Interviste AS Roma 07/05/2020 04:55
Tiago Leal: "Serie A campionato difficile, mai avuti tanti infortuni. Smalling sta facendo una grande stagione" (VIDEO)
Tiago Leal, collaboratore e match analyst di Paulo Fonseca alla Roma, ha rilasciato alcune dichiarazioni durante una diretta Instagram andata in onda sul profilo Il Terzo Uomo. Queste le parole del portoghese che ha parlato della sua esperienza in Italia e dei sui primi mesi a Trigoria:
Puoi spiegare in cosa consiste il tuo lavoro?
Il mio lavoro con Paulo, sono un assistente, sono responsabile dell’analisi dei match, in settimana lavoro normalmente e durante il match do indicazioni sugli avversari. All’interno dello staff siamo divisi in diverse parti. Durante la partita sono nella stanza per filmare le azioni con due camere, una sui giocatori e una sul portiere. Filmiamo tutti gli eventi che possono essere interessanti per Fonseca e i giocatori. Durante il match sono collegato con Nuno e gli do indicazioni su cosa sta accadendo in campo e su cosa concentrarsi. Lui passa i messaggi a Fonseca. Questa è l’analisi durante il match. Dopo il match analizzo le immagini della nostra partita, cerco di capire se la nostra intensità è stata buona e cosa non è andato. Faccio dei video report da mostrare allo staff, ne discutiamo e cerchiamo di trarre delle conclusioni. Poi ne parliamo con Fonseca. Abbiamo creato un dipartimento di analisi e abbiamo del personale che lavora. Prima di noi questo reparto alla Roma non esisteva, abbiamo spiegato al club che sarebbe stato importante e loro ci hanno ascoltati creando questo dipartimento. Lo abbiamo fatto da zero e ora sta andando bene. Tutto questo lavoro va avanti ogni giorno, io sono parte delle discussioni per la prossima partita e di ciò che Fonseca deve mettere in campo per la prossima partita. Io do indicazioni sull’avversario e su cosa fare attenzione. Cerco di creare ogni giorno allenamenti tattici per preparare la squadra in vista del prossimo match. È un grande lavoro, ma è fondamentale per la Roma.
Quante persone lavorano per questo?
Questo aspetto negli ultimi anni sta crescendo molto. Alcuni club hanno 6-7 elementi in questo staff, mentre altre società non ce l’hanno, come in precedenza la Roma. Penso che ad oggi con il livello attuale sia fondamentale averlo. Le società devono avere questo staff perché li può aiutare molto.
Come si lavora in staff con Fonseca?
Nel nostro modo di lavorare dico sempre che siamo fortunati a lavorare con un uomo come Paulo Fonseca. Come allenatore è di un livello top. Ha caratteristiche umane molto importanti per essere un leader. Lui non fa niente da solo, e lo staff lavora tutto insieme. Parliamo di ogni singola situazione, lui ascolta tutti, vuole i nostri contributi. Durante gli allenamenti abbiamo una posizione attiva. Paulo gestisce l’allenamento e noi siamo vicino per aiutare i giocatori nei movimenti tattici. Sappiamo esattamente cosa fare in ogni situazione. Tutto ciò accade in ogni allenamento. A fine allenamento di chiede dei feedback su cosa si può migliorare. La parte offensiva è gestita maggiormente da Nuno e io lo aiuto in questo. A volte ci concentriamo su situazioni molto particolari e specifiche e noi lavoriamo singolarmente con il giocatore per migliorare in quella caratteristica. È bello lavorare così con questo staff.
Come è iniziato il tuo lavoro con Fonseca?
Ho iniziato la mia carriera come allenatore a 22 anni quando ero all’università. Sono stato allenatore per 9 anni e nello stesso momento cercavo di analizzare la mia squadra per capire cosa stava andando bene e cosa no. Cercavo anche di studiare i miei avversari per capire dove migliorare. Non essendo un ex giocatore ho cercato molte informazioni per migliorare le mie conoscenze e ho creato video per aiutarmi, mettendoli online. Fonseca li ha visti, gli sono piaciuti e mi ha chiamato dicendo che voleva conoscermi per capire la mia idea. Abbiamo parlato e poi mi ha chiesto se volessi lavorare con lui. È una storia particolare perché non capita spesso a questi livelli di trovare un lavoro tramite dei video sui social. Paulo non è uno che gira intorno alle cose, va dritto al punto e se è interessato te lo dice subito: ringrazio Dio per essere uno di questi.
Cosa pensi della Serie A?
