Giovanili 12/11/2025 15:47

"Dreaming Roma", Di Nunzio: "Indossare la maglia giallorossa è tutto ciò che puoi desiderare. Totti il mio idolo, parlo spesso con lui" (VIDEO)

di nunzio rinnovo 2027

Nuovo appuntamento con Dreaming Roma, dove a raccontarsi sono i talenti della Primavera. Oggi è la volta di Alessandro Di Nunzio. Queste le sue parole:

Ciao Ale.
«Buonasera».

Come va?
«Tutto bene».

Sei emozionato?
«No, tranquillo».

Abbiamo parlato di fantacalcio.
«Esatto. È solo una chiacchierata».

Non mi hai ancora dato dei consigli però.
«Eh, dobbiamo tornarci sopra. Anche io in questo momento sto facendo fatica».

Parli di fantacalcio nello spogliatoio o solo con gli amici fuori dal campo?
«Con gli amici».

Quindi non lo fate tra compagni di squadra?
«No, non quest’anno».

Non quest’anno, quindi a volte sì.
«Sì».

Sei nato a Roma.
«Sì».

Non sembri il tipo romano spavaldo o chiassoso. Sembri piuttosto introverso. È così? Sei riservato o solo timido? O magari mi sbaglio e nella vita reale sei estroverso?
«Sono un po’ introverso. Quando sono con le persone giuste, perché credo che ci si debba aprire solo con chi si ritiene adatto, non con tutti, visto che molti sono pronti a giudicare».

Quanti amici stretti hai?
«Li conto sulle dita di una mano, quelli davvero sempre pronti ad aiutarmi. Quando ho un problema e li chiamo, ci sono sempre per sostenermi, ma sono pochi».

Essere arrivato fino alla Primavera della Roma ti fa percepire intorno a te un’attenzione diversa?
«Sì, ci sono persone che si avvicinano solo perché giochi a calcio. Accade fin da quando sei piccolo. Tutti hanno grandi aspettative su di te, anche chi non ti conosce bene. Ma penso che succeda a tutti».

Torniamo a Roma come città. In che quartiere sei nato e che rapporto hai con Roma?
«Sono nato a Monteverde, ora vivo a Casetta Mattei. Roma per me significa tantissimo. Siamo molto fortunati a vivere qui, spesso non lo apprezziamo abbastanza. È la città più bella del mondo e sono felicissimo di esserci nato».

Immagino ti faccia piacere condividere il compleanno con Roma, visto che sei nato il 21 aprile.
«Sì, certo».

Roma è un po’ più vecchia di te, però.
«Solo di qualche anno».

Un segno del destino.
«Già. Un altro motivo d’orgoglio».

Hai iniziato a giocare a calcio da bambino, all’Olimpia se non sbaglio. Eri di quei bimbi che dormivano col pallone?
«Sì. Mia madre dice sempre che andavo a dormire con un pallone, perché era parte della mia vita. Già a quattro anni giocavo per strada e nei cortili. Poi sono entrato in una scuola calcio e ho iniziato a farmi notare».

Sei arrivato alla Roma a nove anni. Com’è stato per un bambino scoprire questa cosa?
«Era il mio sogno fin da quando ho iniziato. La mia famiglia tifa tutta Roma, sono cresciuto così e sono romanista. Per tutti è un sogno arrivare nelle giovanili della Roma e provare a raggiungere la prima squadra».

Ti ricordi il primo giorno, dieci anni fa?
«Sì, ricordo ancora il giorno del provino. Un’emozione incredibile. Quando hanno chiamato mio padre, non ci credevo: ero piccolo e pensavo fosse uno scherzo, invece era tutto vero».

Quindi ti hanno chiamato per un provino a Trigoria, insieme a tanti altri ragazzi. Eri già centrocampista?
«No. Da piccolo giocavo difensore centrale. Poi, passando dal campo a 7 a quello a 9, ho iniziato a giocare a centrocampo».

Un po’ più avanti, quindi.
«Sì».

Dopo il provino, chi ti ha comunicato che eri stato preso?
«Ancora mio padre. Ha ricevuto la chiamata dalla Roma e mi ha detto: “Mi ha chiamato la Roma per firmare”. Ero il bambino più felice del mondo».

Tutta la tua famiglia tifa Roma, giusto?
«Sì, tutti. Soprattutto mio nonno. È stato lui a tramandare la passione: nonno, padre e figlio».

Hai fratelli o sorelle?
«Sì, una sorella».

Segue il calcio anche lei?
«Tifa Roma, ma non lo segue molto».

Meglio così, altrimenti sarebbe troppo.
«Esatto».

In questi dieci anni nel settore giovanile hai vissuto tante vittorie, tra cui lo Scudetto Under 17 e le convocazioni in Nazionale. C’è un momento o una persona speciale?
«Ci sono tante persone importanti, ma voglio ricordarne una che non c’è più: il mister Marco Scisciola. Mi ha insegnato tantissimo: veniva una o due volte a settimana per lavorare sulla tecnica, sui duelli uno contro uno, sul controllo di palla».

Hai toccato un tema che mi sta a cuore. Hai detto che giocavi per strada, cosa che oggi non si fa più, e hai parlato di tecnica. A Roma la tecnica è centrale. Hai visto cambiare tanto gli allenamenti?
«Sì. Ogni allenatore ha il suo metodo, quindi ogni anno bisogna adattarsi. Ma la base resta la stessa: tecnica e lavoro con la palla. Dai passaggi ai controlli, sono aspetti fondamentali nel calcio moderno».

