Altre 05/10/2013 00:52
DE ROSSI: "Il 26 maggio non poteva essere la mia ultima con la Roma. Garcia? Leale e semplice. Rispetto per Zeman, non ho sassolini nella scarpa. Io capitano? Non serve una fascia per essere felici" (AUDIO)
Sulla gara col Bologna
Lo scorso anno... gran bel calcio per 10 minuti o per mezz'ora ma poi ci spegnevamo come delle candele. Io a Roma-Bologna dell'anno scorso non avevo giocato ma è stato altrettando scintillante, era finito 2-0 ma poteva finire 3-0 o 4-0 il primo tempo. Quei 30 minuti li avevamo sempre fatti, sarebbe meglio analizzare gli altri 60 minuti, c'è stata una gestione della partita importante. Non con lo stesso ritmo e intensità e con lo stesso numero di occasioni, ma c'è stata una gestione tranquilla e attenta della partita, una squadra avvelenata per non voler prendere gol e c'è riuscita.
Sul salvataggio al derby
Un salvataggio importante per noi, per la classifica, per i tifosi, per il morale. Dopo il 26 maggio, subire la batosta di essere recuperati al 91', In 10 contro 11, dopo un derby che sembrava vinto, sarebbe stato un momento molto basso per noi. Sono contento di aver salvato quel gol. Magari tirava fuori, magari per una volta la fortuna girava e aiutava anche noi. Di sicuro l'ultima pagina di questa storia non è stata quel 26 maggio ed è importante, già ora sono più sereno.
Su Garcia
Le annate passate erano state disastrose, diciamo negative. Credo che tanti dei vecchi giocatori avessero voglia di riscatto più di quanta se ne abbia dopo un'annata non molto positiva in cui c'e qualcosa da salvare. Noi dovevamo ricominciare da zero, ripartire e cambiare completamente registro. Credo che questo lo abbia aiutato nella gestione del gruppo. Poi ci vuole una grande lealtà, che è una cosa che lui non dimentica mai. E' sempre leale e diretto con noi, non lo vedi mai artefatto e sopra le righe, molto semplice e normale. Nel calcio, come negli altri mestieri, la gente semplice è quella più diretta. E il calcio è una cosa semplice, non bisogna inventarsi niente.
Come hai convinto Garcia a correre sotto la curva?
Lui è molto partecipe alle nostre vittorie, perché poi sono le sue. Ha un grande merito in queste vittorie. Gliel'ho chiesto, non era molto convinto. Secondo me sia noi che i tifosi avevamo bisogno di vederlo gioire insieme ai tifosi, visto che sta creando questa cosa per ora così bella. E non si è tirato indietro. Poi non ha fatto le capriole, è stato molto contenuto come tutti noi, era giusto festeggiare in maniera contenuta dopo quel derby in cui nessuno è andato a chiedere scusa ai tifosi. Con contegno e discrezione abbiamo festeggiato insieme a lui, che è stato un grande artefice di quella vittoria.
Sul tuo rapporto con Garcia
Ci ho parlato la prima volta al telefono, che ero ancora in vacanza, per gestire bene i giorni e lui era molto gentile e disponibile. Credevo e sentivo che mi parlava come fossi un suo giocatore, mentre tutto il mondo stava dicendo il contrario. Cosa che poi non era vera, ma se leggevi i giornali e i siti in quei giorni, tutti mi davano per fatto. Ogni tanto mi davano anche in qualche città esotica a firmare chissà quale contratto. Mentre lui mi ha trattato come un suo giocatore,, come un giocatore che sarebbe rimasto. Mi è piaciuto questo: il senso di appartenenza. Ha subito parlato di lavoro e della prospettiva di fare una bell'annata insieme.
Sul mercato estivo
Si è parlato molto questo estate. Per la prima volta, quando ho parlato con la società e col mister, visto che mi piace essere sempre chiaro, ho detto che avrei voluto ascoltare eventuali offerte. Mentre negli anni precedenti avevo sempre rifiutato ogni offerta anche prima di ascoltarla, quest'anno ho sentito che poteva essere l'anno giusto per provare a sentire quello che veniva fuori. Non ero mai stato convinto di cambiare, quello no, ma sentire per non rifiutare a priori come ho sempre fatto era giusto. Lo scorso anno, lo sapete meglio di me, le cose non sono andate bene e io voglio che le cose vadano bene per me e, quasi soprattutto, per la Roma. Essere un giocatore della Roma e non fare felici i tifosi, non mettere tutti d'accordo come quasi sempre è stato, per me era un peso schiacciante non metterli d'accordo. C'erano tante cose che non andavano, ma forse ce n'era una più grande: non potevo pensare che la mia ultima partita con la maglia della Roma potesse essere quella... Non riuscivo a mandarlo giù. Mi potevo immaginare in qualsiasi squadra del mondo, alzare qualsiasi trofeo, ma pensare di aver giocato l'ultima partita con la maglia della Roma in un derby perso in finale sarebbe stata la fine sbagliata di una grande storia d'amore tra un calciatore e una squadra.
Sul tuo rapporto con la città. Parlasti di calunnie riguardo l'ambiente romano. Come spiegheresti a qualcuno l'ambiente romano?
