Altre 30/05/2017 19:13
Conferenza stampa, SPALLETTI: "Lascio una Roma forte ma non merito i fischi. Continuerò a rispettare Totti. Prossimo allenatore? Spero sia Montella o Di Francesco. Non escludo un mio ritorno". MONCHI: "Grati a Luciano. Trigoria è e sarà casa tua" (AUDIO)
Oggi alle ore 13 Luciano Spalletti ha tenuto una conferenza stampa per salutare la Roma, dopo l'ufficializzazione del divorzio tra il tecnico toscano e la società giallorossa. Queste le risposte dell'ormai ex allenatore giallorosso, accompagnato dal nuovo ds Monchi, alle domande dei cronisti.
Parla il ds romanista Monchi: "Ci tengo molto ad aprire questa conferenza che annuncia la conclusione del rapporto fra la società e il mister, una relazione che a livello personale è stata breve, poco più di un mese, ma molto intensa. Come ho già detto nella mia prima conferenza, prima di arrivare qui avevo già un' enorme stima del mister, dopo averci lavorato accanto questa stima si è moltiplicata sia a livello personale che professionale. Siamo grati al mister per i risultati ottenuti durante quest'anno e mezzo, ora per noi inizia una nuova tappa dove proveremo a continuare a crescere seguendo l'unico cammino che conosciamo: il lavoro. Spero, Luciano, che il nostro cammino un giorno possa incrociarsi. Sappi che Trigoria è e sarà casa tua."
Spalletti prende la parola: "Ringrazio il direttore, parole bellissime. Avendolo conosciuto come persona e come professionista sarà sicuramente un rimpianto non poter lavorare con lui. In questo momento sembra che ci sia bisogno di punti di riferimento, di persone forti e di personalità che hanno una professionalità spiccata nel confronto con gli addetti ai lavori e Monchi queste qualità ce le ha. Lui riuscirà dove sono riuscito io e sarà una Roma fortissima"
Un bilancio della stagione?
Il primo pensiero va a chi è dietro le quinte, a chi lavora prima di noi per far sì che le cose siano più facili. Loro hanno un'importanza maggiore nel mio ringraziamento perché senza di loro sarebbe stato difficile ritrovare tutte le cose a posto. Parlo di ragazzi nelle cucine, le donne delle pulizie, tutte quelle persone che viaggiano a fari spenti per i corridoi di Trigoria e che ci fanno trovare tutto molto ordinato. Poi ringrazio i calciatori, la società, il mio staff e tutti quelli che ci sono, tanti grandi professionisti. Grazie a loro nel futuro ci sarà una Roma forte. Il voto non devo darlo io ma voi, valutate se abbiamo vinto o perso, se potevamo fare di più, se abbiamo fatto troppe sconfitte o troppi punti. Ho lavorato in maniera seria, cercando di fare il bene della Roma. Ho il mio metodo e il mio modo di fare del quale mi fido. Ognuno gli dia nella sua testa l'importanza che vuole ad una vittoria o a una sconfitta. Ho gioito e sofferto insieme a voi durante la stagione.
Tre momenti che porta con sé di questi 18 mesi
I risultati nel calcio sono tutto. La fotografia migliore è quella della serietà del gruppo, di come mi sono venuti davanti ogni mattina e come hanno impostato il lavoro giornaliero. Quello è il passaporto per fare un buon campionato, il biglietto per confrontarsi a testa alta contro qualsiasi avversario. Se non lavori in maniera corretta è impossibile fare risultati. Il lavoro dei ragazzi e i risultati che hanno fatto la differenza tramite episodi sia nel bene che nel male.
Quale momento le rimane dentro con maggior fierezza?
Bisogna sempre passare attraverso la qualità del modo di lavorare e di parlare, riuscire a far rendere conto ai calciatori quale sia l'obiettivo che coinvolge la vita professionale e quella privata del calciatore. Se non c'è disponibilità a buttar dentro la qualità diventa difficile. Non mi ero mai distaccato totalmente dalla Roma neanche quando ero in Russia, guardavo sempre risultati e prestazioni. Abbiamo lavorato nella maniera corretta, poi in questo lavoro ci sono dei passaggi e dei risultati fondamentali, ma la cosa più importante è che lascio una Roma forte, con delle individualità importanti e che si è comportata da collettivo anche se non abbiamo remato tutti dalla stessa parte. Le potenzialità della società e del sentimento che ci sta intorno sono importanti, magari proprio ripartendo dalla partita di domenica. Da una parte sembrava una festa e dall'altra un addio, quello al calcio giocato di un grandissimo come Totti. Domenica si è visto rinascere qualcosa che può venir fuori e ridare quel sostegno totale verso una direzione che racchiuda tutte queste potenzialità che ha l'ambiente della Roma. L'ambiente è molto bello, mi dispiace lasciarlo.