In Italia ci si concentra troppo sulla tattica?
«Sì, un po’. Quando affrontiamo squadre come Francia o Germania, più fisiche e veloci, noi italiani puntiamo molto sulla tattica e sul possesso, quindi dobbiamo saperci adattare».

Tornando alle vittorie: due titoli, ma anche qualche finale persa. La prima vittoria resta la più speciale?
«Sì. La prima è indimenticabile perché venivamo dall’Under 15 dove avevamo perso la semifinale Scudetto con il Milan. Ci eravamo promessi di vincere l’anno dopo, e ce l’abbiamo fatta».

Credi che le delusioni aiutino a crescere? L’anno scorso hai avuto due “ferite”: non stavi bene nelle finali U20 e la sconfitta nella finale U18. Ti hanno fatto migliorare?
«Sì. Molti di noi U18 sono passati in U20, sapevamo di poter vincere e ora abbiamo ancora più fame».

Come l’Europeo vinto con la Nazionale. Sei campione d’Europa Under 17. Che esperienza è stata?
«Un onore. Un’esperienza indimenticabile. Vincere un Europeo non è mai facile, ci si allena poco insieme, ma abbiamo lavorato tanto e ce l’abbiamo fatta».

Due tuoi compagni, Arena e Maccaroni, sono al Mondiale U17. Li hai consigliati?
«No, non ne hanno bisogno. Quando vieni convocato, sei pronto. È il sogno di tutti».

Com’è Di Nunzio nello spogliatoio?
«Sono tranquillo, ma se c’è un problema aiuto sempre gli altri. Siamo una squadra, anzi una famiglia».

Quali sono le tue qualità e cosa devi migliorare?
«Ho giocato spesso da mediano, quindi sono bravo nel recuperare palla e impostare. Ora che gioco più avanti, devo essere più incisivo in zona gol».

Ti piace questa nuova posizione più offensiva?
«Sì. Nel calcio moderno serve sapersi adattare. Giocare più avanti mi aiuta a crescere e mi permette di cercare gol e assist».

Cos’è più importante in questo ruolo?
«Trovare spazio. Se ci riesci, hai tempo per servire o tirare».

Un regista tecnico come te può anche essere un recupera-palloni?
«Sì. Nel calcio moderno serve fare entrambe le fasi».

Il tuo idolo?
«Totti, ovviamente».

Risposta immediata! Ti dà anche consigli, vero?
«Sì, parlo spesso con lui. È una persona splendida. Non sarò mai come lui, ma è un esempio».

Fuori dal campo cosa ti piace fare?
«Stare con gli amici. È importante staccare dal calcio, rilassarsi e non pensare sempre alle partite».

Un atteggiamento utile per il professionismo.
«Sì, perché c’è tanta pressione. Bisogna dimostrare sempre tanto. Sapere quando staccare aiuta molto».

E i social?
«Li uso con moderazione. Non ho molti follower, mi servono più per distrarmi».

Hai detto che bisogna crescere in fretta nel calcio. Hai mai sentito il peso di questa pressione?
«Non troppo. Quando giochi in un club come la Roma, sai che è un percorso serio, ma non devi pensarci troppo. Bisogna essere responsabili e sapere cosa puoi e non puoi fare».

Ti capita di pensare ai tuoi coetanei che vivono una vita diversa?
«Sì, ma poi capisci che sei fortunato. Fai sacrifici per un obiettivo e lo fai con piacere».

A che punto sei in questo percorso di crescita?
«Mi sto avvicinando al professionismo. Spero arrivi presto».

Pensi che questo possa essere l’anno giusto?
«Vedremo. È un anno importante e vogliamo crescere come squadra, perché così cresciamo tutti».

Il 15 settembre 2025 hai rinnovato il contratto con la Roma. Che sensazione è stata?
«È sempre una grande emozione. Ogni volta che firmo con la Roma sento l’appartenenza al club e la voglia di continuare a migliorare».

Ora che sei vicino al calcio dei grandi, hai mai pensato che altrove potresti esprimerti meglio, senza la pressione di giocare per la squadra che ami?
«No. Anzi, è uno stimolo in più. Sono romano e romanista. Sarebbe un sogno giocare all’Olimpico davanti a 60.000 persone. Vedremo cosa dirà il tempo».

Come farai questo ultimo passo?
«Lavorare, lavorare, lavorare. Il tempo serve, ma solo se lavori duro».

La tua ambizione, non il sogno?
«Far sì che la mia famiglia non debba più lavorare. Hanno fatto tanti sacrifici e voglio ripagarli così, anche se non basterebbe mai».

E nel calcio? Uno Scudetto con la Roma? Un Mondiale?
«Uno Scudetto con la Roma sarebbe incredibile».

Come tifoso e come giocatore! Per ora il tuo sogno è l’esordio. Lo immagini?
«Sì, lo immagino, ma so che c’è ancora tanta strada».

Cosa provi quando indossi la maglia della Roma?
«È difficile da spiegare. Da tifoso e giocatore, è tutto quello che puoi desiderare».

In bocca al lupo.
«Grazie».