Interviste AS Roma 15/02/2022 07:35
SHOMURODOV: «Mourinho impegnativo per gioco e disciplina. Voglio aiutare la Roma a vincere»
UEFA.COM - Eldor Shomurodov ha rilasciato una lunga intervista al sito dell'Uefa, durante la quale ha parlato di sé, della propria storia, dei propri idoli di infanzia e anche della sua esperienza in giallorosso. Le sue parole:
Sei nato nella piccola città di Jarkurgan. Raccontaci della tua infanzia.
"Nella mia famiglia in molti giocavano a calcio. Mio padre giocava, il nonno era un allenatore, anche i miei zii. Quindi il calcio mi interessava fin dall'infanzia. Quando avevo 12-13 anni, sono andato alla Mashal Academy in un'altra regione. Lì iniziai a giocare a calcio professionalmente. Poi sono stato invitato al Bunyodkor, in cui ho iniziato a giocare nel campionato dell'Uzbekistan".
Il primo passo è l'Accademia Mashal. Quanto è stato difficile? E come ti ha aiutato la tua famiglia di calciatori?
"La famiglia è sempre stata molto disponibile. Mi hanno supportato sempre, anche in caso di sconfitta. È stata dura perché ero molto giovane quando ho lasciato casa. Mi mancava la famiglia, ma non c'era altro modo. A casa sono stato sostenuto nelle mie aspirazioni. A Mubarek, dove ho vissuto, fa molto caldo d'estate, come nel deserto, e molto freddo d'inverno. Ma lì gli allenatori sono bravi, l'accademia è molto brava. E per i giocatori le condizioni sono decenti, quindi abbiamo dovuto resistere e lavorare".
Tutti i tuoi allenatori dicono che il tuo principale punto di forza è la mentalità. Sei molto ambizioso e concentrato sul raggiungimento del tuo obiettivo. Hai sempre sognato di raggiungere il livello europeo?
"A Mashala, quando giocava la prima squadra, facevamo i raccattapalle. Già allora sognavo di arrivare a quel livello, volevo crescere per iniziare a giocare su quel campo e per quellasquadra il prima possibile. E quando ho iniziato a giocare più seriamente, ho iniziato a capire che dovevo crescere ancora di più e lottare per un'atmosfera calcistica diversa. Quando tornavo a casa, guardavamo sempre le partite delle coppe europee. I miei parenti mi dicevano dovevo sforzarmi di andare lì e di giocare lì. Quindi ho fatto un sogno: giocare in Europa. Alla fine ci sono riuscito!"
Chi era il tuo idolo d'infanzia?
"Didier Drogba e Fernando Torres. Li amavo moltissimo e guardavo sempre le loro partite".
Sei un tifoso del Chelsea?
"Si, ero malato per il Chelsea. Ma adesso sono un tifoso della Roma".
In Uzbekistan sei come un eroe e il capitano della Nazionale. Cosa significa per te questo status a quest'età?
"Qualcosa di grande importanza. È difficile da descrivere a parole. Non pensavo che sarei diventato così presto sia capitano che un giocatore così importante per la nazionale. Ora abbiamo un cambio generazionale, stanno arrivando molti giovani e devo dare loro l'esempio, quindi questo ruolo è molto importante".
Quanto è importante per te la tua patria? Quante volte torni a casa?
"Amo molto il mio paese. Sia il paese che la nazionale dell'Uzbekistan sono importanti per me. Torno a casa quando ci sono le convocazioni per la nazionale, altrimenti quando sono in vacanza. Non c'è molto altro tempo. Ovviamente mi manca l'Uzbekistan. E i miei genitori".
Sei il secondo uzbeko in Serie A dopo Zeytulayev. Ne sei orgoglioso?
"Ovviamente ne sono orgoglioso. Ma abbiamo molti altri giocatori che sono in grado di giocare a questo livello. E mi piacerebbe davvero che arrivassero qui in Europa, qui si gioca un calcio completamente diverso, a velocità diverse. C'è molto per crescere. E più i nostri giocatori saranno in Europa, meglio è per la nazionale".
Prima dell'Italia giocavi a Rostov. Raccontaci di questa fase della tua carriera dopo l'Uzbekistan?
