Altre 09/03/2017 17:53
Contro i cori dell'odio immunità inaccettabile
IL MATTINO (F. DURANTE) - Dice De Laurentiis: «Poiché i giornalisti del nord mi odiano, ed odiano il Napoli, si sono scatenati tutti contro di noi per creare casino dentro casa nostra». E continua: «Non sono l'uomo delle polemiche, ma dopo dodici anni di calcio sono stufo. Sentire in ogni stadio cantare «Lavali col fuoco» senza che nessuno dica nulla mi dà molto fastidio, io non mi sognerei di dirlo ad un altro cittadino italiano». E conclude: «Il pubblico napoletano in questa serata contro il Real Madrid ha dato una lezione di crescita culturale all'Italia». Ha ragione il patron? Oppure esagera, gigioneggia, delira? Vediamo.
Sui cori razzisti contro il Napoli (per un istruttivo florilegio cfr. www.coridastadio.com) ha ragione da vendere. Le cronache li registrano puntualmente, e persino il giudice sportivo ne prende nota: per questo motivo ha appena punito la Juventus dopo la sfida di coppa Italia (benché l'abbia invece assolta per gli«ululato altrettanto razzisti nei confronti di Koulibaly, insultato non in quanto napoletano ma in quanto nero, cosa che evidentemente dev'essere ritenuta meno grave). Sulla «lezione» impartita a tutta Italia dal pubblico napoletano ha ragione anche di più, e fa benissimo a sottolinearla: è un modo per far capire che si può essere tifosi senza essere dei bruti, e senza nutrire un odio cieco per l'avversario. Quanto ai giornalisti, certo generalizzare non è mai corretto, però, checché ne pensino l'Ordine e la Federazione della stampa nelle loro repliche un po' rituali, anche qui DeLa ha le sue ragioni.
E' ancora fresco il titolo a tutta prima pagina di «Libero» dopo la famigerata partita di Coppa Italia contro la Juve: «Piagnisteo napoletano», in testa a un pezzo che bollava la protesta azzurra contro l'arbitro come uno dei mille modi in cui Napoli esorcizza i suoi guai addossandone ad altri la responsabilità. Nient'altro che la solita «sceneggiata», insomma, buona per il calcio come per l'assenteismo cronico, per la disoccupazione come per le magagne del Pd. Sicche «tutte queste lacrime... confermano che il napoletano medio è ancora "mariuolo dentro", vittimista antropologia.
Si dirà: ma non tutti i giornali sono come «Libero». Vero. La differenza sta in una certa cifra di sussiego che su fogli di maggior prestigio nazionale non consente di arrivare a questi estremi di volgarità. Gratta grana, però, il sottotesto non cambia. E, questa essendo la vulgata, qualsiasi sfogo, da qualsivoglia ragione occasionato, finisce per passare per noioso vittimismo, se non per un maldestro tentativo di lesa maestà nei confronti dei club più blasonati.
La verità più vera resta comunque che tutti o quasi, il più delle volte per banale convenienza, tendono a minimizzare la portata delle offese razziste, e a farle rifluire nella dimensione di innocenti sfottò ed estemporanee manifestazioni di umorismo popolare. È così che si fa dello stadio una zona franca in cui è tollerato tutto ciò che in un contesto normale sarebbe ritenuto inaccettabile e perseguito come tale. Il tifo organizzato gode di una sua immunità per certi versi simile a quella che tutela il parlamento; non a caso, infatti, ci càpita a volte di paragonare quest'ultimo a uno stadio. Ma se si comprende facilmente l'esigenza di tutelare il diritto di espressione dei parlamentari anche quando tralignano nella volgarità e nella diffamazione (e magari intonano cori «goliardici» contro i napoletani, come ha fatto Salvini), davvero non c'è motivo per continuare a subire la bestiale violenza verbale, l'oltraggio animalesco, la barbarica turpitudine che sale dalle curve a opera di branchi di subumani coccolati da tutti i club, e particolarmente da quelli usi a far sfoggio di siderale, ineffabile signorilità.