Rosa 11/02/2009 08:01

Turone, i cori di Firenze e i pacchi di Napoli

stancati di sentire da quelli più attempati. I numeri andavano dall’1 all’11 e le formazioni si recitavano

a memoria; le dirette televisive di tutte le partite non c’erano (e questo, obiettivamente, era peggio), ma

c’erano quelle radiofoniche di “Tutto il calcio minuto per minuto”. In curva c’erano ancora i tamburi e sulle tribune non c’erano le coperture, così quando pioveva ti bagnavi come un pulcino. Ma per vedere in diretta la Roma non avevi altra scelta: se i giallorossi giocavano in casa si andava, se in trasferta si ascoltava la partita alla radio. A meno di non volerli seguire anche in viaggio. Eh già, perché in quel calcio di quasi trent’anni fa le trasferte c’erano ancora e quella di Bergamo (tanto per restare all’attualità) era una delle più pericolose per via di una rivalità da sempre esistita, come raccontano i vecchi cronisti sportivi romani. In quei tempi “eroici” del tifo i romanisti si spostavano spesso in massa, soprattutto per trasferte fondamentali per la squadra. Ricordiamo ad esempio -Roma 0-0 del 10-5-1981, quella del famoso gol annullato a Turone. Era la ventottesima giornata di un campionato


che i giallorossi si stavano giocando proprio con

i bianconeri e a Torino furono seguiti da 20.000 tifosi, che

ricoprirono con i vessilli della Magica la curva Maratona.

Pioveva che Dio la mandava e quando Turone segnò si

sentì un boato fortissimo, purtroppo immediatamente

represso per colpa di quella maledetta bandierina alzata.

Un’altra trasferta oceanica tipo quella si rivide nel campionato

dello scudetto 1982-83 a Firenze, alla venticinquesima

giornata (27-3-1983). Anche nel capoluogo toscano

bisognava stare sempre attenti, perché i fiorentini

non stavano lì ad accoglierti a braccia aperte. Così in viale

dei Mille, quello che porta allo stadio, molti romanisti

in incognito, che avevano raggiunto Firenze con mezzi

propri, camminavano uno accanto all’altro senza saperlo.

Poi bastò una parola in romanesco scappata a qualcuno

di loro per far tirare fuori a tutti sciarpe e bandiere e

dare il via ai cori. Quindicimila capitolini invasero il

Franchi nella parte della Curva Ferrovia e della Tribuna

Maratona e tutti esplosero di gioia quando il Torino segnò

tre gol in sette minuti alla ribaltando il punteggio


del derby dal 2-0 per i bianconeri al 3-2 per i granata.

Poi fece l’autorete del 2-2, ma in quel momento


il pari valse come una vittoria. In quello stesso campionato

merita di essere ricordata un’altra trasferta,

quella di della quinta giornata (10-10-1982). Tra


le due tifoserie c’era ancora il gemellaggio e andare in

Campania non era pericoloso come era sempre stato in

passato o è oggi. Molti romanisti, però, preferirono lo

stesso affrontare il viaggio in incognito, magari a bordo

di vecchie autovetture immuni da ogni tentazione di furto

o graffio e con la targa neutra. Alle inevitabili soste agli

autogrill vicini a si incontrava sempre quel signore


che ti voleva vendere gli orologi che aveva attaccato

dentro all’impermeabile e che chiamava tutti “Dottò”.

Poi, fuori al San Paolo, occhio ai portafogli e alle ciurme

di bimbetti che ti giravano intorno, mentre una volta

dentro si vide la partita insieme, con la Roma che dopo

dodici anni riuscì a strappare la vittoria. Un 3-1 in rimonta

che ci riportò felici a casa, col gusto di dire a chi era rimasto

nella Capitale: "Io c’ero". Già, io c’ero. Abbiamo

l’impressione che in futuro, se non cambiano le cose,

nessuno potrà dirlo più.