Altre 10/04/2009 15:51

Cassano: "Andai a Roma perchè c'era Totti"

 

Ti senti un Signore del Calcio?

Assolutamente no. Per me i Signori del Calcio sono pochi: Maradona, , Ronaldo, questi possono esserlo.

Altri?

Raul, Van Nistelrooy. Hanno fatto più di 300 gol, è normale che lo siano.

Partiamo da Bari-Inter?

Tutto è partito da Bari-Inter: l’esordio, il gol, da lì la mia vita è cambiata. L’Inter mi porta bene, quello è stato il gol che mi ha fatto diventare famoso nel mondo, in Italia, mi ha fatto guadagnare il grano.

Dopo quel gol, sei arrivato a casa e hai fatto la prima “cassanata“ della tua vita…

Ho cacciato tutti da casa, perché prima che diventassi calciatore nessuno mi conosceva, mi evitavano tutti. Poi, da quel gol, tutti sono diventati miei amici. Ho detto: “Adesso che ho fatto gol, che sono diventato famoso, che ho un po’ di soldi e popolarità, siete tutti qui. Uscite fuori di casa e sbrigatevi pure“.

E mamma cosa diceva?

Mamma deve stare zitta. Lei è sempre buonista. Le ho detto: “Mandali via e poi ne parliamo io e te“.

Quel primo gol te lo ricordi?

Sì, è il gol più bello ed emozionante da quando gioco a calcio. Avevo solo 17 anni. Prima di quello me n’ero mangiati quattro. Poi, qualcuno deve avermi messo una mano in testa e mi ha benedetto. L’aggancio col tacco al volo, ho stoppato la palla, l’ho portata in avanti, ho dribblato Panucci e Blanc e l’ho piazzata, come se nulla fosse.

La prima ‘cassanata’ te la ricordi?

A Bari, dopo il gol all’Inter, sono entrato nel campo di allenamento direttamente con la Golf.

La Golf era di Matarrese?

Sì, l’unico regalo che mi ha fatto. Ha guadagnato così tanto grazie a me, mi aveva promesso mari e monti e mi ha regalato una Golf.

A Bari, da ragazzino, quanti palleggi riuscivi a fare in Piazza del Ferrarese?

Mi ricordo che scommettevo spesso di riuscire ad arrivare a 1500. Tutti scommettevano e chi puntava su di me, in caso di vincita, mi dava una percentuale. Vincevo sempre, 1500 è facile, li faccio in un attimo.

Eugenio Fascetti, un padre per te.

Fascetti è come un padre per me, una persona importante. La più importante della mia adolescenza. La persona che mi ha cambiato la vita prima del mio passaggio a Roma perché già a 14-15 anni mi faceva allenare con la prima squadra. Il giorno che ho giocato e dribblato tutti dissi: “Non voglio giocare con gli scarsi“. Da quel momento lui disse che mi sarei allenato sempre con loro. Fascetti mi voleva far esordire a sedici anni compiuti, ma poi ho avuto una pubalgia, mi sono fatto male. Sono stato fermo un anno e alla fine ho dovuto rimandare. Ho esordito contro il Lecce, in una giornata di pioggia e, come si dice, “giornata bagnata giornata fortunata“.

 

Dopo l’esordio con il Bari, sei stato subito venduto…

Sì, dopo l’esordio, ho continuato con il Bari il primo anno. A novembre-dicembre dell’anno dopo, avevo già trovato l’accordo con la Roma, il Bari stava andando in Serie B e io dovevo chiaramente salvaguardare la mia pelle e guardare al mio futuro. E quindi ho cominciato la mia avventura con la Roma.

Hai scelto di andare alla Roma perché c’era ?

Sì, perché quando avevo 15-16 anni per me era il calciatore più forte e mi faceva piacere giocare con lui. Quando sono arrivato a Roma e ho giocato con lui, sono stato contento e si è avverato un sogno. Anche la Dirigenza della Roma mi aveva fatto sentire importante, avevo parlato con Capello e Baldini. Ho scelto la Roma, anche perché mi dava più grano. Anche il Presidente Sensi è stata una figura molto importante nel mio passaggio alla Roma: ha speso tanto, ci ha messo la faccia, ha puntato su un ragazzino di 17 anni, mi ha dato tanto. Non posso che ringraziarlo. E’ stato fondamentale, più di altri che si sono presi i meriti del mio acquisto. Sensi è stato quello che mi ha preso, con l’appoggio di Capello.