Non lo puoi spiegare, non lo capirebbe. Dovrebbe viverci 30 anni, magari 12 da calciatore. E magari provare a viverci come ho vissuto io in questi anni: senza scendere mai a compromessi, senza creare rapporti particolari con un certo tipo di stampa, senza creare barriere che a volte sono anche necessarie qui a Roma. Poi ripeto: non deve essere distorto questo fatto. Quando ho usato la parola 'calunnie' ho usato la parola giusta. Ma non deve nemmeno passare però il concetto che io a Roma male, che non posso camminare per strada o che abbia vissuto chissà quale avvenimento spiacevole: vado in giro per strada e non trovo mai gente ostile, non trovo mai scritte o attacchi da parte dei tifosi. Nemmeno da parte dei laziali, sono sempre stato rispettato da tutti.
Su Zeman, disse di "pensare al bene della squadra e non al proprio"
Non lo ricordo come un momento piacevole della mia carriera. Venivo da una panchina, che avevo accettato non felice ma in maniera professionale. Avevo fatto il tifo per i miei compagni, avevo gioito per la vittoria e solo dopo, a casa, avevo scoperto queste dichiarazioni. Di tante cose che non sono andate bene lo scorso anno, di alcune cose che mi rimprovero di aver sbagliato da mille punti di vista, sul lato professionale e umano per come ho sempre reagito a tante piccole cose non mi rimprovero niente e questo me lo riconoscono soprattutto i miei compagni. Non ho reagito a queste parole, sono tornato dalla Nazionale come niente fosse. Era giusto così, io devo fare il calciatore: come succede in ogni lavoro, se lavori in un ambiente per 12 anni non puoi trovare il capo con cui vai sempre d'accordo, con cui non hai mai opinioni differenti dalla sua. E' andata così, ha detto quelle cose, dal mio punto di vista non erano vere. Ho continuato ad allenarmi bene e a rispettarlo, ci mancherebbe altro. Tornare a parlare di queste cose ora che le cose sarebbe facile, sarebbe come togliersi dei sassolini dalle scarpe che io non ho. Sono molto sereno, veramente.
La Nazionale
Sarebbe stata unestate infinita se non ci fosse stata la Nazionale. Sarebbe stato un incubo, era tutto più pesante del solito. Stagioni negative le avevo già vissute, ma niente è paragonabile a quello che abbiamo vissuto questanno. Nonostante a volte abbiamo finito il campionato in posizioni di classifica peggiori e nonostante in altre stagioni la finale di Coppa Italia labbiamo vista col binocolo, ma perderla con la Lazio ha fatto si che tutto sembrasse peggiore. La Nazionale m'ha salvato. Ho rimesso dopo una settimana gli scarpini ai piedi e avevo quasi un senso di nausea. Come a dire "Ma che ci faccio qui". Poi l'aria che si respira Nazionale, da grande club, come se stessi sempre giocando in Champions League, fa bene e aiuta a rifissare i tuoi parametri e la tua carriera, che nonostante la delusione cocente va avanti. Giocatori forti in Italia sono nati sempre e nasceranno sempre. Che questo miglioramento fosse così repentino non ce lo aspettavamo, è stato tutto molto veloce. Nel 2010 cè stato il crack assoluto, mentre nel 2012 abbiamo rischiato di fare la storia dellItalia. Credo abbia influito e aiutato anche il discorso etico che porta avanti il mister ma soprattutto un ritorno a un certo tipo di gioco e di cultura calcistica che forse si perdeva un pochino. E il ritorno alla condizione ottimale dei giocatori forti, che in Italia ci saranno sempre. Secondo me il centrocampo è sempre una parte importante della squadra. A prescindere da quello che sentiamo noi, i risultati dicono che possiamo stare al livello dei migliori. E i migliori sono quelli che ci hanno sempre battuto: alla Confederations Cup ai rigori, agli Europei in maniera decisamente più netta. Ma abbiamo sempre giocato al loro livello e questo ci riempie di orgoglio e ci fa ben sperare per il futuro. Credo che ce la giochiamo con tutti. Dire che siamo favoriti non è la realtà, ci sono sempre le solite squadre che si giocheranno il Mondiale fino alla fine e noi siamo tra quelle: la Spagna è sempre la Spagna, il Brasile giocherà in casa, lArgentina non la scopriamo adesso, ma non vedo divari tra noi e loro.
