Interviste AS Roma 23/04/2023 18:01
Roma Primavera, Pagano: "La maglia numero 10 dà responsabilità, non mi mette pressione" (AUDIO)
È Riccardo Pagano il protagonista del nuovo episodio di "Da qui in poi", lo spazio che AS Roma Podcast dedica ai ragazzi della Roma Primavera. Il classe 2004, che indossa la maglia numero 10 della Primavera, si è raccontato ai microfoni del canale giallorosso:
Come stai?
"Bene, sia di testa sia fisicamente".
Stiamo arrivando nel momento clou della stagione. Quindi è importante stare bene anche a livello mentale.
"Sì, assolutamente. In campionato siamo in piena corsa per i playoff, in Coppa Italia abbiamo una finale da giocare la prossima settimana e non vediamo l'ora".
Come arrivate alla finale di Coppa Italia?
"Conosciamo la nostra forza e le nostre capacità, dobbiamo essere tranquilli e giocare il nostro calcio e sono sicuro che andrà bene".
Il gruppo 2004 ha già vinto in passato, per ragazzi giovani ma ormai maturi come voi quanto può essere importante aver già vinto in passato per gestire la pressione?
"Sono cose che ti fanno crescere, vincere è sempre bello. A livello Primavera cambia totalmente, è tutto molto diverso. In finale dobbiamo essere liberi di testa e giocare come sappiamo, sono sicuro che faremo una grande partita".
Vincere potrebbe essere un passo in più verso il professionismo.
"Sì, è una finale di Coppa Italia. Ci saranno molti osservatori e direttori che guarderanno la partita. Anche a livello personale è importante mettersi in mostra, vincere aiuterà sicuramente".
Anche perché la Fiorentina ha vinto le ultime quattro edizioni. È arrivato il momento di chiudere il ciclo...
"Sì, sappiamo che sono i re di questa coppa e vogliamo vincerla".
Quanto vi piacerebbe avere tanti tifosi romanisti allo stadio?
"Sicuramente sarebbe bellissimo, i tifosi danno sempre una carica in più e spero che verranno in tanti a sostenerci".
Sei di Tivoli, quando hai iniziato a giocare intravedevi già delle qualità diverse rispetto ai bambini della tua età?
"Ci speravo, quando ho iniziato a giocare speravo di arrivare al professionismo. Quando ho iniziato mi hanno messo con quelli più grandi perché non c'erano bambini della mia età. Anche il mister mi diceva che ero bravo, piano piano fino ad arrivare alla chiamata della Roma, è stato qualcosa di unico".
Ricordi la chiamata della Roma?
"Sì, assolutamente. Ero ad una partita, c'erano Bruno Conti ed altri osservatori, in quella partita feci tripletta e loro si avvicinarono a mio padre e dissero di essere interessati. Dopo il provino, Conti chiamò mio padre per dirmi che ero stato preso".
Avevi 9 anni, ma non sapevi che ci fossero gli osservatori?
"Sì, non sapevo che ci fossero gli osservatori. Era il 2014".
Hai giocato libero?
"Sì, giocavo come sempre, come gioca un bambino. Libero, mi divertivo. Poi non ci credevo quando mio padre me lo ha detto".
Il primo giorno a Trigoria?
"Feci il provino, mi ricordo che faceva freddo. Era appena nata mia sorella, forse aveva un mese. E Bruno Conti fece entrare mio padre e tutta la famiglia per vedere il provino. È stata un'emozione incredibile, ero teso all'inizio perché sapevo che era una grossa opportunità ma ho cercato di sfruttarla al meglio ed è andata bene".
Sei nato solo a Tivoli o vivevi lì?
"Sono nato e cresciuto a Tivoli. La mia famiglia tutti i giorni faceva avanti e indietro, da quest'anno mi sono trasferito con mio padre a Trigoria per essere più vicino. Era tanta strada, anche per i miei genitori con il lavoro e con mie sorelle era più complicato. Quindi ho preso la decisione di venire qua, sono più tranquillo. Anche per il viaggio e gli orari è meglio. Speriamo che in futuro, magari il prossimo anno, posso tornare con la mia famiglia, magari qui a Roma".
Come hai vissuto la situazione prima del trasferimento?
