In The Box 16/04/2018 21:48
Cambiamo l'inno
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - In Champions League la Roma non ha conosciuto ostacoli, mettendo in fila Chelsea e Atletico Madrid, Shakhtar e Barcellona, fino al Qarabag. In Italia la Roma sta faticando ad allineare alle sue spalle Lazio e Inter, che hanno un potenziale nettamente inferiore. In Champions League la Roma guarda alle semifinali e non trema, nonostante si troverà davanti l’incubo degli incubi. In campionato la Roma è alle spalle di Juventus e Napoli, a distanze siderali, e ha mollato da oltre tre mesi le velleità di competitività.
In Champions League la Roma non ha mai segnato il passo in casa, mandando al tappeto inglesi, ucraini e spagnoli e, manco a dirlo, gli azeri
In campionato le sconfitte interne sono state sei, roba da record al contrario.
In Coppa Italia peggio ancora, fuori al primo turno senza attenuanti, con turnover scellerato in allegato.
In Champions League, sempre all’Olimpico, la porta è stata sbattuta in faccia a Griezmann, Morata, Messi, Suárez e Hazard.
In campionato dopo un inizio incoraggiante, all’Olimpico la porta è stata concessa agli attaccanti del Sassuolo e dell’Atalanta, del Milan e della Fiorentina, nonostante super Alisson.
Insomma c’è il Dottor Jekyll che va in giro per l’Europa con l’abito buono e la sapienza dei forti, guarda tutti negli occhi e capisce quando potere impartire lezioni. E c’è il Mister Hyde, bipolare, a volte depresso, confusionario e raramente solido, che girovaga lungo lo stivale in cerca di autore. In cerca della sua versione in bella. Con esiti alterni. Il terzo posto non sarebbe malaccio se non per le cause elencate precedentemente. Troppa distanza dal top, troppo poco distanza da chi con la Roma concorre per i piazzamenti Champions. Non esiste una sindrome Olimpico intesa come condizionamento dell’ambiente perché i tifosi allo stadio non hanno mai fatto mancare il sostegno, esiste probabilmente una causa che si chiama atteggiamento: delle avversarie italiane che fanno le italiane in trasferta, della Roma che pur impegnandosi non si “accende” in taluni momenti.
Non esiste una Roma sempre troppo sprecona, perché se in campionato in quattro-cinque occasioni ha prodotto cento per ottenere uno, in Europa con cinismo ha capitalizzato come fanno le big, rifilando sei gol al Chelsea e quattro al Barcellona.
Esistono squadre da coppe europee, figlie di un calcio che sa essere brioso, intenso, caparbio. Ne sa qualcosa Monchi, deus ex machina di un Siviglia che non potendo competere in patria virò con successo verso l’Europa.
La Roma è una squadra da coppe. Che esigono stimoli, ritmo, concentrazione. Tutto sempre ai massimi livelli. Quest’anno va così. E non sarebbe un andar male. La Roma nelle coppe europee ha riscritto la sua storia, con una qualificazione epocale. Da tramandare.
In futuro, per migliorare l’italiano, serviranno innesti di qualità. O magari servirà cambiare inno. Non che Venditti abbia colpe, anzi, il suo Roma Roma Roma cantato in coro è ogni volta un’emozione più grande, ma se la squadra per primeggiare prima di un Roma-Sassuolo qualunque ha bisogno di sentirsi “europea”, sentendo riecheggiare quella strana canzone di cui si capisce soltanto “De ceeempiooonz”, anche il Maestro darebbe l’ok al cambio.
@augustociardi - In The Box