Altre 14/04/2009 14:27

Diamoutene: "Il mio sogno è di essere riconfermato alla Roma"

Conosciuto oramai a Trigoria come “Dedè”, roccioso e sempre sorridente, cresciuto e plasmato dalle sapienti mani di Serse Cosmi e Zdenek Zeman, ha saputo da subito inserirsi nel gruppo giallorosso e farsi voler bene per le sue doti calcistiche ed umane. Racconta la sua giovinezza, la strada che lo ha portato in Italia e il suo percorso dalla serie C alla A, fino a disputare la in giallorosso con quelle lacrime che tutti i tifosi giallorossi hanno impresso nella mente al termine della sfortunata notte dei rigori con l’. Innanzitutto, benvenuto a Roma!

 

Qual è il tuo primo bilancio a distanza di un mese?

«Molto buono. Di solito ci vuole sempre un po’ di tempo prima di ambientarsi in un team nuovo e con dei nuovi compagni di squadra, ma qui, visto il bel gruppo che h trovato, è stato tutto più semplice. Sono fortunato e molto soddisfatto. Ma voglio fare di più, questo è il mio spirito».

I tifosi ti conoscono ancora poco e vogliono saperne di più. Chi ti ha avvicinato al calcio?

«Tutto è nato come un gioco tra amici. Ero a scuola e un giorno è arrivata una selezione dell’Under 17 del mio paese, il Mali. Il team della mia scuola era molto forte, io ero il capitano e giocavo in attacco, dove nei campionati studenteschi sono stato più volte capocannoniere. Li è cominciato tutto...».

E la tua famiglia che ne pensava? «Mio padre è stato un giocatore di calcio e giocava a centrocampo. Con me è sempre stato molto duro e a suo modo ha cercato continuamente di spronarmi: oggi non c’è più, però gli devo molto della mia carriera, da lui ho imparato a mettere sempre il massimo impegno in quello che voglio fare. Mia madre mi è sempre stata molto vicina anche se, da buona mamma, si preoccupava sempre che non mi facessi male. Avendo sei fratelli, di cui quattro maschi, è naturale che si preoccupasse per tutti. La mia famiglia attualmente è tutta nel Mali e mi manca molto, ma io spero di riuscire a stabilirmi presto a Roma per poterli invitare di nuovo qui in Italia. Per il momento vivo bene qui nel centro sportivo di Trigoria, soprattutto perché credo sia importante concentrarsi al massimo solo sulla squadra, dopo si vedrà...».

A chi ti ispiravi da bambino?

«Da piccolo attraverso la televisione vedevo tanti i campioni: Thuram, Maldini, Schillaci e tanti altri. Il mio modello era Thuram, non solo per le sue immense doti tecniche ma soprattutto per la sua personalità, dentro e fuori il rettangolo di gioco. È stato bello poterlo affrontare quando giocavo al Perugia e ogni volta che ci siamo incontrati abbiamo parlato molto e mi ha sempre dato buoni consigli. Un altro giocatore che ho ammirato è Winston Bogarde, difensore dell’Olanda: lui era un esempio perché aveva dentro la gioia del gioco calcio, è per questo che sorrideva sempre. Spesso nel mio Paese mi prendevo una maglia numero 15 e ci scrivevo su il suo nome! Adesso però è tutto diverso perché qui a Roma ho la fortuna di giocare con tanti campioni, uno su tutti il capitano ».

Poi arriva l’Udinese...

«Giocavo con la nazionale Under 17 del Mali e spesso venivano osservatori dall’Europa per scrutare nuovi talenti. Inoltre ho avuto la fortuna di giocare bene i Mondiali della mia categoria e così l’Udinese mi ha voluto e mi sono ritrovato, come ho già detto, dalla sabbia del Mali alla neve di Udine. Una volta arrivato in Italia, dato che il campionato era già cominciato, non ho potuto giocare. In compenso però in una amichevole con il Pisa, il tecnico dei toscani D’Arrigo mi ha visto e voluto e così dopo solo un mese e mezzo ero lì...».

D’Arrigo… lo stesso tecnico che ti ha portato poi alla Lucchese in C1, giusto?

«Sì, a lui devo molto perché nei primi anni è stato fondamentale per la mia crescita. Ero in Mali quando mi hanno chiamato dalla società per dirmi che il Mister si era spostato dal Pisa alla Lucchese e che mi voleva con lui. Così ho deciso di cambiare à. Quella è stata un’ottima stagione nonostante la mia giovane età (17 anni). Inoltre a Lucca quell’anno ero l’unico straniero, perciò fui spronato a studiare tanto e in poco tempo riuscii ad adattarmi».

Dopo questa esperienza, ti volle il Perugia di Serse Cosmi.

