Esclusive 09/06/2011 11:27

Ora basta


in un’intervista a Il Romanista il portavoce di Mr DiBenedetto, Tullio Camiglieri). Tirare in ballo e
è un’infamia grande come un macigno che ricadrà sui piedi di coloro che l’hanno sollevato. Chiunque conosca la storia umana e professionale di Francesco e Daniele, chiunque li abbia visti dare l’anima sul campo, prendersi le loro responsabilità sempre e comunque, rappresentare per tanti ragazzi l’esempio


di un calcio vero fatto di cuore e di passione, non crede a una parola di quanto detto su di loro.

Il nome di è stato smentito dagli stessi inquirenti dopo che incautamente alcuni giornali, tra cui la Gazzetta dello Sport, il primo quotidiano sportivo italiano, l’avevano sparato in prima pagina. Quello di  viene "desunto" dal fatto che un millantatore attribuiva a un’altra persona, Daniele Corvia (la cui smentita potete leggere nelle nostre pagine), un’assicurazione su come sarebbe finita
-Roma che gli sarebbe stata data dal "capitano della giallorosa". Non c’è nulla, è solo fuffa, millanteria, cui si è dato irresponsabilmente troppo spazio.


Nel difendere ,
e la Roma, difendiamo anche la necessità oggi più che mai di fare pulizia a fondo nel mondo del calcio italiano, perchè questa battaglia è nel dna di noi romanisti e di questo giornale, dai tempi di Calciopoli quando Franco Sensi e Franco Baldini furono i nemici principali della Cupola. 

E’ in nome di questa storia che chiediamo chiarezza. Subito. E la chiediamo perché sosteniamo l’azione della magistratura contro ogni corrutela nel calcio e fuori dal calcio. Da vecchio cronista che ha seguito le

indagini di Tangentopoli e quelle di mafia, so infatti che quando le inchieste si allargano a dismisura, quando si propagano notizie false accanto a quelle vere, quando si fanno trapelare nomi altisonanti per conquistare le prime pagine dei giornali e i riflettori delle tv un solo risultato è certo: tutti colpevoli, nessun colpevole.

L’inchiesta di Cremona ha una parte, quella contenuta nell’ordinanza del Gip, Guido Salvini, che contiene elementi fattuali (che andranno attentamente valutati in sede processuale) circa un’associazione a delinquere che riusciva a pilotare alcune partite delle serie inferiori potendo così gestire un giro di scommesse. Dirà il processo se le prove sono sufficienti, come dev’essere in uno stato di diritto. Poi ci sono migliaia di pagine di intercettazioni non riscontrate, di brogliacci tirati giù dagli investigatori, nelle quali c’è una quantità impressionante di millanterie, di nomi fatti solo per invogliare qualcuno a scommettere forti somme su partite anche di serie A di cui si asserisce di conoscere il risultato, perché "ho parlato con…" e giù un nome altisonante. E poi c’è questo dentista di provincia, ammalato di un protagonismo che rasenta la mitomania che parla di tutto e di tutti. Il suo interrogatorio è secretato e quindi non sappiamo cosa abbia detto. Colpisce però che, al termine del suo interrogatorio, il Pm di Cremona Roberto Di Martino se ne sia uscito con una dichiarazione davvero insolita, parlando di «accordi tra le società di serie A per determinare certi

risultati», aggiungendo però di avere solo una «sensazione, non una prova». Come, una sensazione? Che diamine vuol dire una frase così in bocca a chi ha il potere e il dovere di avviare l’azione penale in presenza di reati? I giornalisti, i tifosi, i telespettatori possono provare sensazioni quando vedono certe partite, ma un magistrato no! Immaginate se, ai tempi di mani pulite, invece di basarsi su prove e riscontri alle dichiarazioni degli indagati che confessavano, Francesco Saverio Borrelli, allora capo del pool di Milano, se ne fosse uscito dichiarando: «Ho la sensazione che tutti i partiti rubano».

L’inchiesta sarebbe finita in un nulla. Nella nostra costituzione la magistratura ha il dovere di perseguire i reati non di comunicare «sensazioni». Ripeto, queste cose le dico non tanto per difendere la Roma e suoi simboli, ma perché credo nella necessità di spazzare via tutto il marcio che c’è, ed è tanto, nel calcio italiano. Sappiamo che il bubbone del calcio scommesse esiste e va estirpato, magari con misure radicali sulle modalità delle scommesse; sappiamo di infiltrazioni pesantissime della criminalità organizzata, a partire dalle serie minori, attraverso il possesso di squadre che danno prestigio e possibilità di riciclaggio ai clan mafiosi; sappiamo di intimidazioni; sappiamo che in certi territori la criminalità comanda anche negli stadi. Cosa ha fatto finora il ministro dell’Interno, Roberto Maroni? Ha inventato la tessera del tifoso che ha avuto come unico risultato di allontanare dagli stadi migliaia di tifosi per bene senza restaurare neppure un briciolo di legalità. Ora parla di osservatori, di task force, di coordinamento. Ma non ci poteva pensare prima? No, perché era troppo distratto a inventarsi un falso nemico, il tifoso cattivo, per sbandierare una falsa vittoria. Infine, esiste certamente il cancro di comportamenti che violano i codici di lealtà sportiva, di partite "aggiustate", di cui, per esempio la Roma è stata vittima nel corso dello scorso campionato: ricordate Lazio-Inter, con i giocatori biancazzurri che ammisero di aver perso la partita perché intimiditi dal loro pubblico che voleva la vittoria dei nerazzurri per frenare la corsa scudetto della Roma? Cosa ha fatto la giustizia sportiva? Nulla, ha fatto come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. La giustizia sportiva dovrebbe colpire prima di quella penale, perché può intervenire anche quando non ci sono reati veri e propri ma comportamenti incompatibili con l’etica sportiva.

Se non lo fa, non ha alcun senso. Non ci si può rassegnare all’alternativa tra l’inazione e le inchieste spettacolo che finiscono in una bolla di sapone. Tutto il mondo del calcio, le sue istituzioni sono oggi chiamate a una prova: riformarsi prima di perire, travolti dal crollo di un sistema che non sta più in piedi. Ci sono troppe squadre e pochi soldi; gli stadi sono totalmente inadeguati; le gestioni finanziarie spesso troppo allegre. Occorre disboscare, bonificare, moralizzare. La Nuova Roma che sta per insediarsi ha già fatto capire che intende muoversi in questa direzione. L’uomo che ne sarà il perno, Franco Baldini, è da questo punto di vista una garanzia. Forse per questo qualcuno pensa di utilizzare un’inchiesta confusa e velleitaria per gettare fango sui simboli di una Roma che fa paura ai tutori dello status quo. Ma gli schizzi di fango non riusciranno insozzare i nostri simboli né fermare il nuovo cammino che è già cominciato