Altre 18/04/2011 16:48

Cessione As Roma, Fiorentino: "DiBenedetto presidente a giugno: la squadra sarà un mix di giovani e affermati. Stadio? Spero interessi agli imprenditori romani..."

«Con il supporto di una banca di investimento come Rothschild, che ha fatto per noi il giro del mondo dei potenziali investitori, siamo arrivati ad una prima offerta non vincolate, poi abbiamo dato accesso alla due diligence. Successivamente siamo arrivati a delle offerte vincolati e abbiamo scelto quella che oggettivamente era la più significativa. Da lì siamo passati ad una contrattazione in esclusiva che ha portato agli accordi di venerdì a Boston. La scelta migliore? Non vorrei dire che è stata solo una scelta -aggiunge Fiorentino-, ma vorrei dire che documentalmente è stata la migliore. Nei numeri e nella modalità in cui è stata formulata l'offerta direi che è stata la migliore. Al di là dell'aspetto economico ci sono tutte le garanzie sullo sviluppo del progetto che non è mai stato un elemento marginale nella valutazione di tutto il processo».

Il confronto tra Unicredit e la cordata statunitense è stato lungo e serrato. «Gli obiettivi? Mi sono confrontato con loro sin dai primissimi incontri e sono rimasto molto colpito dalla loro esperienza nella gestione di marchi sportivi e nella capacità, di costruire intorno al team, una serie di eventi che trasformano quasi la squadra in un oggetto da media, che diventa il pretesto per poi fare del maketing su calciatori, maglie, eventi. Non chiacchiere ma cose che loro hanno fatto, in particolare DiBenedetto sui Red Sox e Pallotta sui Boston Celtics», spiega il vice di UniCredit. «Sulla base di questo riteniamo ci sia un grande potenziale. Il brand Roma è straordinario non solo in Italia ma anche all'estero e questa prospettiva ci ha subito interessato. Questo ci ha fatto intendere quella di una futura valorizzazione della Roma, e questo per noi è il team ideale». Fiorentino parla anche delle cifre dell'affare, con gli statunitensi che deterranno il 60%. «L'accordo con gli americani è quello di ampliare la base dei soci. Noi abbiamo il 40% ma siamo disposti a scendere, nella prospettiva di creare intorno alla Roma un team di investitori che possono dare valore. Gli americani stanno dando forze fresche in azienda, un grosso contributo sulla loro expertise sullo gestire gli eventi sportivi come spettacolo. Noi stiamo dando il nostro supporto finanziario -aggiunge Fiorentino- e riteniamo che ci possano essere altri investitori che possano dare un contributo su altri aspetti nell'ambito della gestione della Roma. Il tema è avere intorno al tavolo dei profili di investitori, che possano dare su aree diverse, il proprio contributo sulla valorizzazione dell'asset. Si fa marketing su un oggetto che vince, nessuno si appassiona a team perdenti. È chiaro che uno dei presupposti degli investitori è garantire una squadra competitiva per poi creare una positiva attenzione intorno al brand».

C'è stata un'offerta che vale 100 milioni di euro, verrà una volta ottenuta l'autorizzazione dell'Antitrust, lanceremo l'Opa e dopo ci sarà un aumento di capitale che darà risorse fresche all'azienda e ci sarà da parte nostra un supporto strutturale, dei crediti a medio e lungo termine che consentiranno una gestione ordinata anche dei ricavi e delle spese e faranno uscire dalla Roma una logica di anticipazione da ricavi futuri che è la modalità in cui in questo momento la Roma si sta finanziando. Avere una stabilità di flussi di cassa che è uno degli elementi fondamentali per poter tarare investimenti in base alle ambizioni e alle esigenze«, aggiunge Fiorentino parlando della trattativa e dei prossimi passi. Unicredit fornirà poi una linea di credito alla cordata Usa per poter operare anche sul mercato. »Noi forniremo questo prestito ma sulla gestione lasceremo la palla a DiBenedetto. Dovremo affrontare il mercato per essere competitivi ma sono argomenti che lascio al nuovo manager«. Proprio DiBenedetto dovrebbe diventare presidente »agli inizi di giugno«.

Il numero due di Unicredit fa poi una analisi completa di come si sia arrivati alla vendita agli americani. »L'Italia credo paghi la logica con le quali sono stati gestiti i grandi club delle grandi à italiane, una logica di mecenatismo. Se si pensa alla famiglia Agnelli, a Moratti, a Berlusconi -aggiunge Fiorentino-, alla stessa famiglia Sensi, a cui va dato l'onore di aver gestito l'onere della gestione per 18 anni della Roma e con grandissimi investimenti. In Italia c'era l'idea che questo sia il solo modo di gestire un asset su piazze molto calde. Una modalità alternativa è stata vista molto di più all'estero. Oggi gli imprenditori italiani erano spaventati«.

