Altre 15/12/2008 22:01

I pantaloncini, il ciuccio e i gialli...

Allora accade che un giocatore venga fischiato per tutta una partita e poi, proprio al 90', segni il gol decisivo, quello che vale tre punti e fa esplodere lo stadio, lasciando a bocca aperta i tifosi ospiti. Mirko Vucinic ha vissuto quest'esperienza e ha voluto festeggiarla togliendosi tutto, maglietta e pantaloncini, solo che di magliette ne aveva due una sopra l'altra (come si vede nella foto) mentre i pantaloncini erano unici, sicché il bomber montenegrino è rimasto in mutande. Con il suo .

Poco importa, la Roma ha vinto e Spalletti può sorridere, non sarà certo un'ammonizione a rovinare la festa, ma una riflessione a proposito di questa norma regolamentare va fatta, come capita dopo ogni gesto un singolare come quello di Vucinic.

Pierluigi Collina, responsabile degli arbitri di Serie A, si è affrettato a dichiarare che "non si era mai pensato che ci si potesse togliere anche i pantaloncini. Per analogia, essendo i pantaloncini un indumento di gioco, si potrebbe considerare un gesto punibile. Forse si penserà in futuro ad ampliare la casistica degli indumenti che non ci si può levare in campo".

Verrebbe da chiedersi perché. Perché bisogna ammonire un giocatore quando esulta (ammesso che non vada a schernire gli avversari)? Perché la maglietta sì, i pantaloncini forse e le scarpette no? Perché si può nascondere nell'elastico dei calzoncini un ciuccio (come ha fatto Tevez a inizio stagione) ma non coprirsi il volto con la maglia?

La risposta è sempre la stessa: lo sponsor detta legge. Un giocatore che si sfila la maglietta, infatti, nasconde il marchio dell'azienda che paga il suo stipendio e sostiene i debiti infiniti del mondo del pallone. Il calcio (inteso come sport) non c'entra niente.

E poi quella di Vucinic non è stata mica una novità: nella scorsa stagione il centrocampista del Manchester Stephen Ireland fece un grandissimo gol contro il Sunderland e mostrò i suoi boxer di Superman ai tifosi festanti (clicca sul link sotto la foto per leggere l'articolo del caso in questione). La Federcalcio inglese quella volta ci passò sopra, un buon esempio su cui riflettere.