Se potesse tornare indietro cosa cancellerebbe?
Di errori ne ho fatti ma mi sono comportato sempre con coerenza. Ho detto cose in momenti forti ma se le ho dette era il momento di dirle. Sia per il rapporto avuto con la società sia quello con la squadra. Sono quelli i momenti che smuovono, qualcuno può dire che la dichiarazione non fa bene al gruppo, ma se fosse stato dentro al nostro rapporto si accorgerebbe che è stata corretta fatta in un determinato momento. Non si può tornare indietro, i fischi di domenica li ho senti, anzi pre-sentiti perché li avevo già percepiti. Quelli vengono dalla coscienza di qualcuno che ha voluto anteporre una guerra interna che non esiste tra me e Totti. Quei fischi non me li merito, per come sono fatto e per come ho lavorato. Si è andati avanti con questa storia e si è creata una linea di demarcazione e questa potrebbe essere una difficoltà futura per la Roma, cosa che non mi auguro. A chi ha portato avanti questa divisione voglio dire che ora deve fare un discorso diverso: c'è un Totti di meno e serve sopperire alla mancanza della sua qualità.
Anche la storia delle barriere è durata troppo e ci ha tolto forza, quella che è la forza della squadra . Chiunque giochi nella Roma è potenzialmente un campione. Spero che quella emersa domenica sia la linea che unisca tutti e che la Roma faccia risultati migliori. Con Francesco saremo sempre amici, continueremo a parlarci come ho fatto ieri. Francesco ed io continueremo a rispettarci in tutto e per tutto. Poi se parla qualche ventriloquo non lo so, ma c'è stima reciproca, anche nel prendere decisioni che sono dispiaciute a me in primis.
Vai via perché non puoi fare meglio di così?
Gli allenatori vanno e vengono, non c'è un solo risultato che determina le cose. Io sono così, posso essere uno schifoso o un maledetto ma sono una persona per bene e faccio le cose per bene per quello che è il valore e la qualità da esibire. Sono oltre 20 anni che faccio questo lavoro e non mi faccio condizionare da chi vorrebbe suggerirmi qualcosa che nasconde un inganno per la Roma. Faccio le cose per il bene della Roma, poi qualcuno dirà se sono fatte bene o male. Siete voi ad avere la possibilità di trasportare fuori un discorso più diretto perché avete la possibilità di parlare coi calciatori, poi fuori si fanno un'idea loro. Ormai ci sono contatti anche fuori, perché ormai esistono i mezzi. Trovo di continuo commenti contro la Roma, i miei obiettivi sono stati quelli di fare più risultati possibili per la Roma. Ognuno li valuti come vuole. Questa divisone che si è creata mi dispiace, probabilmente ho sbagliato qualcosa anche se secondo me non ho sbagliato niente. Ci sono molte persone che mi hanno fischiato e quei fischi mi hanno fatto male perché non li merito. E se quelle persone le incontrassi una ad una ed entrassero nella mia testa per un solo momento, quando abbiamo perso col Lione o con i nostri vicini di casa che stanno a cuore a qualcuno qui dentro, non avrebbero fischiato.
Cosa manca alla Roma per vincere?
E' il limite di questo sport. Pensavo di avere la risposta, col presidente abbiamo cercato di allestire qualcosa con le possibilità che avevamo. Poi ci sono anche gli altri, la Juventus non ha permesso a nessuno di mettere mano sulla vittoria. C'erano altre possibilità per vincere ma le abbiamo fallite, è una cosa che andando a cercare delle caratteristiche e delle qualità che ti diano ancora più forza. Con Lo Monaco abbiamo detto che la squadra l'anno scorso era corta, Si loda giustamente il Napoli ma noi la scorsa stagione avevamo caratteristiche simili a quelle del Napoli di oggi con Keita e Pjanic, maestri nel palleggio nello stretto. Quest'anno ho fatto una scelta diversa, che ha pagato ma che ha fatto percorrere una strada diversa alla squadra. Dzeko ha fatto tantissimi gol e anche quest'anno lo abbiamo discusso per alcune partite in cui è sembrato non altezza della Roma, figuriamoci che potenzialità che ha per il futuro. E' un ragazzo sensibile e per bene, se quando segna Totti o un altro col nome che vi piace si scrive che può andar via, a lui questo dà fastidio. La cosa che traspare agli occhi di tutti è che la Roma è una squadra forte, sono sicuro che l'arrivo del direttore (Monchi, ndr) che ha vinto qualcosa negli ultimi anni darà un contributo maggiore grazie alla sua capacità e la voglia di Pallotta che ha. Non è detto che il calciatore più forte sia quello che è stato bravo l'anno precedente, ci sono altre qualità che vanno adoperate sennò Dzeko non sarebbe stato quello di quest'anno. Ero arrivato secondo in passato e anche quest'anno, non è andata bene come avrei voluto però non vorrei sentir dire che questa seconda edizione di Spalletti è stata di passaggio, perché ci sono contenuti importanti che vanno portati dietro per fare una Roma ancora più forte.