"È una cosa che ti fa crescere prima, i miei genitori hanno fatto tanti sacrifici perché è tanta strada, magari uscivano prima dal lavoro, stavano fuori Trigoria 3-4 ore ad aspettarmi. È stata una decisione difficile. Anche mio padre è dovuto venire qui con me, è stata difficile però è una decisione come famiglia presa per me. Quindi adesso siamo felici di quello che sto facendo. E magari il prossimo anno veniamo tutti qui insieme a Roma".
Perché la maglia numero 10 ti affascina così tanto?
"Il numero 10 è il sogno di tutti i bambini, no? La maglia numero 10 è qualcosa che ti dà tanta responsabilità, a me piace averla, soprattutto qui a Roma perché sappiamo tutti quel numero cosa significa. Ho l'opportunità e il privilegio di averlo al mio fianco, con lui (Francesco Totti, ndr) è bello parlarne, mi dà molti consigli, mi dice cosa fare e non fare dentro e fuori dal campo. Lui ci è già passato. Mi sento fortunato di averlo al mio fianco".
Non hai sentito la pressione quando hai scelto la 10?
"No, nessuna pressione. È il mio numero preferito, sono stato felice di averlo quest'anno in Primavera. E sono felice di indossare questa maglia".
Facciamo un passo indietro: scudetto 2019 con l'Under 15, è stato più emozionante la doppietta in semifinale contro il Napoli o la finale col Milan?
"La finale col Milan perché ero anche il capitano e ho alzato quella coppa. È stata un'emozione indescrivibile. Ma anche la doppietta al Napoli fu qualcosa di unico. Speriamo di ripeterci".
Due anni dopo avresti avuto la possibilità di vincere di nuovo lo scudetto col 2004, però l'hai persa perché hai giocato la finale con l'Under 18. È più grande la soddisfazione di giocare con persone più grandi di te o il rimpianto di non aver vinto un altro scudetto?
"Penso che giocare con i giocatori più grandi di te faccia crescere molto, non ho rimpianti. Giocando sotto età, quell'anno, ho migliorato molto cose. Purtroppo quella finale non è andata come volevamo, ma sono cose che accadono".
C'eravate tu, Volpato, Tahirovic, Felix... Avete perso di testa quella finale?
"Forse sì perché eravamo veramente forse troppo sicuri di vincerla. Quando succede questo, a volte possono accadere queste sorprese. Nel primo tempo avevamo avuto l'occasione su rigore e abbiamo sbagliato, nel secondo tempo il Genoa è andato in vantaggio, poi eravamo stati bravi a riprenderla ma subito dopo abbiamo subito il gol del 2-1. Ci ha ammazzato psicologicamente, è stata una brutta botta".
L'aggettivo predestinato può pesare su un ragazzo?
"Ho sempre la testa sulle spalle, mi ritengo un ragazzo umile. Naturalmente leggo tutto, stando sui social è impossibile non leggere quello che scrivono su di te. Ma se hai la testa sulle spalle, una famiglia e gente intorno che ti fa restare umile, sono cose che possono darti solo più motivazione".
I ragazzi più grandi sono quelli che si allenano con Mourniho, il passo è quello?
"Sì, assolutamente. La prima squadra è un sogno, devo continuare a fare bene in Primavera, cercare di fare la differenza in Primavera e quando il mister lo riterrà opportunità, mi chiamerà. Ci credo, spero che arrivi quel momento. Ma ora devo pensare alla Primavera".
In 10 anni di settore giovanile c'è stato un momento in cui hai pensato di non farcela?
"Forse non ho mai pensato di non farcela, ma ci sono stati tanti momenti difficili. Sono stato bravo, insieme a chi mi sta accanto, a non mollare mai, a prendere più forza dai momenti 'no' perché sono quelli che ti fanno crescere veramente tanto".
Da poco è arrivato il rinnovo di contratto, l'hai vissuto come un traguardo o come un nuovo punto di partenza?
"Come un nuovo punto di partenza perché era un ciclo che si chiudeva e uno che iniziava. Ora si inizia a fare sul serio. Fino all'Under 18 era settore giovanile, quando arrivi in Primavera le cose cambiano. Quindi anche un rinnovo ti dà più spinta per andare avanti, mi ha dato tanta motivazione".
In tutti questi anni quanto è cambiato anche il settore giovanile? Senti che c'è più attenzione alla crescita dell'uomo oltre che del giocatore?
"Sì, assolutamente. Già da piccolo ti insegnano a diventare prima uomo, poi calciatore. Non dimenticherò mai che, da piccolo, il dirigente che avevo mi disse che a Trigoria bisogna salutare qualsiasi persona si incontra. Mi è rimasta impressa. Ancora oggi mi viene spontaneo farlo. Alla Roma è così: ti insegnano ad essere prima uomo, poi calciatore".