«Sinceramente non pensavamo di poter vendere meglio la Roma. Il valore degli asset si basa su dati di carattere economico e non sulla suggestione del brand». Paolo Fiorentino fa un raffronto con due club della Premier League. «Recentemente ci sono state due operazioni su squadre di calcio, una è stata quella dell' e una del Liverpool. Uno dei criteri è guardare il giro d'affari e per capire il prezzo si utilizza un moltiplicatore che nel caso del Liverpool è stato 1,6, mentre nel caso della Roma è stato 1,4. Il Liverpool vale di più perchè in Inghilterra i diritti tv sono più appetiti ed hanno ritorno più importante. L' è stato valutata 3,9. Ma poi si scopre che l' ha uno stadio di proprietà -spiega-, ha un contratto di sponsorizzazione da 110 milioni di euro ed ha potuto utilizzare la proprietà del vecchio stadio per fare 360 appartamenti e colui che ha comprato la squadra ha acquistato un progetto immobiliare». Nella lunga trattativa con gli americani ci sono stati comunque momenti di tensione e momenti in cui c'è stato il rischio che saltasse tutto. «Quando si fanno queste trattative per definizione bisogna cercare di far saltare il tavolo. In questo caso non ci siamo allontanati molto da quella che è una prassi. Il punto finale direi è stato più che sui dati il confronto che abbiamo avuto sul progetto futuro. Per me è stato illuminante -racconta Fiorentino- l'incontro con Pallotta. Un uomo molto appassionato oltre che determinato. DiBenedetto ha un taglio più manageriale. È un manager, colui che destinerà il suo tempo alla gestione della Roma, alle sue spalle ci sono persone che stanno affidando il loro danaro ed hanno coinvolgimento diverso. Pallotta sente molto le sue radice italiane più di quanto mi aspettassi, non dico da tifoso ma da grande appassionato».

«Nel piano che abbiamo discusso con gli americani non c'era lo stadio, ma è evidente che una squadra come la Roma ha un'opzione della costruzione dello stadio. Io auspico che la legge sugli stadi, come sembra, vada in porto. Alla fine le squadre di calcio sono delle medie imprese, la Roma incassa 140-150 milioni di euro, così come le imprese italiane hanno bisogno di un minimo di infrastrutture vanno date anche a queste imprese dei livelli di infrastrutture su cui possono costruire il loro business». Paolo Fiorentino, vice di Unicredit, parla di stadio della Roma per la crescita della squadra e del club. «Questo genererebbe un circolo virtuoso in Italia. Lo stadio non è solo una infrastruttura, ma creerebbe un indotto e ulteriori possibilità di sviluppo e in più opportunità di generare addizionale reddito, far lavorare intorno alla squadra di calcio molta gente. Ritengo sia un punto su cui ci sia grandissima voglia degli italiani di spendere», aggiunge a 'La Politica nel Pallone su Gr Parlamentò. L'imprenditoria italiana dovrebbe essere allettata dal business legato allo stadio. «Spero sia interessata soprattutto l'imprenditoria romana. Credo che Roma debba avere non solo un cuore romano nei giocatori ma anche un'anima romana nei suoi investitori e credo ci siano tutti i presupposti. Lo stadio può suscitare interesse».

Nessun intromissione, invece, della politica. «Lo sport nazionale è lamentarsi della politica. Il vero tema nel caso specifico è auspicare che il disegno di legge, estremamente complesso, sull'impiantistica sportiva si sblocchi. Questo metterebbe in moto anche infrastrutture pubbliche, volano per l'imprenditoria, darebbe spazi ulteriori ai giovani per fare sport e creerebbe presupposti anche per le squadre di calcio. È questo il vero tema e punto di attenzione», aggiunge Fiorentino. L'affare Roma confessa il numero due di Unicredit è stato il più complicato e «problematico per le pressione mediatiche, ma la politica non è mai intervenuta. C'è stato un atteggiamento solo preoccupato. È un asset che ha anche delle potenziali devianze, anche criminali con frange che non sono di tifosi che creano problemi di ordine pubblico. La politica era preoccupata -aggiunge Fiorentino- perchè il fenomeno fosse gestito senza preoccupazioni e abbiamo gestito l'asset in maniera dinamica, supportati dalla competenza dello staff tecnico e dal presidente Sensi. Poi non è stata una stagione fortunata, tutti questi cambiamenti non hanno giovato all'ambiente, ma fa parte della mistica del calcio».

Fiorentino non si sbilancia sull'organigramma operativo della Roma. «So che DiBenedetto sta già lavorando con degli esperti tecnici, certamente ci sono dei consulenti che stanno lavorando per la costruzione tecnica. In questo momento di ufficiale non si può fare nulla, quindi suoi consulenti hanno la possibilità di muoversi come gli altri». Il vicedirettore di Unicredit fa poi riferimento anche all'interesse di Soros per la Roma. «In realtà ci furono una serie di congiunzioni negative. Ci fu una prima fumata grigia e quando si era pronti per fumata bianca probabilmente erano cambiate già le condizioni». DiBenedetto una volta presidente si dovrà confrontare anche con il numero uno della Lazio, Claudio Lotito. «DiBenedetto con Lotito sarà una bella esperienza sul piano comunicativo. Lui è un pò un gattone, è molto esperta, ha grandi esperienze manageriali, ha una sensibilità molto forte sulla finanza e da una grandissima rilevanza al marketing e alla competenza. È totalmente fissata sul fatto di circondarsi da persone competenti», aggiunge Fiorentino che poi svela come nella cordata Usa ci sia «il mito del capitano». Poi sulla squadra futura aggiunge: «Vogliono puntare su giovani di gradissimo talento e mixarli con campioni affermati».

(adnkronos)