In The Box 17/03/2019 21:06
Lo tsunami
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Nessun auspicio di catastrofe, sia chiaro, nessuno tsunami nel Mediterraneo potrebbe travolgere Trigoria o gli altri siti strategici dell’associazione sportiva. L’evento deve palesarsi in ambito tecnico. Il nuovo allenatore della Roma deve spazzare via ambiguità e interpretazioni legate alle strategie (?) del club.
La scelta della nuova guida tecnica deve impedire che dopo tre mesi inizino a proliferare le solite stucchevoli, noiose, ripetitive, deleterie, legittime, distraenti domande: chi lo ha scelto? Chi lo difende? Con chi è andato a cena fra i millanta dirigenti-consulenti-consiglieri-ex calciatori-collaboratori di ex calciatori? Chi lo vorrebbe mettere alla porta fra dirigenti-consulenti-consiglieri-ex calciatori-collaboratori di ex calciatori?
Perché Roma non fa eccezione, non è più pressante di altre piazze. Roma per indolenza si arrovella su temi sostanzialmente inutili ma che però fanno perdere tempo. E che danno vita al Palio di Roma, alla divisione in fazioni, quartieri, strade e contrade. Ieri dopo la sconfitta di Ranieri c’erano già i coccodrilli per l’ex tecnico del Leicester. Vergati da chi non aspettava altro per poter urlare “visto? Non era colpa del difra!”. Bravi, buona domenica, vi godrete post pranzo la vostra pastarella panna-crema. Passiamo alle cose serie.
Il nuovo allenatore della Roma, se non sarà proprio Ranieri (ci vorrebbe un miracolo) dovrà accentrare. Spodestare. Ridimensionare (gli altri). La Roma conta più uomini nel board ufficiale o para ufficiale che a centrocampo. Ma non riesce, forse anche per questo, a farsi “sentire”. Nello spogliatoio e fuori le mura. Fino alla scorsa settimana annoverava due direttori sportivi e uno che studia in campo per esserlo. Eppure si parlava di Ausilio e Faggiano, Mirabelli, Petrachi e Osti, sognando Sabatini. Si pensava potesse esserlo Spalletti, tre anni fa, l’accentratore. Errore grossolano, perché la sua capacità comunicativa è inversamente proporzionale alla bravura da allenatore.
Lo tsunami deve essere un tecnico riconoscibile. Che porti fatti e non teorie bislacche legate alla new wave panchinara, quelle che vanno bene per la via Emilia o per la costiera adriatica, dove se ti barcameni fra il nono e il tredicesimo posto e ogni tanto giochi il tuo calcio per un quarto d’ora in trasferta a San Siro, ti perdonano le sconfitte per sette a uno o i rovesci interni con goleada subiti dalla Sampdoria di turno. Lo tsunami in panchina deve portare alla difesa pubblica dei calciatori (poi negli spogliatoi puoi pure attaccarli metaforicamente al muro) e non alla solita imbarazzante difesa delle proprie idee. Come se nello stemma cucito sulla giacca ci fosse il simbolo di un ordine filosofico e non quello del club che ti paga. Serve peso specifico più che aggressione degli spazi, urge personalità più che “corto-corto-lungo”, abbisogna riconoscibilità più che teorie sulle seconde palle e sui “quinti”. Serve un tecnico che all’annuncio del suo ingaggio non ti faccia domandare “chi lo ha scelto?” ma ti faccia esclamare “sia lodato chi lo ha scelto!”. Tifiamo tsunami.
In the box - @augustociardi