La penna degli Altri 29/03/2011 10:40

Si tratta su prezzo e garanzie

Bocche cucite da parte di tutti coloro che siedono al tavolo negoziale. La riunione si è tenuta presso la studio Grimaldi e associati, legale di Unicredit alla presenza dello studio Carbonetti, Lovells (per conto dei Sensi). DiBenedetto che è arrivato nella capitale accompagnato dai legali dello studio americano Bingham, è assistito anche dall’avvocato Mauro (Tonucci). Nel pomeriggio sarebbe arrivato anche Alessandro Daffina di Rothschild, advisor di Italpetroli.

L’improvviso ermetismo calato sulla trattativa fa intendere che si è giunti a una fase molto delicata. Unicredit vuol chiudere perchè con la cessione della Roma calcio si libera di un peso che dura ormai da tempo. E consente all’istituto guidato da Federico Ghizzoni di uscire dal contenzioso con Italepetroli posseduto dalla famiglia Sensi. Finora la banca si è mostrata flessibile su molti punti. Oltre non può andare. Così quando Fiorentino ha preso coscienza di quanto aveva capito nei colloqui telefonici con DiBenedetto dei giorni scorsi, e cioè che l’acquirente chiedeva uno ”sconto”, il vicedirettore generale di Unicredit si sarebbe impuntato. L’imprenditore di Boston che originariamente avrebbe chiesto una riduzione di una quindicina di milioni spalmati fra il prezzo per il club, il marchio e il leasing su Trigoria da accollarsi nei confronti di Italease - restano da pagare 21,5 milioni fino al 2020, di cui 7,5 milioni a titolo di riscatto - ora sarebbe sceso su uno sconto di circa 11 milioni.

Più altre divergenze contrattuali sulle garanzie e clausole accessorie al contratto e agli accordi parasociali. Per colmare la differenza sul prezzo, DiBenedetto avrebbe proposto alcune soluzioni finanziarie che però comporterebbero un onere sempre in capo a Unicredit. E la banca altre concessioni non può farne. Fiorentino ha carta bianca dal consiglio con un mandato ampio attribuitogli dallo scorso novembre. Da banchiere responsabile sa che oltre certe soglie non può andare.

E poi fra gli altri dettagli rimasti aperti, ci sarebbe la cosiddetta way out, cioè lil percorso che consentirà a Unicredit a dismettere la partecipazione nella Roma dopo cinque anni. La banca rileverà il 40% ma negli accordi è previsto che può cedere fino al 35% a partner italiani graditi agli americani in funzione della realizzazione del piano industriale finalizzato a incrementare il fatturato a regime fino a 185 milioni. Sul 5% che resterà in portafoglio, Unicredit vorrebbe garanzie precise riguardo ai tempi di vendita e al prezzo: in questi casi il prezzo viene parametrato al valore che la società avrà in un periodo predeterminato. E questo valore viene individuato da un consulente esterno. «C’è ancora molto da lavorare» sono le uniche parole pronunciate dall’avvocato Cappelli, dopo 10 ore di riunione. Fino a ieri sera non risultava convocato il cda di Roma 2000 che dovrà autorizzare la vendita. Fiorentino e DiBenedetto coi rispettivi consulenti, si rivedono stamane.