In The Box 24/09/2017 18:43
La certezza
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Quando a giugno la Roma ha annunciato l’ingaggio di Di Francesco, nei giorni in cui si cercava di capire quale big avrebbe lasciato Trigoria (i più fantasiosi prevedevano, ingenui, una specie di diaspora verso Appiano Gentile di millanta giallorossi) sembrava palese che il passaggio da Spalletti all’allenatore abruzzese avrebbe comportato la messa in conto di una scommessa e di una serie di domande a cui avrebbe dato risposta il campo. Fra queste, la domanda delle domande: i calciatori più rappresentativi come reagiranno all’ennesimo cambio di allenatore?
Dopo il record di punti era lecito sospettare che qualcuno fra i big potesse subire un contraccolpo, capita sovente che la squadra orfana del vecchio capogruppo possa rigettare il nuovo come un corpo estraneo. Sto a Roma da due-tre-quattro anni, di trofei finora neanche l’ombra, qualcuno fra i miei compagni partirà (ciao Salah, buona fortuna Rüdiger). In attesa che fossero reinvestiti, in parte, gli introiti delle cessioni, c’era da capire come avrebbero assimilato l’ennesima novità i vari Nainggolan, Strootman, Dzeko, Manolas, fino a De Rossi, che merita un discorso a parte avendo lui come tatuaggio genetico la Roma sulla pelle, sotto la pelle, nelle vene. Uno che assimilerebbe senza traumi il passaggio da Guardiola a Sciannimanico, o Papadopulo.
Un mese di campionato potrà non servire per capire chi vincerà lo scudetto o chi avrà chance concrete di entrare in Champions League, ma risulta notevolmente attendibile per un’affermazione, quasi solenne: i senatori della Roma viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda dell’allenatore. Manolas difende quasi meglio dello scorso anno, De Rossi dirige, Strootman (con qualche fatica da sopportare) si spende, Nainggolan fa la differenza pur partendo da posizione diversa, Dzeko è disarmante, continua a fare gol. Più gol che partite giocate, nonostante gli piovano addosso critiche folli di chi…vabbè di chi è evidentemente folle (inutile sprecare spazio, questa rubrica privilegia la sintesi). E poi Perotti, finora il migliore, El Shaarawy, il più giovane fra i “vecchi”.
Lo zoccolo duro della Roma ha risposto presente. Verona, Benevento e Udinese faticheranno a salvarsi, ok, ma questa è la Serie A, baby. Arriveranno altre verifiche, maggiormente probanti, la Roma sarà chiamata a dare risposte più articolate, ma proverà a farlo contando sul contributo di chi seguendo la natura egoistica dei calciatori (molti, ma evidentemente non tutti) avrebbe potuto giocare di scaricabarile e invece ha iniziato la stagione senza l’alibi scontato del cambio tecnico che comporta di solito conseguenze che fanno perdere tempo, punti e competitività. Tutti in prima linea, da Bergamo all’Olimpico che ha ospitato l’Udinese, la Vecchia Roma è ripartita da dove aveva finito. Manolas difende al meglio, De Rossi dirige da capitano, Strootman accatasta legna, Nainggolan fa la differenza, Dzeko, Dio assolva gli incauti che non lo ammettono, segna con quella semplicità disarmante che lo ha reso capocannoniere quattro mesi fa. Ottimo punto di partenza.
@augustociardi - In The Box
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