Si è mai sentito lasciato solo dalla società? Chi non ha remato dalla stessa parte?
Sono pettegolezzi che non voglio commentare, questa linea non mi è mai piaciuta. Chi non ha remato l'ho già detto. Penso che Totti lasci un vuoto difficilmente colmabile, se non facciamo gruppo l'esaltazione di un solo elemento disturba anche l'elemento stesso nel calcio. Lui non l'ha subito perché è assoluto, è stato forte anche nell'esaltazione, prendendosi le responsabilità di quello che gli è stato dato. Però appiattisce gli altri e quando io difendo gli altri per voi è un andare contro di lui, ma non è così. Ho fallito nella cosa più importante perché la Roma ha potenzialità ambientali, di strutture e di forza della città e la prima cosa che volevo fare era riuscire a compattarli per lo stesso obiettivo ma non ci sono riuscito.
Non le dispiace lasciare l'immagine del "nemico di Totti"? Senza fischi sarebbe rimasto?
"Nemico di Totti" fa parte della coscienza di chi vede questo rapporto tra noi, ci sono 3-4 che ripetono sempre le stesse cose, son diventati dei ritornelli. Spero ci sia qualcuno che comprenda la scelta che ho fatto in alcuni momenti. Ci sono dei dati tecnici che diventano fondamentali per portare avanti un discorso: quando sono arrivato la Roma era in difficoltà di gioco, non c'erano molti leader e non c'era una situazione che facesse intravedere un'uscita veloce da questa situazione. Ho dovuto prendere delle decisioni che hanno poi portato ad un percorso in cui Francesco è stato tra quelli che ho ringraziato di più pur avendolo penalizzato per averlo fatto giocare. Se lui ha giocato meno e la Roma ha fatto il record di punti, significa che esiste un altro modo di fare per arrivare alla vittoria. Questo senza togliere niente a lui, che ci ha fatto vedere giocate impossibili, è dall'estro del campione che si tira fuori il concetto di una squadra. Le sue qualità le ho prese per mostrare una strada ai compagni di squadra.
I fischi partono da lontano, da quando sono arrivati. Con gli applausi non cambia niente, ho incontrato la gente fuori dal cancello di casa, c'è un modo di dire qua a Roma: "Gli allenatori vanno via da soli" perché c'è tutto un contorno che si verifica e che a me disturba meno ma che a qualcuno lo ha disturbato di più, dato che dopo 3 mesi ha smesso di lavorare con la testa per questo disturbo voluto di metterlo contro Totti, la volontà di creare il problema alla Roma. Con Totti diventeremo amicissimi e chissà se verrà un giorno in cui racconteremo qualcosa. Siamo stati tutti un po' più disponibili verso gli altri, i calciatori non sono tutti uguali: io guardo chi arriva prima in allenamento e che dà di più, guardo tutte le componenti di una partita. Io non so se voi le avete guardate tutte, avete sempre parlato del dualismo. Se il problema ero io, ora io vado via, Francesco continui così non sono io quello che lo ha fatto smettere. Non sono stato io, ha smesso da solo. Anche l'età che ha gli impone di smettere. Lo avrò fatto smettere o lo avrò fatto giocare un anno in più? Secondo me la seconda, gli ho voluto strabene.
In una settimana avete perso le coppe. Aveva avvertito tutti, perché non è riuscito a schivare quell'iceberg?