La Serie A, nella mia opinione, è il campionato più difficile. È facile dire perché. Innanzitutto ogni squadra ha ottimi giocatori, dalla prima all’ultima puoi vedere giocatori che hanno fatto grandi carriere, che hanno giocato in grandi campionati e che possono fare bene. Inoltre, questo è il campionato in cui puoi vedere più ideologie diverse di gioco tutte insieme. Non me l’aspettavo. Le squadre sono molto brave difensivamente. Quando siamo stati chiamati dalla Roma e abbiamo iniziato a studiare il campionato, abbiamo compreso che si trattava di un campionato molto complicato tatticamente. Negli altri campionati puoi vedere tante squadre con idee tattiche simili, con 6-7 squadre con le stesse identiche basi. Qui no, tutte hanno le proprie idee. Ho visto le cose più strane. Abbiamo allenato in tanti campionati europei, ma non ho mai visto una cosa del genere. Per un allenatore questa è la competizione più difficile. Ogni partita ha una storia diversa. La squadra più difficile da affrontare è stata l’Atalanta, ma anche il Verona. Per quanto riguarda l’Atalanta è facile da capire: mister Gasperini è lì da 4 anni ed è fondamentale per gli allenatori avere anni per crescere con le proprie idee. È facile capire che quella squadra ha un’idea specifica su cosa deve fare in campo. Contro di loro le più grandi squadre come Lazio, Napoli, Inter, City e Valencia non hanno vinto, vivendo dei veri incubi. Loro hanno un’idea e un modo di allenarsi e di giocare che è basato sul comportamento difensivo. Quando vai a giocare contro di loro devi modificare la mentalità offensiva dei tuoi giocatori. È molto difficile, quasi impossibile. Non si può cambiare faccia alla squadra ad ogni partita, ma ogni squadra deve farlo per giocare contro di loro. Anche col Verona è simile, anche loro hanno messo in difficoltà tantissime big: è molto difficile. Queste sono le due squadre più difficili da affrontare, soprattutto perché non abbiamo avuto abbastanza tempo per imparare cosa fare contro di loro. Tra due stagioni ad esempio sapremo meglio come farlo.
Perché Fonseca ha schierato Mancini a centrocampo?
In quel momento abbiamo avuto tantissimi infortuni, non era mai successo nella nostra carriera di avere così tanti infortuni. Abbiamo tanti giocatori che hanno subito tanti infortuni in passato, e questo è il fattore che più di tutti scatena nuovi infortuni. La maggior parte è stato di natura traumatica. Avevamo perso Diawara, Cristante e Pellegrini a centrocampo, con il solo Veretout disponibile. Fonseca ha avuto questa visione, ed è proprio per questo che è un top allenatore, perché nessun altro lo avrebbe pensato. Ha visto le caratteristiche del giocatore e del ruolo. Mancini è un giocatore smart con le caratteristiche ricercate dal ruolo. Lui veniva dall’Atalanta di Gasperini e sapeva adattarsi. Inoltre, sa come giocare il pallone e come addomesticarlo. Tra tutte le opzioni che avevamo, Paulo ha concluso che Mancini era il giocatore che poteva aiutarci in quella circostanza, ed ha avuto ragione. Abbiamo avuto un grandissimo momento, con risultati fantastici e una difesa impenetrabile. Lui si è sempre allenato come difensore, ma appena si è creata questa situazione lo abbiamo fatto allenare come centrocampista. Abbiamo capito subito che sarebbe stato importante per uscire dalla crisi.
Come si è ambientato Smalling in Italia?
Smalling sta facendo una grande stagione. Sta facendo un gran lavoro perché ha caratteristiche importanti e ha la mente aperta a nuove conoscenze. Veniva da tanti anni al Manchester United e poteva essere chiuso nelle sue idee, invece vuole imparare molte. Tutti i giocatori della nostra squadra devono avere questa caratteristica, altrimenti non si può giocare con noi. Smalling ha inoltre tutte le caratteristiche che un difensore della nostra squadra deve avere. Inoltre, lui è esattamente nella mentalità di una squadra che parla tutta la stessa lingua. Quando uno sbaglia, sa che ci sarà subito qualcuno pronto ad aiutarlo. Smalling ha esattamente queste caratteristiche.
Come gestiti i dati da analizzare?
Devo dire che ci sono due cose che noi dobbiamo sempre tenere in considerazione. La grandezza dei dati e la qualità dei dati, e questo è fondamentale. Noi abbiamo un numero di dati che non finisce mai, ma dobbiamo selezionarli. Li usiamo per confermare ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, e spesso ce lo confermano. Non usiamo i dati per vedere, ma solo per confermare. Per questo l’uomo è fondamentale e i dati sono solo un supporto. Ad esempio nel report della nostra squadra post partita io riporto alcuni dati su alcuni giocatori, su quanti palloni hanno perso, o quanti cross sono arrivati a destinazione, ma ciò che mi interessa non sono i numeri, ma il significato dei dati presi in considerazione.