Altre 24/11/2020 17:30
Brighi: “Roma è stata l’apice della mia carriera. Fonseca? Si vede la sua mano, i giallorossi giocano bene a calcio”
ASROMA.COM - Il sito ufficiale del club giallorosso ha intervistato l’ex centrocampista Matteo Brighi. Ha spento le luci della ribalta da un giorno all’altro da solo, al termine della stagione calcistica 2018-19, senza attirare su di sé attenzioni particolari. Eppure, è uno che in Serie A ha messo insieme 405 partite. E nella Roma, dal 2007 al 2011, è riuscito a collezionare 141 presenze in gare ufficiali (13 gol). “Non sono tipo da annunci o da addii. Ho iniziato un nuovo percorso, restando nel calcio. Mi va bene così”, racconta con la consueta sobrietà.
Di cosa si occupa oggi?
“Sto collaborando con l’AIC, l’Associazione Italiana Calciatori. E ho una mia scuola calcio a Rimini insieme ad altri amici. Alleno i bambini”.
Non pensa di fare l’allenatore a livelli professionistici tra qualche tempo?
“Non credo di averlo nelle corde. Ci sono tante tante dinamiche che non mi appartengono”.
Che ruolo ricopre nell’AIC, invece?
“Non ho ancora un incarico ufficiale. Giro per le sedi di diverse squadre insieme ad altri colleghi, parliamo con i calciatori degli argomenti di attualità. Su come comportarsi e quali misure da adottare in questo momento così particolare. Facciamo anche incontri, lezioni, on-line dato che non è sempre semplicissimo girare”.
A proposito, lei come sta vivendo questo momento di emergenza sanitaria legato al Covid?
“Con relativa tranquillità. Si cerca di uscire il meno possibile, di mantenere le distanze e fare tutto ciò che serve. Da quando ho smesso, vivo a Rimini in pianta stabile. Qui ho le mie radici”.
Se le dico Roma?
“Rispondo l’apice della mia carriera. In una realtà del genere ti senti giocatore di calcio a tutti gli effetti. Venivo da anni di Serie A, ma a Roma mi sono completato, maturando del tutto. Per come la città vive il calcio e per l’attenzione costante della società nei confronti dei propri atleti, non può essere altrimenti”.
Come vive il calcio la Capitale d’Italia?
“In modo passionale e quotidiano. Radio, tv, giornali, tifosi ogni giorno fuori dal centro sportivo di Trigoria. C’è un interesse continuo sulla squadra, incessante”.
Un vantaggio o uno svantaggio per chi scende in campo?
“Dipende. Se le cose vanno bene sicuramente si ha una spinta in più. Se le cose vanno male, sei responsabilizzato più del dovuto”.
La squadra di Fonseca giocherà giovedì 26 novembre a Cluj in Europa League. Ha ricordi di un altro 26 novembre, dell’anno 2008, sempre a Cluj?
“Come dimenticare? È la partita che ricordo con maggiore nostalgia e felicità. Feci una doppietta, evento raro per uno che non segnava tanti gol come me. Poi segnarla in Champions League fu un sogno. Uno di quelli che fai da bambino sperando di diventare un calciatore professionista. Soprattutto, vincemmo 3-1 e quel successo ci permise di qualificarci agli ottavi di finale. Era un girone dove ci eravamo complicati la vita perdendo proprio con il Cluj nella prima partita all’Olimpico”.
Furono anni appassionanti e vincenti, quelli. Il segreto di quel gruppo?
“Eravamo uniti, coesi. C’era grande volontà collettiva di giocare bene e vincere le partite. Ed era una squadra forte, con tanto talento. Io avevo un ottimo rapporto con tutti. Facile dire Totti, ma anche Daniele (De Rossi, ndr), Simone Perrotta, Tonetto, Cassetti, Vucinic con il quale ho condiviso tanto tempo”.
Lei diventa un calciatore di proprietà romanista nell’estate 2004 nell’ambito dell’operazione Emerson alla Juventus. Ma arriva a vestire la maglia giallorossa solo nel 2007, dopo tre anni al Chievo. Rammaricato per non essere arrivato prima?
“No, non ho rimorsi particolari se mi guardo indietro, anzi. Quello a Verona fu un momento di passaggio cruciale, che mi permise di giocare con continuità. Arrivai poi alla Roma come giocatore molto più strutturato e affermato, riuscendomi ad inserire in un contesto già molto collaudato e consolidato”.
Grazie a Spalletti.
“Certo, il mister devo ringraziarlo sempre. Per me ha rappresentato tanto. Mi ha dato fiducia, mi ha fatto sentire a mio agio dentro una squadra che veniva da una Coppa Italia appena conquistata. Non a caso mi fece esordire nella finale di Supercoppa Italiana a San Siro contro l’Inter. Entrai nella ripresa al posto di Giuly. Portammo a casa il trofeo vincendo 1-0, con un rigore decisivo di De Rossi”.
Oggi quanto segue il calcio e la Serie A?
“Spesso. Le partite, quando posso, le guardo. Anche quelle della Roma, ovviamente”.
Che idea si è fatto di questo momento? La Roma vince e convince.
“È riuscita ad avere continuità dal post lockdown. Ha cambiato poco rispetto alla scorsa stagione, ha inserito gente di livello come Pedro. Anche la rotazione dei giocatori sta dando frutti. C’è coinvolgimento generale e questo è molto importante in uno spogliatoio. La mano di Fonseca si vede, la Roma gioca bene a calcio”.