Perché non sono riuscito a lavorare bene con la squadra e creare quel muro che impedisse di perdere certe partite. Ho commesso errori, a volte bisogna giocare d'anticipo con la squadra. Dopo il derby perso c'era l'idea che il Napoli avesse un calendario migliore del nostro, c'era il timore che scarseggiassero le energie per rispondere a quella sconfitta. Avevamo davanti il Milan e la Juventus, abbiamo iniziato a trovare i motivi del perché e si è lavorato bene. A Milano la Roma ha rimbalzato il derby perso a San Siro. In quella settimana delle coppe ho commesso errori che hanno limitato la squadra, ma se si vuole vedere come un limite il fatto di non aver vinto, state attenti, perché sono passati anni e c'è il rischio che ne passino altri se non si fa un corretto dosaggio di quelle che sono le richieste da fare a una squadra di calcio e a una società. Ci vogliono spiegazioni obiettive, serve un contatto diretto con la massa di questi cuori. I tramiti saranno Monchi, che è quello che è conta ora, e il sentimento degli sportivi, senza tanti mediatori. Spero che il ds parli molto alla gente, a chi vuole bene alla Roma e che ne hanno a cuore le sorti.
Quando ha pensato di lasciare la Roma?
E’ stato un pensiero che si è maturato con il percorso, non c’è stato un solo episodio. Io da persona schifosa ma per bene dico delle cose e le mantengo. Esprimi delle idee e delle cose che devono venirti da dentro per avere un buon rapporto con la squadra, io ho un rapporto bellissimo, speravo di poter stimolare questi calciatori per vincere e l’ho detto. E’ chiaro che non puoi tornare indietro. Io vengo preso a lavorare la mattina, molto presto, vado via tardi, a volte mi diverto in palestra con i collaboratori. Stare insieme con i fisioterapisti, col dottore, coi collaboratori è un motivo per parlare, per ascoltare, per poter dire ognuno la sua, qualche cosa di importante viene sempre fuori. Ho passato lunghe giornate qui a Trigoria per cercare di sfruttare tutte le cose. E’ step dopo step che si matura, non è solo un episodio, non è il culo di vincere una partita. E’ un modo di fare, è la follia ambientale positiva di domenica, siamo stati coinvolti da questo straordinario evento, che ho filmato e che terrò con me.
Cosa deve pensare il tifoso della Roma se il suo allenatore preferisce una squadra che non fa l'Europa League? Quanto deve preoccuparsi il tifoso e quanto Di Francesco?
Io sono una persona libera, prendo contatti con chi voglio da qui in avanti, a me interessava questo: finire in questa maniera. Il direttore Monchi lo sa, ve lo racconta lui, poi l’idea che si fa la gente sulle mie scelte non lo so, ognuno reagirà come crede. Quello che verrà detto non è che mi disturbi più di tanto. La Roma muove tante situazioni, per cui non mi interessa e non lo voglio sapere, ognuno lo tiene per sé. Io da qui in avanti comincio a parlare con quelli che vorranno fare uso della mia persona come metodo, come allenatore, come faccia. E’ una cosa normale e naturale. Vado fuori e telefono per parlare di calcio, organizzo il prossimo futuro in base a quello che mi propongo se mi piace, se non mi piace non mi organizzo.
Di Francesco?
Spero che sia uno tra Montella e Di Francesco il prossimo allenatore.
Di Francesco è la persona giusta per la Roma?
Il fatto di non aver rinforzato la squadra a gennaio è stato lo stimolo per andare da un’altra parte? Io spero che sia uno tra Montella e Di Francesco perché conoscono la Roma, hanno qualità umane che ci vogliono oltre a quelle di allenatore, a tutti e due il ricordo della Roma non è stato cancellato, nonostante gli sviluppi professionali. Mi vuoi far parlare male della società? Io ho ricevuto tutto quello che potevo ricevere. Mi interessano le caratteristiche come possibilità e dico ci sto, non vado a dire mi hai detto una cosa per un’altra. In quel momento lì ho preso calciatori che non stavano bene. C’era la possibilità di far entrare un calciatore e per difendere il carattere e la mentalità di un altro calciatore ho detto di lasciar stare. Ritenevo più importante il fatto di far stare tranquillo un calciatore invece di mettergli il dubbio della competizione, poi questo calciatore non lo ritenevo al livello del mio. Pallotta, per il suo modo di fare sport e di essere presidente, ha fatto vedere che vuole investire e vuole fare cose importanti. Pallotta vuol fare lo stadio per la Roma, si mette in dubbio che lo stadio lo faccia per interessi suoi? Qual è il dubbio che si vuol dare? Mannaggia ragazzi. Ridiciamolo: famo sto stadio. Diventa tutto più facile per la Roma e per il movimento calcio, per quelli che vogliono bene a questo sport e a questa squadra. E’ lì lo sbocco, la chiave per avere più introiti, più lavoro per le persone, più calciatori di qualità, più spettacolo per lo stadio. C’è una citazione di un cantautore romano importante: “Non escludo il ritorno”. Mi garba questa cosa qui.