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Altre 12/03/2009 19:19

"Mi chiamo Turchi, giocavo nell'Ancona e ho la Sla"

Turchi, quando e come ha scoperto la malattia?

"Nel 2005. Le gambe rispondevano ai comandi con lentezza. Cominciai la trafila degli esami, la diagnosi arrivò un anno e mezzo più tardi. Nella sfortuna sono stato fortunato perché mi ha colpito una forma di Sla poco aggressiva. Continuo a parlare e a camminare. La mattina lavoro in una fabbrica di bottoni, ho un contratto part time".

Dove vive?

"Sono toscano, di Pistoia, ma abito a Grumello del Monte, in provincia di Bergamo. Ho sposato una ragazza di qua, abbiamo una figlia di sette anni. Sono in cura agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Allenavo i ragazzi del Sarnico, ho dovuto smettere".

L’hanno mai dopata?

"Mai. Assolutamente. Mi sono rotto più volte le ginocchia, ho preso tanti antinfiammatori, come tutti i giocatori, ma non do la colpa al calcio. Lo so, le statistiche sono inquietanti, però ho conosciuto molte persone malate di Sla che non hanno mai tirato calci a un pallone".

Però il problema esiste, troppi calciatori colpiti dal morbo. Come lei, c’è anche M.S., centrocampista di B e di C1 degli anni 80 e 90. M.S. chiede privacy.

"A me risultano sei-sette casi "coperti", di miei ex colleghi che non vogliono dichiararsi. Io l’ho fatto perché spero di rendermi utile nella lotta alla malattia e di ricevere qualche aiuto. La Sla è dispendiosa".

Va allo stadio?

"A San Siro, sono milanista. Ho visto partite di campionato e di Coppa".

Che futuro si immagina?

"Vivo alla giornata, minuto per minuto. Se penso al futuro, mi angoscio"