Altre 24/12/2008 16:00
Capello: "Insegno a vincere anche ai maestri, poi farò il nonno"
Tanto vale parlare dei luoghi di lavoro, in Italia e all'estero.
"Al Milan è più facile, c'è una cultura di base e giocatori-leader che impongono il rispetto delle regole. Facile anche alla Juve, tutto è organizzato per fare il meglio possibile. A Roma è stata più dura mettere ordine nel lavoro e nello stare insieme. La prima volta a Madrid, dove non vincevano da tre anni, si respirava comunque una mentalità vincente, e questo ha aiutato. La seconda volta è stata impegnativa, c'erano almeno tre gruppi ognuno per conto suo: gli spagnoli, i sudamericani e gli altri. Li ho rimessi insieme. Nelle ultime 12 partite abbiamo fatto cose straordinarie sul piano della volontà e della qualità. Pare che col mio gioco il pubblico non si divertisse. Non so quanto si diverta adesso, ma non è una nota polemica, anzi da ex spero che i madridisti tornino in alto".
E con gli inglesi? Ma prima mi tolga una curiosità: avrebbe accettato la carica di ct della Francia o della Germania o della Russia?
"No. Qui la sfida ha un sapore tutto particolare, qui hanno inventato il calcio e per decenni si sono sentiti i più forti del mondo, anche quando non vincevano. The impossible job, dicono loro".
Ha pensato alle coincidenze? Prima vittoria italiana a Wembley con un gol di Capello nel '73 e Capello ct inglese 35 anni dopo.
"Ho pensato che la vita è fatta di occasioni e questa mi ha affascinato. Al primo allenamento col pallone, sono rimasto impressionato dalla tecnica dei giocatori. In Italia ci sono luoghi comuni sugli inglesi, qui ce ne sono sugli italiani. Importante è vedere, toccare con mano. Ho trovato un buon gruppo, con gli anziani che danno l'esempio e i giovani che si adeguano. Questo è importante. Rooney è giovane, ma si muove come un veterano e non ha ancora finito di crescere. La butta dentro, ma all'occorrenza sa difendere. Già adesso per me è tra i primi tre attaccanti del mondo. Ho il portiere più stagionato tra i concorrenti al mondiale, James, e mi va bene così, mi ero abituato con Zoff. Se c'è da lanciare un giovane, prima Walcott poi Agbonlahor, lo lancio".
Perché molti suoi colleghi non lo fanno?
"Bisognerebbe chiederlo a loro. Io le posso dire che quand'ero al Milan sentivo parlar bene di un certo Albertini, in prestito al Padova. Sono andato a vederlo e mi è piaciuto. L'allenatore, Colautti, mi ha chiesto di lasciarglielo, così sarebbe maturato. E' già maturo, ho detto io, è pronto per il Milan. Non è che sono cambiato venendo a Londra. Marchisio, De Ceglie e Giovinco spesso si allenavano con la prima squadra, quand'ero alla Juve. De Rossi l'ho lanciato io, si capiva che aveva più personalità di Aquilani, pur bravo".
Ho letto che ha vietato ketchup, senape, maionese.
"E patatine fritte. Il nostro buon olio extravergine ha rimpiazzato il burro. Ho limitato l'uso dei cellulari e imposto un abbigliamento decoroso, basta girare per gli alberghi in braghette corte e infradito. Tutte piccole cose normali".
Kapuszinski, che lei sta leggendo, dice che un buon giornalista non può essere cinico. E un buon allenatore?
"Nemmeno. Oppure diciamo che il cinismo non è parte indispensabile del bagaglio. Conta l'esperienza e quel che chiamo lettura delle forze. Bisogna che uno studi la sua squadra, la capisca bene e valuti i singoli e il gruppo. Fatto questo, il modulo di gioco va adattato alle caratteristiche della squadra. Più giocatori bravi hai, più è facile. E' vero che a me manca una panchina di squadra piccola, e fossi più giovane vorrei provare anche questa esperienza, ma adesso no, alla mia età no. Chiuderò con l'Inghilterra".
Laura, la moglie, si stacca un attimo dalla tv e dal programma di Gerry Scotti.
"Lo chiameremo Pinocchio".
Capello fa spallucce e sorride.
"Non mi crede nessuno".
Anch'io non le credo, ma andiamo avanti col lavoro sulla squadra.
"Se alcuni giocatori hanno personalità da leader, i primi ad accorgersene sono i compagni. L'allenatore dev'essere un bravo psicologo. E se poi ha qualche intuizione felice, tanto meglio".
Nel caso di Beckham, non s'è capito bene chi ha telefonato a chi.
