LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Una cosa è certa: non c’è un modo giusto di viverlo, questo stranissimo derby del silenzio urlato. Ufficialmente le curve non entreranno, eppure era tanto che dell’ordine pubblico non si parlava così tanto, prima di un Roma-Lazio di campionato, senza in palio nulla più che cinque mesi di primato cittadino. Primato cittadino da conquistare senza supporto esterno: niente coreografie, niente tifosi, tanti spazi vuoti. “Un derby senza curve non vale niente. Il calcio è passione, tifo, appartenenza. Senza è un gioco stupido”, la sentenza di un acceso tifoso romanista su uno dei tanti forum a tinte giallorosse. A prevalere, quando si tratta di voce del popolo, sono però le rimostranze feroci verso il prefetto Gabrielli. A lui - non è una novità - imputano lo svuotamento delle curve, bandiera bipartisan delle ragioni degli ultrà. “Chissà quale gruppo di seggiolini farà festa”, ironizza qualche tifoso intervenendo alle radio locali.
Di fronte al rischio di contaminazioni e incidenti evocati anche dal “nemico” Gabrielli, i tifosi si scambiano inviti alla cautela:
“Non fate cazzate, nessuno deve andare allo stadio, niente disordini che ci si ritorcerebbero contro, sarebbe la fine, proprio adesso che stiamo cominciando a far capire a questo prefetto che le curve di Roma devono essere liberate da chi le vorrebbe morte”. E tanti percepiscono cedimenti da parte delle istituzioni e invocano calma:
“Il prefetto sta concedendo un’intervista al giorno, e ogni giorno fa un piccolo passo indietro rispetto alle sue posizioni originarie. Piccolo, impercettibile, ma reale”.
Non solo Gabrielli però è il nemico di chi vuole disertare. Tanti puntano l’indice verso la società, sfottendo Pallotta (
“Vai a farti la coreografia da solo in curva”) e le scelte del club:
“Dopo 45 anni di stadio siete riusciti col vostro comportamento ad allontanarmi dallo stadio, vi ho dato 715 euro con quattro abbonamenti e invece starò a casa per non essere minacciato di daspo o magari multato se mi sposto per vedere la partita accanto ad un amico che non vedo da tempo”, racconta un utente di uno dei siti più frequentati dal tifo organizzato giallorosso. Gli fanno eco colleghi non meno chiari nelle loro rimostranze:
“Chi entra è complice”, gridano in coro.
Attenzione però, perché esistono molti pareri discordanti.
“Non riesco ad essere d’accordo con questa protesta fino in fondo - sostiene un ascoltatore radio -
chi antepone altro alla Roma non la ama davvero: possiamo cambiare le cose solo continuando a tifare”. E ancora:
“Se la curva è vuota e non si canta più non dipende certo da Gabrielli ma da chi si ostina a credere che bisogna sempre e comunque andare contro il sistema?”. Qualcuno non ne ha bisogno per sentirsi tifoso.