Interviste AS Roma 21/11/2017 14:42
MONCHI: "In Champions non dobbiamo pensare di essere già qualificati. Il derby? Felicità incredibile. Crediamo molto in Schick"
AS - Monchi, direttore sportivo arrivato alla Roma dopo aver trascorso la carriera al Siviglia, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano spagnolo in cui ha parlato del suo ambientamento e delle sue impressioni dopo i primi mesi trascorsi nella capitale. Queste le sue parole:
Ha detto che quando ha iniziato come direttore sportivo a Siviglia non c’erano delle basi per il suo lavoro. Qui li ha trovati…
Sì, certo (ride, ndr). È stato un vantaggio per il mio nuovo inizio, entrare in un club dove c’era già un lavoro ben realizzato. Ha reso questo passo più facile per una nuova fase della mia vita.
Com’è stato l’impatto con Roma?
Positivo personalmente e professionalmente. Ho ancora bisogno di qualcosa, ovviamente: non ho tutta la mia famiglia qui, mi mancano i miei amici … Ma l’adattamento è stato molto confortevole, grazie anche all’aiuto del club.
Il Siviglia è sempre stato il suo club. È diverso lavorare per una squadra con la quale non hai mai avuto una relazione così stretta?
Dipende dalla propria professionalità. Ho provato, fin dall’inizio, a fare di questo club una parte di me, partendo da zero. Ho fatto un “corso accelerato nel romanismo”…
Ha avuto molte offerte. Perché Roma?
Una volta presa la decisione più difficile, cioè lasciare Siviglia, sapevo che volevo essere me stesso, ovunque fossi andato. Ho intuito che qui potevo essere me stesso e, fortunatamente, lo sono.
Si è trovato nel bel mezzo del caso Totti-Spalletti. Pensi che abbia fatto male alla squadra?
Se Roma vuole crescere, deve guardare avanti, mai indietro. Ho avuto la fortuna di incontrare Spalletti, un grande allenatore, la fortuna di vedere giocare Totti, di vivere il suo addio, e ho l’immensa fortuna, ora, di lavorare ogni giorno con lui. Questo è ciò che mi rimane di tutto questo.
Totti ha dato la sensazione di voler continuare a giocare …
Questo è certo, anche io volevo continuare a giocare. Il pianto di Buffon o De Rossi con l’Italia è per lo stesso motivo… È difficile, quando uno ha fatto la stessa cosa per tutta la sua vita, rendersi conto che un cambiamento può arrivare.
Francesco ha confessato di essere stato convinto ad essere un manager grazie a un “magnifico discorso” con te…
Per Francesco, l’unica cosa che gli dissi fu che doveva fare un passo diverso da quello che aveva dato fino ad ora, e poi che avevo bisogno di lui al mio fianco. E non solo perché era Totti: lo considero una persona capace di aiutare me e, soprattutto, il club. Penso che gli sia piaciuta la mia franchezza.
Come immagini Totti nei prossimi 10 anni?
Prima godiamoci ciò che ci sta dando ora, il che è molto. Quindi, per me, Totti deve rimanere Totti, questo è quello che conta di più.
Salah, Rüdiger, Paredes… Anche qui ha dovuto iniziare il suo mercato con importanti vendite…
La vendita di giocatori è la stessa ovunque. Non aver paura, tutti i club lo fanno. La chiave è accettarlo e l’ho fatto con la normalità di sempre.
Qual è stata l’operazione più complicata del tuo primo mercato giallorosso?
Ovviamente quella di Mahrez, che ci interessava, era molto difficile, ma non è stata in grado di andare in porto. L’ingaggio di Schick è stato difficile per la competizione che abbiamo avuto: Juve, Inter, Napoli, club in tutta Europa. Il marchio Roma mi ha aiutato a convincere il giocatore ceco a venire.