«Lo reputo uno dei migliori tecnici in Italia. A lui devo il mio debutto in serie A e il mio primo gol, segnato in Coppa Italia contro il Chievo. Possiede molta esperienza ed è un ottimo motivatore per i ragazzi, oltre alle sue doti come tecnico che sono fuori discussione. Quelli furono anni belli, poiché vincemmo l’Intertoto e la stagione successiva disputammo l’Uefa. Inoltre Perugia è una à molto bella, se non fosse per il freddo. Finito il mio contratto, il club aveva problemi quindi ho deciso di tornare a Lucca, dove ho incontrato Baldini: dopo neanche due settimane mi ha voluto il Lecce e sono partito».

A Lecce hai incontrato una nostra vecchia conoscenza, Zdenek Zeman?

«è un grande tecnico che crede molto nella preparazione fisica. Dopo di lui, non mi spaventa più niente in allenamento. Con lui si segna tanto, solo che per noi difensori è una vita veramente dura. Al Lecce ho passato anni bellissimi e ho giocato con tanti campioni del calibro di Cassetti e Vucinic che ho poi rincontrato qui, ma anche Bojinov... tutti giovani e molto forti. Ho pure segnato un gol, neanche a dirlo, alla Lazio».

Zeman e Spalletti sono tra i tecnici più amati a Roma: similitudini e differenze?

«Entrambi sono grandi allenatori. Spalletti lo sto conoscendo adesso, ma mi ha fatto subito un’ottima impressione. Le sue doti calcistiche sono fuori dubbio dato che da anni la Roma fa vedere il più bel calcio in Italia e tra i più belli in Europa. Giocare per lui e per questa maglia è una gioia così grande per me che ho solo da imparare... inoltre è un grande uomo, dentro il campo e fuori».

Belle stagioni a Lecce ma nell’ultimo periodo giochi poco: una tua spiegazione? «Non so e preferisco non parlarne perché ormai quello è passato. Oggi conta solo la Roma per me e so che devo dare il massimo qui, ogni giorno». A gennaio arriva la chiamata giallorossa... «è stato un giorno che non posso scordare: l’ho saputo il 30 gennaio alle 18 e quella sera non ho dormito. Le società si sono accordate subito: ci siamo visti a Milano con Tempestilli e Pradè e in due giorni sono arrivato a Roma. Approfitto di questa occasione per ringraziare una volta di più la società ed il Mister per avermi fatto il più bel regalo della mia vita… un sogno!».

Raccontaci i primi giorni a Roma. «Tutto era ed è ancora bellissimo. Avendo la fortuna di conoscere da prima Baldini, Vucinic e Cassetti è stato più semplice ambientarmi in questa magnifica à. Poi devo ringraziare la dirigenza per essermi stata vicina ogni giorno. Qui ho tanto da imparare, dato il numero di campioni. Dover segnalare un giocatore che mi ha colpito particolarmente è difficile... forse Taddei, che ha segnato nella gara del mio esordio».

Così arriviamo al tuo debutto del 22 febbraio quando subentri a Juan infortunato. Che ricordi hai di quella giornata? «Un’emozione incredibile: arrivato da poco non mi aspettavo di dover entrare, oltretutto proprio all’Olimpico. Mi ricordo che, non appena entrato, mi tremavano le gambe e nei primi dieci minuti non riuscivo ad essere concentrato. Poi, grazie ad i compagni ed al Mister, sono riuscito a concentrami e a fare una buona partita».

Raccontaci l’emozione e l’impatto con questo grande pubblico: come è stata? «La tifoseria romana non ha uguali: io ho girato tante à in Italia, ma è difficile trovare questa passione e questo calore. Gridano, cantano e ci spingono tutta la partita, senza sosta. Poi è un pubblico attento, che crede nella qualità ma anche tanto nel cuore e nella passione che uno ci mette. Non potrò mai scordare il sabato dopo la sconfitta con l’: si sono presentati in 10.000 a Trigoria! Loro, insieme ai compagni di squadra romani, ti trasmettono l’amore per questa à e per questa maglia, che ho la fortuna di indossare e che difenderò con tutte le mie forze finché resterò qui nella capitale».

Poi arriva anche il tuo debutto in nella doppia sfida contro l’... «Un debutto che possiamo definire dolce-amaro. Dolce perché forse la rappresenta il massimo per un giocatore di calcio: ci sono tutti i migliori campioni d’Europa che si sfidano e non si può scordare prima del calcio di inizio quella canzone... Amaro purtroppo per come è andata, soprattutto a Londra, dove abbiamo raccolto poco rispetto a quello che abbiamo fatto. Personalmente è stata una soddisfazione perché tutti i miei amici, i miei familiari e le persone del Mali mi hanno potuto vedere e fare i complimenti. Lo stesso allenatore della Nazionale mi ha chiamato e mi ha detto che se non gioco come ho fatto in quelle partite mi mette fuori squadra! Peccato in ogni caso perché io credo che meritassimo il passaggio del turno… ma i rigori sono davvero una lotteria. Spero di rimanere a Roma per poter tornare a giocare questa competizione anche l’anno prossimo».