Sei più migliorato come calciatore o cresciuto come uomo?
"Penso entrambe le cose. Penso che uomo e calciatore siano la stessa cosa: se sei un grande uomo, probabilmente puoi ambire a diventare un grande calciatore. Quindi penso di essere cresciuto tanto sotto entrambi i punti di vista".
Hai un piede preferito per davvero o è come se fossero uguali?
"È il destro, ma riesco ad usare bene anche il sinistro e questa è una grande fortuna".
Le palle inattive sono praticamente tutte tue. Fai un allenamento specifico o è tutto talento?
"C'è tanto talento, ma il talento senza allenamento non è nulla. Anche dopo gli allenamenti col mister mi metto a tirare le punizioni. Questa pratica mi ha aiutato a tirarle meglio, quindi sono migliorato".
Calcio di rigore, l'arbitro fischia, prendi il pallone: qual è il primo pensiero?
"Devo fare gol".
Non 'dove calcio"?
"No, perché guardo il portiere e poi scelgo sul momento".
Hai ricoperto tutti i ruoli da centrocampo in su, hai fatto anche il centravanti. Mi dirai che giochi dove ti mette l'allenatore, ma qual è il tuo ruolo preferito?
"Il mio ruolo preferito è il trequartista perché sono libero di svariare. Non mi piace stare in una posizione fissa, mi piace andare in giro per il campo e questo ruolo mi viene più libero nel farlo".
Ti descrivo così: ambidestro, grande qualità, anche esplosivo fisicamente, vedi la porta. Cosa manca per il calcio professionistico? Ti senti pronto?
"Devo migliorare sulla fase difensiva, il mister mi dice sempre che devo diventare un giocatore completo e mi manca quello. Mi sento pronto, quando il mister della prima squadra lo riterrà opportuno spero che mi chiami".
Meglio un gol o un assist?
"Un gol".
Secco così, non l'avrei detto perché ti piace anche l'ultimo passaggio.
"Sì, ma l'emozione che mi dà un gol è qualcosa di unico".
Stai disputando una grande stagione, ma forse il primo mese e mezzo hai avuto qualche difficoltà in pianta stabile da titolare della Primavera?
"Sì, ho avuto un po' di difficoltà. Forse non riuscivo a dare al 100% quello che richiedeva il mister, ma con il passare del tempo ho sempre continuato ad allenarmi bene e il mio momento è arrivato".
C'è stato qualcosa che ti ha fatto scattare la molla in testa oppure è stato solo per l'allenamento?
"No, allenamento e tanta forza mentale. All'inizio non giocavo e quando non giochi devi rimanere forte mentalmente e pensare solo ad allenarti bene".
Dopo 10 anni di settore giovanile quando indossi la maglia della Roma la sensazione è sempre la stessa?
"È la stessa del primo giorno. Indossare la maglia della squadra della capitale non ha eguali, è fantastico. Nessuno si deve mai abituare ad indossarla. Ogni volta che la indossiamo dobbiamo sapere che siamo dei privilegiati, dobbiamo dare tutto per questa maglia e per questo club, che è storia, e dare tutto per vincere".
Potrebbe essere il tuo ultimo anno almeno nel settore giovanile della Roma. Quanto ti piacerebbe finirlo con un trofeo? Coppa Italia o campionato, magari tutti e due.
"Mi piacerebbe tanto, è un percorso che ho iniziato da bambino e potrebbe finire ora che sono un uomo. Mi piacerebbe concluderlo nel migliore dei modi, quindi vincendo qualcosa. La Roma deve giocare sempre per vincere. Martedì abbiamo l'opportunità per vincere la Coppa Italia, dobbiamo dare tutto per vincere anche il campionato".
Cosa significa per te la Roma?
"La Roma è qualcosa di indescrivibile, la devi vivere perché è difficile spiegarlo. È passione, ti trasmette qualcosa di unico. Quando giochi per la Roma ti viene sempre la voglia di dare tutto perché è passione pura".
10 anni con questa maglia, tra 10 anni come e dove ti vedi?
"Speriamo nel calcio a livello mondiale, il più alto possibile, magari con questa maglia vincendo qualche trofeo con la prima squadra. Naturalmente questo è il mio sogno. Se non sarà qui, sarà da qualche altra parte".
(asroma.com)