La Roma aveva appena vinto lo Scudetto…

Sì e poi abbiamo vinto la Supercoppa ad agosto. Secondo me, qualcosa in più potevamo fare con quella squadra. Siamo arrivati due volte secondi e almeno uno di quei due Scudetti potevamo anche vincerlo. L’anno in cui abbiamo pareggiato a Venezia, quell’anno abbiamo pareggiato undici partite con le ultime sette in classifica! Ci siamo persi per strada lo Scudetto.

Al primo appuntamento con il Presidente Sensi sei arrivato in ritardo?

Siccome ero molto affezionato, e lo sono anche oggi, alla mia à, non volevo spostarmi da Bari. Mi ricordo che dovevamo essere alle 9.00 in via Aurelia. Sono arrivato a mezzogiorno! Pensavo che il Presidente, visto che mi avevano detto che era un po’ fumantino, mi avrebbe mandato subito a casa. Invece mi ha abbracciato e da lì capii subito il bene che mi voleva.

Il rapporto con Capello? La sua prima telefonata?

Mi sembrava di essere al Polo Nord. Lui è di poche parole.

Il giudizio finale su Capello è comunque positivo?

Sì, io gli voglio bene. Con tutte le stupidate che ho fatto, tornando indietro, il periodo Capello non lo rivivrei così, perché gliene ho fatte veramente tante. E non tanto il periodo di Madrid, lì l’ho avuto solo per un anno, di cui sei mesi sono stato fuori rosa. Nel periodo di Roma gliene ho fatte tante.

 

Dopo Prandelli arriva Voeller…

Ma era un allenatore lui? Era una bravissima persona, però penso che non c’entrasse nulla con gli allenatori, non faceva l’allenatore, non so cosa faceva, stava lì, parlava a modo suo, nessuno lo capiva, poi dopo cinque giornate è andato via anche lui.

Poi Del Neri: lui si capiva?

Ancora di meno, però era bravissimo, una gran brava persona. Escludendo Capello, tra gli allenatori che ho avuto per poco tempo, la persona per cui mi è dispiaciuto di più è stata proprio Del Neri, perché dopo il primo giorno, in cui lui voleva fare la tattica, gli ho rotto le balle, una cosa proprio schifosa. Ripensandoci adesso, non era giusto, perché era il primo giorno, era appena arrivato, l’ho messo con le spalle al muro, non volevo fare nulla, ho coinvolto anche gli altri a non fare niente. Ero un disastro, mi è dispiaciuto molto. Ma in quel periodo non ci pensavo.

Ma perché in quell’anno eri così? Che cosa ti era preso?

Io sono stato così fino a 25 anni.

Però l’anno prima eri stato bravissimo, anche in Nazionale…

In Nazionale sono stato bravissimo, ma ci sono cose che non si sanno, perché dopo la prima partita con la Danimarca, in cui sono stato in panchina, il giorno dopo ho preparato la valigia e volevo andarmene a casa, ma Gigi Buffon mi ha bloccato. Ci sono cose che non si sanno, non è che sono stato bravo, ci sono cose che si fanno uscire e altre no. Ripeto: quel periodo per me è stato molto difficile e molto duro, ho fatto tante cavolate e consiglio a tutti i ragazzi che stanno iniziando adesso a fare i calciatori di fare tutto l’opposto di quello che ho fatto io.

 

Il più grande errore della tua vita è stato andare via da Roma?

