Corsi e ricorsi 04/11/2012 17:03

12 OTTOBRE 1988: Norimberga-Roma, Renato e una clamorosa rimonta

L’anno di grazia 1989 con le sue rivoluzioni e il suo “Wind of changes” (come cantano gli Scorpions) è alle porte: Stati come la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica da lì a poco si divideranno, dando vita a una moltitudine di nuove entità nazionali indipendenti, rimescolando le linee di confine, i popoli e gli equilibri continentali.



Ma quando la Roma, nell’autunno del 1988, va in trasferta a Norimberga per disputare il ritorno dei trentaduesimi di finale della Coppa Uefa, la Germania è ancora divisa in due: la Repubblica Federale Tedesca, a Ovest, e la Repubblica Democratica Tedesca, a Est.



La à, pesantemente colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, si trova nella metà occidentale. 
La partita di andata, disputata a settembre all’Olimpico, si è chiusa con la sconfitta dei giallorossi per 2-1, con il rigore realizzato da Stefano Desideri che tiene accesa una piccola speranza in vista dello scontro in Baviera.



La squadra guidata da Hermann Gerland, una vita trascorsa da calciatore con la maglia del Bochum e alla seconda esperienza in panchina, l’anno prima si è qualificata per la Coppa Uefa arrivando quinto nel campionato della Germania Ovest in coabitazione con l’Amburgo. I giallorossi di Nils Liedholm arrivano all’appuntamento del 12 ottobre al Frankenstadion sommersi dalle critiche per un inizio di campionato deludente, per un gioco abulico e per non avere ancora una formazione titolare definita. La squadra è stata rivoluzionata nel mercato estivo con gli arrivi dei due brasiliani Renato e Andrade, entrambi dal Flamengo, ma soprattutto con il clamoroso acquisto del giovane attaccante del Cesena Ruggiero Rizzitelli, strappato a suon di miliardi dal presidente Dino Viola alla di Agnelli, per tentare di migliorare il buon terzo posto in classifica dell’anno precedente.



Non c’è fiducia, da parte dei media e dei tifosi, nei confronti della Roma. Si crede che quella in Germania sarà più che altro una gita, che i ragazzi affronteranno con la solita poca combattività e scarso impegno, sentendosi già con un piede e mezzo fuori dalla competizione. Liedholm, comunque, decide di giocarsela e schiera la formazione migliore, evitando l’errore della partita di andata nella quale ha mandato in campo un undici sconclusionato.



In porta Franco Tancredi; in difesa i terzini sono Tonino Tempestilli e Sebino Nela, con Emidio Oddi e Lionello Manfredonia al centro; a centrocampo il lento Andrade, Roberto Policano, Stefano Desideri e il capitano Giuseppe Giannini; davanti il biondo tedesco Rudi Voeller e il brasiliano Renato, che, nei piani del mister, parte defilato sulla fascia destra per poi accentrarsi e cercare la soluzione personale o mettere in mezzo assist per i compagni.

La partita è subito nervosa. I tedeschi fanno subito capire ai giallorossi che vogliono assolutamente portare a casa la qualificazione e incominciano a picchiare duro.

Ma quello che stupisce i giornalisti e i tifosi presenti è che i giocatori della Roma reagiscono, o meglio accettano la sfida di una partita fisica e nervosa, facendo capire ai loro dirimpettai che se vogliono le maniere forti le avranno. Manfredonia si piazza davanti al temibile centravanti senegalese Sane, autore del gol dell’1-0 all’andata e lo rende inoffensivo.



La Roma regge l’urto tedesco, e prova a fare la partita. Anzi, deve farla, visto il risultato dell’andata. Ottavo minuto. Renato, con la sua chioma fluente, si invola sulla fascia, ubriaca il suo avversario diretto, Jorg Dittwar, con un paio di finte. Lo salta, incontenibile, e mette la palla in mezzo. Rudi si avventa sul cross teso del brasiliano e mette il pallone alle spalle del Koepke. La Roma si porta in vantaggio, ma l’1-0 non è sufficiente per qualificarsi, visti i due gol subiti in casa. Ma, invece di attaccare per cercare il raddoppio, i giallorossi si lasciano chiudere dal Norimberga che va più volte vicino al pareggio: la porta è salva grazie a due prodigiosi interventi di Tancredi e a un salvataggio di Desideri, arretrato per aiutare i compagni a respingere l’assedio.




La Roma capitola al 19’, quando l’arbitro sovietico Butenko, quello della triste eliminazione dell’Atalanta contro il Malines nella semifinale della Coppa delle Coppe dell’anno prima, assegna un calcio di rigore per fallo di mano di Giannini che l’attaccante Dieter Eckstein realizza con freddezza teutonica.

Sembra tutto finito.

O forse non è neanche incominciato, visto che la Roma, per l’opinione pubblica, ha perso questa sfida ancora prima di scendere in campo.

Abulici, lenti, svogliati: sembra di sentire il coro delle critiche pronto a cantare per l’eliminazione.

Sì lo si inizia a sentire, è nell’aria, sempre più forte, sempre più intenso.

Un coro di un quarto d’ora, il tempo che serve a Policano per sistemarsi col un pallone arrivatogli dal calcio d’angolo di Desideri e scaraventarlo di sinistro dove Koepke non può arrivare: esattamente tra la mano del e il palo. “Silenzio, gioca la Roma” sembrano dire i giocatori di Liedholm, parafrasando la famosa pubblicità di una marca di pasta in voga in quegli anni. 




Si va al riposo con la Roma in vantaggio per 2-1, lo stesso risultato dell’andata che, se dovesse permanere fino al novantesimo, significherebbe tempi supplementari.

E tra botte, Manfredonia che si erge a diga difensiva, schiaffi a centrocampo e parate di Tancredi, con solamente un’azione offensiva di Renato degna di nota all’85’, si arriva proprio ai supplementari.

La Roma ha sofferto moltissimo nella ripresa, ha subito il gioco e il dinamismo tedesco, ma ha resistito. I giocatori sono stanchi, alcuni esausti come Voeller che chiede di essere sostituito.

Il Barone fa un cambio, ma non esce Rudi: entra Bruno Conti al posto dell’ottimo Policano: una mossa tattica da consumato stratega quale è Liedholm, che si rivela vincente.

Proprio Conti, nel secondo minuto del primo tempo supplementare, batte corto un calcio d’angolo per Andrade il quale gli restituisce subito il pallone; Bruno guarda al centro dell’area e mette dentro un cross con il contagiri, di quelli che fino all’anno prima facevano le fortune di Roberto Pruzzo. In mezzo non c’è il Bomber, ma Renato, ma cambia poco: il brasiliano si alza al cielo dove nessuno può raggiungerlo, coglie quel fatidico istante in cui il pallone sta passando davanti alla sua fronte, blocca il tempo per quella frazione di secondo necessaria a colpire la sfera.  No, non mandate avanti veloce il nastro, se non che gusto c’è?

Dicevamo che Renato salta e colpisce la sfera. Koepke si tuffa. Ma non riesce a parare: gol della Roma.

Poco importa se qualche minuto dopo il brasiliano arrivato a Trigoria in elicottero si fa espellere: ciò che rimane è l’impresa compiuta da una squadra data da tutti per spacciata, una squadra criticata in modo esasperato, per la quale in molti stavano già recitando il de profundis: la Roma espugna lo stadio di Norimberga e porta a casa la qualificazione ai sedicesimi di Coppa Uefa.

Sarà una delle poche partite di qualità disputate da Renato che, a fine anno, tornerà a casa con molti rimpianti.

Emanuele Giulianelli