Il calcio in italia
Ho già parlato del livello calcio in Italia una volta e poi rileggendomi non mi ci sono trovato, sembra quasi sputare nel piatto dove mangi ma se dovessi dare un giudizio sul calcio italiano non sarebbe positivo. Quando guardi la Premier League o la Bundesliga è tutto un altro spettacolo. Campi perfetti, sembra una cavolata ma è importantissimo. Da noi spesso e volentieri trovi campi di patate. Stadi stupendi, tanta gente allo stadio, atmosfere calde ma civili. Secondo me, lho già detto una volta, siamo molto indietro rispetto agli altri paesi. Noi calciatori possiamo aiutare, ma fino a un certo punto. Cè un modo molto latino, molto italiano di vedere il calcio, quasi una passione religiosa, che porta gli italiani a esagerare a volte. Anche a noi giocatori ci porta a esagerare, parlo anche di me a volte. E un modo di vivere il calcio che si è impiantato nella nostra cultura ed è difficile da estirpare totalmente, si può migliorare. Il razzismo? E una cosa odiosa, ma quanti di quelli che fanno il coro razzista sono davvero razzisti? Quanti lo fanno per offendere un giocatore, per ignoranza o magari solo per farsi una risata? Che poi è una cosa che non fa ridere. E più ignoranza che razzismo vero e proprio. Lignoranza non finirà mai, così come il razzismo, ma credo che negli stadi si tratti più di questo.
Sulla città di Roma
Di Roma mi piace tutto, anche quelle cose che spesso a noi calciatori non piacciono. Anche un pizzico di caos in centro, un po di traffico Ho vissuto per 2 anni a Campo de Fiori, chi la conosce lo sa che non è proprio la villa a Palocco, con il verde e gli uccellini che cantano (ride, ndr). E proprio Roma, ci sono le famiglie romane che si tramandano i banchi di frutta e verdura da secoli, credo. Cè tanta romanità e tanta umanità, si crea quasi un discorso di amicizia con loro. La mattina, quando uscivo, le prime volte si chiedevano: Che ci fa questo qui alle otto di mattina. Poi dopo è diventata una cosa molto comune. E stato un periodo molto bello della mia vita. La sera si trasforma e diventa fin troppo caotica, ma quella piazza è davvero la zona che amo particolarmente. Naturalmente ora vivo a Ostia, quindi lontanissimo da tutto.
Roma non è un limite alla tua carriera?
Lo è, oggettivamente. lo è stato per me come lo è stato per Francesco (Totti, ndr), come per altri giocatori che si sono affacciati a livello internazionale e hanno deciso di legarsi a una squadra che, oggettivamente, non è il Barcellona o il Real Madrid. Forse si poteva fare di più ma a 30 anni non è un rimpianto, sono serenissimo. Vedo Francesco che è arrivato a 37 anni e si è creato un ruolo così grande che credo gli dia sia un orgoglio maggiore di quanto lo dia alzare una Coppa Campioni, una coppa Uefa o vincere la Premier League.
In cosa vorresti ti somigliassero i tuoi figli?
Non lo so, non è facile parlare di me, ne di mia figlia e di quella che arriverà. Spero che i miei figli si amino tra di loro quanto io amo loro. Spero che la mia famiglia sia molto unita, è la mia speranza costante e sono fiducioso che si avvererà. Spero che mi assomigli nell'onestà: dico qualche bugia, ma solitamente dico la verità.
Sull'Inter
E' una partita difficile, forse è l'avversario più forte tra quelli che abbiamo incontrato finora ma non è la partita più difficile. Non è facile giocare a Livorno, non è facile giocare a Genova, non è facile vincere un derby soprattutto col clima che ci portavamo dietro al 26 maggio. Partite difficili come quella con l'Inter le abbiamo già affrontate. Sarà difficilissimo vincere, loro sono fortissimi, immagino una bella partita, abbiamo creato sempre tante occasioni e vinto bene e troviamo una squadra che dal punto di vista del gioco ci metterà in difficoltà. Con Mazzarri non ho mai lavorato, lo stimo molto, era uno dei nomi che veniva accostato alla Roma e mi faceva piacere, è uno che ha sempre fatto parlare per lui i numeri. Ha ottenuto risultati importanti, sempre meglio di quello che poteva ottenere. Non conosco il lavoro quotidiano con l'Inter e non lo posso giudicare, come sempre vedo i numeri. Come noi, l'Inter non sembrava avere una squadra, ma poi ha dimostrato il contrario. L'Inter, come la Roma, ha giocatori molto forti.
Sul tuo soprannome: capitan Futuro
Un soprannome che non mi ha mai fatto impazzire, fin dalla prima volta che l'ho sentito. Mi chiamano anche Danielino, anche se ho 30 anni, pare ne abbia 18. Dal punto di vista pratico lo metto da parte. E' un orgoglio essere il vicecapitano quando c'è un giocatore come Totti davanti. Puoi essere qualcosa in meno con quel giocatore davanti, lo sai che sei qualcosa in meno, sai che puoi dare tanto da un punto di vista diverso dal suo e lo fai con piacere. Pensare che tu subentrerai a lui quando non ci sarà più non è una cosa piacevole: sarà un momento triste per me, per lui e soprattutto per i tifosi romanisti. Non è una cosa che vivo con ansia e che vorrei affrontare subito. Nessuno farà una festa e dirà "Evviva, De Rossi è diventato capitano". Saranno tutti abbastanza dispiaciuti perche la storia, il giocatore più forte della storia della Roma, smetterà di giocare a calcio. Non ho quest'ansia, mi vedo riconosciuto dai miei compagni come un giocatore importante, come un loro amico e una persona per bene. Anche i tifosi mi riconoscono come un simbolo di questa squadra, non c'è bisogno di fare un sorpasso o di avere una fascia al braccio per essere più felici.