Ripensandoci oggi, non penso sia stato il più grande errore. Il più grande errore della mia vita è quando ho lanciato la maglia in faccia all’arbitro. Quello è stato un momento in cui non riuscivo ad essere me stesso. Le altre volte, anche quando sbagliavo, ero sempre cosciente. In quell’attimo, in quei dieci secondi, non lo sono stato. E’ un gesto da non far vedere ai bambini, da censurare, da eliminare. Con quel gesto, ho rischiato di giocarmi anche l’Europeo! Poi, sono tornato, comportandomi bene e facendo anche delle promesse a Donadoni. Fortunatamente, sono andato all’Europeo, solo perché c’era Donadoni, che mi vuole bene. Non so quanti altri allenatori si sarebbero presi questa responsabilità!

Su Donadoni.

Donadoni ha avuto fiducia in me, mi ha chiesto determinate cose e non potevo venire meno: lui ha dato a me e io dovevo dare a lui. Un’esperienza che ho fatto e che non rifarei, è quando ho giocato da terzino, perché non è il mio ruolo, perché per quello ci sono altri calciatori che possono farlo benissimo. Io non sono adatto a quel ruolo, sono altri quelli che possono fare i maratoneti. Donadoni ci ha messo la faccia per me, andando contro tutto e tutti. Se avessi fatto un errore, il primo ad essere stato martellato sarebbe stato Donadoni, perché si era preso questa responsabilità. Io mi sono comportato bene perché quando do una parola è quella.

Buffon, Gattuso e Materazzi sono i tuoi preferiti in Nazionale?

Sì, con loro ho un rapporto speciale perché li vedo “terroni“ come me, anche se solo Gattuso lo è. Materazzi ha vissuto 10 anni a Bari e capisce il dialetto. Anche Buffon mi capisce. Per me sono persone speciali in Nazionale perché mi fanno sempre sentire a casa mia.

Quanto contano i soldi nella vita?

Per me contano tanto. Non sono un ipocrita, come il 95% dei calciatori. Contano moltissimo la felicità e gli affetti ma anche i soldi. Io non ho mai visto una persona felicissima senza soldi. Per me i soldi sono l’80-90% della felicità.

 

Il tuo mito al Real era Ronaldo

Ricordo le parole di Zidane, che diceva che se avesse avuto voglia di giocare a calcio e allenarsi seriamente, avrebbe distaccato di tanto Maradona.

Beckham, altro tuo grande amico

Un grande calciatore, una grande persona, molto umile. Speriamo possa rimanere al Milan. Ho parlato un po’ con lui, era molto contento. Poi, naturalmente, vedremo cosa succederà.

Raul, un capitano vero

Di tutti i capitani che ho avuto nelle mie squadre, lui era il vero capitano. Nulla a che vedere con gli altri. Il capitano con la C maiuscola, gli altri sono capitani con le fasce, che è diverso.

 

Zidane ha detto che non era giusto che tu non giocassi nel Real quell’anno

Se lo ha detto Zidane. Per me, quello che dice Zidane, come calciatore, come uomo, come serietà, va ascoltato con attenzione, perché dice sempre la verità. Se non giocavo, è perché c’erano tante situazioni per cui dovevano giocare determinati calciatori. Subito dopo il mio arrivo, è arrivato subito un nuovo Presidente, dopo Perez che mi aveva acquistato, hanno preso altri calciatori. Ci sono state tante problematiche, insieme a tanti errori miei, e mi hanno defilato.

Sei amico di Zidane e Materazzi

Io voglio bene sia a Zidane che a Materazzi. Non c’entra niente con il detto ma, “fra moglie e marito mai mettere il dito“. Nel senso che, voglio bene a tutti e due e mi faccio da parte.

Dov’eri la sera della finale del Mondiale 2006?

Ero in un villaggio e ho festeggiato. Sono italiano, mica sono invidioso del fatto che l’Italia ha vinto. Cosa m’importa se ci sono o no. Se ero lì, ero ancora più contento, ma da italiano sono contento ugualmente.

Però, nel 2010 se continui così…

C’è ancora un bel po’ di tempo.

La tua porta sarà sempre aperta per un maglia della Nazionale?

Da parte mia non ci sono problemi. La disponibilità l’ho data, la do. Non è che dobbiamo andare per le lunghe, voglio anche capire di che morte devo morire, nel senso che, se Lippi, eventualmente, un giorno mi vorrà chiamare, dovrà prepararmi, chiamandomi per qualche partita. Non è che all’ultimo momento mi chiama così, poi, sarei in difficoltà. Io faccio del mio meglio. Poi, se mi vorrà chiamare bene, altrimenti vado prima in vacanza.