Schick, se tutte le condizioni saranno soddisfatte, costerà 40 milioni, la firma più costosa nella storia di Roma. A Siviglia la sua spesa massima era stata di 15 …
Il mio compito è sempre quello di scegliere, avendo gli argomenti migliori per fare bene. Patrik ha avuto un costo significativo, ma lo è anche il suo margine di prestazioni sportive. Abbiamo molta fiducia in lui.
Di Francesco sembra un’altra grande scelta…
Una volta che ho parlato con lui sono stato molto chiaro, ho detto che era perfetto. Raccoglie le condizioni che mi motivano da un allenatore: la connessione con il club e la comunicazione con i giocatori, per esempio.
Che cosa deve cambiare il calcio italiano?
Una volta che tocchi il fondo, devi analizzare per vedere cosa si fa e cosa si può migliorare e agire di conseguenza. Ci sarà gente competente in grado di farlo.
Fino ad ora, nelle coppe europee, la sua Roma è stata la miglior squadra italiana. Si aspettava di arrivare al Wanda ad un passo dalla qualificazione?
No, però dobbiamo ancora lavorare. Faremmo male a pensare che siamo già qualificati. Certo, quando vedi che nel girone hai Chelsea e Atletico, è difficile immaginare di essere in testa dopo quattro giornate, però se siamo in vetta è perché lo abbiamo meritato.
Arriverà a Madrid dopo la sua prima vittoria in un derby…
Una felicità incredibile, qui il derby è molto importante, c’è una grande rivalità. Vedere gioire il pubblico è stata una gran cosa, un’iniezione di fiducia in vista dei prossimi impegni.
Che ne pensa del momento dell’Atletico?
Chi da per spacciata una squadra del Cholo, non conosce né lui né l’Atletico. Ha avuto un calo, ma sono convinto che torneranno. Le aspettative sono alte a questi livelli, il margine di errore è minimo e ogni momento difficile sembra più grande di quello che è.
I biancorossi possono vantarsi del nuovo stadio, che è anche un progetto della sua Roma…
E’ fondamentale per la crescita del club. Al giorno d’oggi avere uno stadio di proprietà, più vicino al pubblico, si converte in punti. Desidero e spero che non sia molto lontano per noi.
Quale giocatore toglierebbe ai colchoneros?
Ho detto varie volte Saul, però potrei dire anche Koke, Filipe Luis… Ne hanno molti. Quello che hanno raggiunto è frutto di un modello eccezionale.
Vede cose in comune tra il momento di Torres e le ultime stagioni di Totti?
Non lo so, non mi sbilancio a fare paragoni. Fernando è stato molto per l’Atletico, gli auguro un finale di carriera e un futuro migliori possibile, come li ha avuti qui Francesco.
Come vede la Liga?
Sembrava che il Barcellona, con il caso Neymar, avrebbe potuto perdere qualità ma alla fine è stato tutto il contrario. Il Valencia, fortunatamente per il mio caro amico Marcelino, è la sorpresa del campionato, il suo ritorno tra le grandi è il più significativo. Il Siviglia, che è sempre la mia squadra, è in lotta e mi fa piacere.
Ha visto il derby di Madrid?
Ho potuto vedere gli highlights, il risultato non mi sorprende molto, è il tipico di un derby. Quest’anno le due squadre procedono di pari passo sia in classifica sia nel gioco.
Si aspettava questa crisi del Real Madrid?
Credo sia un calo fisiologico. Sono sicuro che a fine stagione lotterà per grandi traguardi.
Come le è parso il mercato del suo Siviglia?
Non entro nel merito né credo sarebbe giusto farlo. L’unica cosa che mi auguro, da sevillista, è che vada tutto bene. Oggi sono un tifoso in più, non vado al campo ma vedo le partite e leggo le notizie con la mentalità di un tifoso.
Pensa di tornare a Siviglia un giorno?
Non so ancora parlare italiano, come faccio a pensare a questo (ride, ndr). Al momento sono concentrato al 100% in un progetto su cui ho puntato molto. Mi dedico anima e corpo alla Roma.