"Il primo anno non è andato molto benem ma poi mi sono abituato. C'era un calcio completamente diverso, più vicino all'Europa. L'allenatore dell'epoca, Karpin, mi ha dato un grande aiuto, mi ha dato fiducia e tutto ha iniziato a funzionare bene per me".
Ti sei messo in mostra a Rostov e hai attirato l'attenzione del Genoa. Com'è stato trasferirsi in un altro paese?
"Il penultimo anno al Rostov è stato bello, poi siamo andati male per sei mesi. Dipendeva da tante ragioni, ma nonostante questo avevo ancora voglia di giocare in Europa. Ma era una situazione difficile, quando non segni è difficile arrivare in un club europeo. Ma il Genoa ha creduto in me, grazie a loro per questo! Ho accettato il trasferimento perché era il primo passo verso il mio sogno di giocare in Europa. Per me era importante iniziare non in un top club, ma in una squadra dovevo potevo giocare in pianta stabile. Anche lì il primo anno è stato difficile. In Russia e Uzbekistan la mentalità è simile, ma in Europa è completamente diversa. I primi due o tre mesi non sono stati facili, poi ho iniziato ad abituarmi".
Cosa c'era di nuovo qui per te?
"In Russia e Uzbekistan funziona tutto per sette giorni di seguito, ma il sabato e la domenica, riposano tutti. Una cultura completamente diversa".
In che modo il calcio in Italia è diverso dal calcio in Russia e Uzbekistan?
"Prima di tutto, qui i ritmi sono molto più alti. E il tasso tecnico dei giocatori, ovviamente, è maggiore".
Cosa dovevi fare per passare al livello successivo?
"Prima di tutto, essere più veloce. Non solo dal punto di vista fisico, intendo anche come velocità di pensiero. Quando mi sono trasferito in Italia pensavo che avrei giocato con calma, ma già in allenamento ho iniziato a sentire che non avrei avuto tempo. I difensori mi hanno sempre marcato, mi facevano falli costantemente e ho capito cosa mi mancava".
Quali qualità ti hanno portato al successo?
"Una domanda difficile. Penso che dipenda prima di tutto dalla pazienza. All'inizio, quando mi sono trovato in situazioni difficili, potevo dire a me stesso che non era il mio livello e sarei potuto semplicemente tornare indietro. Ma ho sopportato tutto. Sapevo che tutto avrebbe funzionato. E ora sto bene".
Come ti sei sentito quando hai saputo che un club come la Roma voleva ingaggiarti?
"Ho capito che dovevo cambiare mentalità, che bisognava affrontare ogni partita con l'intenzione di vincere. Sapevo che qui si ponevano obiettivi alti. C'è una concorrenza più seria e in ogni partita devi dimostrare di meritarti il posto".
Hai detto che il tuo giocatore preferito è Didier Drogba. E l'allenatore preferito di Drogba è Jose Mourinho, che ora ti sta allenando alla Roma. Com'è lavorare con uno specialista del genere?
"Fin dai primi giorni è chiaro che si pone grandi obiettivi e mira a raggiungerli. È un allenatore molto impegnativo, in termini di gioco e in termini di disciplina. Vuole vincere ogni partita e cerca di far lottare i giocatori per lo stesso".
Mourinho ha reso Drogba un mostro, il miglior attaccante del mondo in quel momento. Come ti ha aiutato?
"Ora stiamo lavorando di più sulla tattica. Ci mostra come fare tutto e ci chiede di dare il massimo in ogni partita".
Con la Roma hai già segnato, ti sei messo in mostra nei playoff di Conference League. Cosa hai provato in quel momento?
"Quella (la partita con il Trabzonspor, ndr) è stata la mia prima partita ufficiale con la Roma Penso che si stessero già preparando a sostituirmi. Sono stato felice di segnare all'esordio e di dare alla squadra la possibilità di raggiungere la Conference League. Sono state emozioni molto piacevoli".
Quali sono i tuoi obiettivi personali e di squadra per questa stagione?
"Prima di tutto arrivare in Champions League. E vincere la Conference League. Per quanto riguarda i miei obiettivi personali, vanno di pari passo a quelli della squadra. Voglio aiutare la Roma a vincere. Dopotutto, quando vince la squadra, vinci sempre tu".