I tifosi hanno ancora negli occhi la scena di te a centrocampo in lacrime. Ce la vuoi raccontare? «Io non piango mai, ma quella partita, il modo in cui ci siamo arrivati ed abbiamo combattuto per 120 minuti e soprattutto tutta quella gente: 70.000 buoni motivi per passare. Piangevo perché sapevo che questa squadra poteva e doveva andare avanti. Ho in mente le persone che abbiamo incontrato mentre in pullman ci avvicinavamo allo stadio e che ci dicevano “Daje ragà!”. Quando ho sentito il fischio finale che decretava la fine della sequenza dei rigori ho pensato a loro».

Hai parlato della tua Nazionale, raccontaci di questa formazione del Mali, vivaio di giovani campioni...

«La squadra c’è e le possibilità di fare bene nella prossima Coppa d’Africa ci sono e ci devono essere. Nell’ultima edizione ho fatto bene nelle prime partite ma poi contro la Costa d’Avorio, una sorta di derby per noi, il Mister non mi ha fatto giocare. Ci sarebbe bastato il pareggio invece abbiamo perso 3-0 e non ci siamo qualificati. Questa Nazionale è molto forte, con tanti campioni come Sissoko, Diarra, Diakite, Kanouté e tanti altri giovani promettenti».

Hai qualche campione del tuo paese da poterci segnalare?

«Negli ultimi anni sono stati tanti i campioni che sono nati in Mali e forse i più forti giocano quasi tutti in Europa, proprio per il fatto che nel nostro Paese è difficile giocare regolarmente. A mio giudizio il piu forte è Kanoute, grande giocatore e grande uomo. Un vero professionista che merita tutto quello che sta avendo. Ma è difficile consigliarne uno in particolare, anche perché la Francia da sempre è molto attenta ai nostri giovani e li osserva spesso, come è successo poco tempo fa in un’amichevole disputata appunto in Francia. Sono tutti forti e tutti importanti e soprattutto degli esempi per i miei connazionali e per tutti i bambini del mio Paese che inseguono il sogno di diventare calciatori».

Andiamo a qualche curiosità, come il tuo soprannome, “Dedè”...

«Mi è stato dato da Reggianini, vice di D’arrigo ai tempi della Lucchese. Lui diceva che il nome Diamoutene era troppo lungo e che sarebbe stato difficile utilizzarlo in campo. Allora ha deciso per “Dedè”, che essendo piu corto risultava semplice anche per i tifosi... solo che a me non piaceva, anche perché sembrava brasiliano. Alla fine, a furia di sentirlo, mi è piaciuto e me lo porto dietro da allora».

Motta, arrivato insieme a te a gennaio, ha scelto il numero 13 perché data l’emozione ha chiesto il primo numero libero. Tu come mai hai scelto il 21? «Come dicevo prima, il mio idolo è sempre stato Thuram ed è per questo che ho scelto questa maglia. Un’altra è il numero 5, ma quello appartiene ad un beniamino come Mexes e non mi permetterei mai di chiederglielo». Descriviti come giocatore, svelaci un tuo pregio ed un tuo difetto. «Sono un ragazzo semplicissimo, sorridente, ma in campo divento un’altra persona, talmente irruento e passionale che a volte quello è anche il mio difetto».

Ormai è qualche anno che giochi in Italia: ricordi di un attaccante che ti ha “fatto perdere la testa?

«Tre anni fa, in casa in una partita contro la , ho marcato Ibrahimovic: quel giorno, per colpa anche di un campo molto pesante, la sua fisicità mi ha fatto impazzire. Poi non posso poi dimenticare i duelli vissuti con soprattutto quando giocavo a Lecce: ora però, per mia grande fortuna, non ci devo più giocare contro, se non nelle sessioni di allenamento!».

Se avessi una lampada magica, quale desiderio esprimeresti? «In questo momento tutte le attenzioni sono per questa squadra e per questa maglia. Il mio sogno è quello di riuscire a fare bene qui e poter essere riconfermato a Roma, agli ordini di questa società e di questo club. Io, da parte mia, farò il mio massimo, sempre ed in qualunque occasione mi sarà data la possibilità di dimostrarlo, ed è per questo che lavorerò in ogni singolo allenamento per potermi migliorare e ripagare la fiducia di tutti. Questo è quello che posso lo posso promettere, il resto poi si vedrà...».