insomma si è capito, quest'anno Fonseca deve vincerle tutte, guai a pareggiarne una, il popolo ha fatto pollice verso, e a ottobre, se arrivasse un direttore sportivo in particolare, i problemi per lui diventeranno quattro. Il quarto avrà le sembianze di Maurizio Sarri. Praticamente, chiunque, purché se ne vada. Sembrano passati otto secoli e non otto mesi da quando si diceva che in una Roma che dentro e fuori dal campo non aveva né capo né coda, l'unico che manteneva lucidità era l'allenatore. Reo oltretutto, a differenza di alcuni predecessori, di non essere bene inserito nel contesto locale. Quindi bersaglio comodo da centrare. Uno de passaggio.
Auguri.
In the box - @augustociardi75