Corsi e ricorsi 18/01/2010 21:38

19 GENNAIO 1991: l'addio al presidente Viola (VIDEO)

 La storia di Viola parte da Aulla, piccolo paesino incastonato dove la Toscana cede il passo alla Liguria; da qui a sette anni deciderà di partire, destinazione Roma, per motivi di studio. Nella capitale diventa ingegnere, giocherà nella Roma di Herbert Burgess, storia di ottant’anni fa, appena un preludio di ciò che avrebbe rappresentato per quei colori. Racconterà di quando si ritrovò nel fiume giallorosso che confluiva verso il campo Testaccio per sostenere la propria squadra, o di quando, fresco di matrimonio con Donna Flora, la costrinse a seguirlo a Livorno, dove naturalmente era di scena la Roma, per festeggiare il primo scudetto giallorosso. Tutto in linea con la sua costante ricerca di tramutare la storia in leggenda. Ma Dino è ambizioso, non si accontenta di essere un semplice tifoso, vuole far grande la Roma. Passerà ai fatti nel maggio del ’79, quando rileva la società giallorossa da Anzalone, trovandosi tra le mani una squadra che vivacchia a metà classifica e alle prese con problemi finanziari. Allestì, nel giro di pochi anni, la squadra dei vari Falcao, Cerezo, Boniek, Nela, Conti, , affidandola a Nils Liedholm; riuscirà così ad allargare la geografia pallonara, fino ad allora confinata al nord, assurgendo la Roma come principale antagonista della . Era la Roma di Viola contro la di Boniperti. Arrivò la Coppa Italia nel primo anno, bissata poi l’anno successivo quando la compagine giallorossa giunse seconda, con il celeberrimo gol di Turone annullato, che costrinse il popolo romanista ad attendere un altro anno prima di essere Campione d’ Italia, a quarantuno anni di distanza dal primo trionfo. Era il 1983, Viola aveva permesso alla Roma di competere nuovamente per grandi traguardi, si era attirato su di sé una cortina di antipatia, ma “la legge dell’antipatia si usa contro chi da noia, e noi daremo sempre noia” ripeteva orgoglioso il Presidente, che ormai aveva coniato quel suo modo di esprimersi, presto ribattezzato "violese", che lo portò nel cuore della gente. L’anno successivo partì l’assalto alla Coppa dei Campioni, conclusosi all’atto finale contro il Liverpool, nella nefasta notte dell’ Olimpico.



“La Roma non ha mai pianto e la Roma mai non piangerà, perché piange il debole, i forti non piangono mai”, parole e musica del Presidente Viola, che sublimano l’ascesa della Roma tra i grandi del calcio. Negli anni successivi arrivarono sotto l’ ombra del Colosseo altri due trionfi in Coppa Italia e altrettanti secondi posti, che gli permisero di diventare il presidente più titolato della storia romanista. Al tramonto degli anni ’80 la sua ironia, la sua personalità si fanno sempre più ingombranti, sembra quasi dar fastidio ai salotti del nord, arriva il caso Lipopill, di cui forse un giorno sapremo la verità. Nell’ inverno del 1990 Viola si rifugia a Cortina, dopo aver effettuato il consueto controllo medico. Da qui l’aggravarsi della malattia polmonare, fino al 19 gennaio 1991, quando per tutto il mondo romanista, seppur divenuto forte, sarà difficile trattenere una lacrima. Se n’era appena andato l’uomo che aveva sconfitto i poteri.

 



Mirko Bussi