A volte ti senti etichettato come un cattivo, quando, in fondo, poi, hai fatto solo delle ragazzate?

Penso che ci sono errori ed errori. Le cose che hanno fatto Gerrard e Ashley Cole in Inghilterra, succedono anche a persone normalissime. Solo che in Inghilterra ingigantiscono molto le problematiche. Succedono tutti i giorni a persone normali. E’ normale che perché sono calciatori, sono nell’occhio del ciclone. Io, ho fatto solo cose da bambino, cavolate. Questo sono errori molto più grandi, che possono nuocere anche alla vita. Io non posso parlare e giudicare, ma se hanno veramente fatto queste cose, hanno fatto delle cose dieci volte più grandi delle mie. Io vengo sempre martellato dalla gente, dalla stampa, da tutti, solo perché non sono un leccaculo della stampa, dei giornalisti. Non sono un uomo dei giornalisti. Io sono io e basta, non ho capi, sono il capo di me stesso, non voglio avere padroni. Tutti gli altri calciatori, invece, sono servi dei giornalisti, per avere un mezzo voto in più o in meno. Io non voglio fare il servo di nessuno.

 

Come guidi la macchina? Hai rischiato di morire…

Era un periodo un po’ particolare della mia vita. Alle cinque di mattina volevo andare in giro con due telefoni, guidavo con la gamba. E’ normale che, poi, una curva che fai ad 80 all’ora, se la fai a 180, c’è differenza. Sono andato a schiantarmi contro un muro. Metà della parte dove guidavo, era sfondata. Non mi sono fatto nemmeno un graffio. Si vede che non era arrivato il mio momento.

Pensi mai a questa cosa?

No, non ho paura della morte. Quando qualcuno deciderà e il destino lo vorrà, siamo tutti sotto il cielo. Quando arriva il momento, si saluta e buon viaggio.

 

Da quando sei alla Samp sei migliorato anche fisicamente?

Sì, sto molto meglio. La Samp mi ha messo a disposizione il mio Tibaudi, che per me è il dei preparatori, e da quando c’è lui il mio fisico è cambiato. Sono più continuo, ho più forte, sono più esplosivo, più rapido. Mi ha fatto dimagrire tanto, controlla quello che mangio. Non mi staccherò mai più da lui, è stata una fortuna per me. Le fortune si trovano poche volte nella vita. Non posso lasciarlo.

Ne hai trovata anche un’altra di fortuna, a Genova…

La mia fidanzata è stata la mia fortuna, mi ha cambiato la vita. Sarà mia moglie, la mamma dei miei figli. E’ tutto per me. Non so chi me l’ha mandata. Pensavo che al mondo ci potesse essere una donna per me, ma perfetta come la mia fidanzata non me la immaginavo.

Dire la verità nel calcio è pericoloso?

Nessuno lo fa. Io e pochi altri diciamo la verità. Perché va contro il proprio interesse. Io non ho amici giornalisti. Per andare avanti nella vita devi leccare il culo ai superiori ed essere servo dei giornalisti. Io non lo sono. Se mi accettano così bene, altrimenti mi accettano lo stesso.

 

Quanti scudetti vincerai nella tua carriera?

Secondo me molto pochi. Per me la cosa importante non è vincere il Pallone d’Oro, lo Scudetto, i Mondiali. Per me la cosa più importante è essere felice. Quando fai gol, davanti alla tua gente che ti acclama, per me quella è già una vittoria. Quelle sono le emozioni che ti porti dietro e che ti riempiono il cuore.

Ti diverte di più segnare o fare assist?

Mi piace di più far fare i gol. Quando fai una giocata importante e fai segnare un compagno, tutti ti vengono ad abbracciare e a ringraziare. Mi piace fare contenta la gente, chi lo merita ovviamente.

La tua migliore qualità, dal punto di vista tecnico?

Per un calciatore, la cosa più importante è il controllo della palla. Questa è la mia dote più importante, oltre all’altruismo.