"Beckham o il suo agente al Milan, il Milan a me. Ho detto e ripeto che David è un ottimo professionista".
Che lei a Madrid lasciava spesso a piedi.
"Ma lui ha reagito bene e gli ho riaperto le porte. Ha bisogno di giocare e credo che al Milan farà bene".
Segue il nostro campionato?
"Certamente, e vorrei fare i complimenti al mio amico Reja. Il Napoli è il fatto nuovo. Ha un ottimo portiere e da centrocampo in su può mettere in difficoltà chiunque, forse gli manca un difensore d'altissima caratura. L'Inter si sta ripetendo e la Juve sta riprendendo il suo ruolo. Sono le due squadre più muscolari. Di Ibrahimovic non parlatemi: lo volevo alla Roma, l'ho avuto alla Juve, adesso è molto maturato e dà l'impressione di divertirsi, in campo. Il Milan è in un brutto momento anche per i troppi infortunati ma ha i mezzi per tirarsene fuori. La Roma è partita male ma sta recuperando bene".
A Lippi invidia qualcosa?
"Il fatto che nel campionato italiano il 73% dei giocatori è italiano, mentre qui gli inglesi arrivano al 38%. E alcuni che mi farebbero comodo, Carragher e Scholes, hanno rinunciato alla Nazionale".
Come Totti.
"Be', dopo aver vinto un mondiale si può anche prendere una decisione del genere".
Qui due mondiali, Bobby Charlton e Hurst, hanno fatto un paragone tra lei e Alf Ramsey.
"Mi lusinga ma non regge. Sir Alf fa parte della storia del calcio inglese, io al massimo della cronaca, e da una stagione".
Ma esiste un calcio inglese, o britannico, oppure tutto s'è mescolato?
"Il Chelsea ricorda l'Inter, non solo perché ci è passato Mourinho e Drogba fa lo stesso lavoro di Ibrahimovic, la differenza è che all'Inter per ora Mourinho non ha gli esterni offensivi. L'Arsenal ha un gioco basato sui molti passaggi e per certi versi può ricordare il Milan, che invece io accosterei al Manchester Utd per la costante ricerca della qualità. Il Liverpool, per gli italiani, è la squadra più inglese. Gioca chiuso e usa molto il pallone filtrante. Resta il fatto che a proiettare in alto il calcio inglese sono stati allenatori non inglesi: lo scozzese Ferguson, il portoghese Mourinho, il francese Wenger, lo spagnolo Benitez".
Sente spesso i suoi colleghi?
"Il giusto. Come tecnico della Nazionale, sono anche presidente dell'associazione allenatori. Ogni tanto ci si trova per una cena. Così come incontro Trapattoni, che viene a vedere gli irlandesi, e Tardelli, che abita qui vicino. Tra partite delle varie coppe e di campionato, ne vedo almeno tre a settimana. Per il resto c'è Londra, città splendida dove trovi tutto: l'arte, mi manca solo la National Gallery da visitare, i teatri, la musica, i mercatini".
Un commento al sorteggio di Champions.
"Diabolico e affascinante. Tutte partite aperte, pronostici non se ne possono fare perché lo stato di forma da qui a febbraio può variare parecchio. L'unica cosa certa e dolorosa è che qualche squadra candidata alla finale uscirà negli ottavi".
Come vede l'Italia, da qui?
"Un paese di sporchi e ciechi, sporchi perché troppa gente butta tutto ovunque, e ciechi perché non ce ne accorgiamo. A partire dagli aeroporti: chi è stato a Linate, Malpensa, Fiumicino, Barajas e Heathrow mi capirà. Non c'è rispetto per la cosa pubblica. Dalla nostra abbiamo la genialità, lo stellone, ma con la costante tentazione di fare i furbi".
Cose da cambiare nel calcio italiano?
"I giocatori devono simulare meno e gli arbitri fischiare meno. Da noi il gioco è troppo spezzettato, come fossimo schiavi delle moviole che verranno. Dice: ecco, c'è stato contatto. Ma che significa? C'è il contatto di un passero e quello di un camion, e il calcio è gioco di contatto, anzi di contrasto. E poi i tifosi ultrà, facessero il tifo e basta coi petardi e i bengala. E non si permettesero di dire: noi non vogliamo Vieri, noi non vogliamo Stankovic".
Il 5+6 di Blatter?
"Buone le intenzioni ma non passerà mai".
Avvenimento dell'anno?
"Obama presidente".
Cosa farà da pensionato?
"Il nonno e il viaggiatore. Mi piace l'idea di poter viaggiare anche da morto e l'idea di una tomba non mi piace. Già deciso: cremazione, ceneri al vento e via".