Altre 19/07/2013 20:01

Italia, nel calcio 300mila infortuni l'anno. Ginocchio punto debole

 Allarme traumi 'in campò. In Italia si registrano circa 300 mila infortuni l'anno a fronte di una popolazione di sportivi pari a circa 19 milioni. Il crac più frequente? Quello del ginocchio. Colpa soprattutto di calcio e calcetto. È quanto emerge dai dati 2012 dell'Istituto superiore di sanità (Iss) sui traumi sportivi. Tanti incidenti di gioco che sembrano addirittura in aumento.

A lanciare l'allarme è Francesco Franceschi, specialista in ortopedia e traumatologia all'Università Campus Bio-Medico di Roma, che il caso della Capitale: «Negli ultimi 5 anni gli interventi al menisco e ai legamenti crociati a Roma si sono triplicati: 148 nel 2008 contro i 397 del 2012». «A Roma - spiega Franceschi - abbiamo assistito in questi ultimi cinque anni ad un notevole aumento degli interventi al ginocchio per traumi sportivi in una fascia tra i 16 e i 35 anni, dovuti principalmente al calcio e al calcetto, che sono i più pericolosi per questa parte del corpo esposta a ripetuti colpi violenti. Solo al nostro Policlinico gli interventi sul menisco e sui legamenti crociati nel 2012 sono stati ben 397 contro i 148 del 2008. Percentuali in salita - sottolinea Franceschini - rilevate anche in strutture private». In aumento pure la riparazione della cuffia dei rotatori e gli interventi alla spalla, «saliti in percentuale al Policlinico - sottolinea l'esperto - del 122% negli ultimi cinque anni».

«Oggi - spiega Franceschi - grazie all'utilizzo della chirurgia mini invasiva, che si esegue in maniera non cruenta attraverso dei forellini dentro cui si inserisce un microscopio collegato ad un televisore munito di microstrumenti, si ricostruiscono i legamenti crociati dopo le distorsioni del ginocchio». L'esperto consiglia poi, se si vuole accelerare la riabilitazione e soffrire meno durante la fase post-operatoria, di «effettuare questi interventi anche sostituendo i legamenti rotti con dei veri e propri pezzi di ricambio prelevati da un donatore. In questo modo - conclude Franceschi - si riesce a non indebolire l'organismo del paziente, sottraendogli una struttura comunque utile».

(adnkronos)